“Mille volte più forte di Amatrice, ma scollegato dall’Italia”. Titola così uno dei principali giornali nazionali, questa mattina, a proposito del devastante terremoto che ha colpito ieri la Turchia. E non è il solo. Agenzie di stampa, testate autorevoli, televisioni, tutti parlano della scossa turca, in termini di energia, come se fosse mille volte superiore a quella che ha colpito il centro Italia nel 2016. La magnitudo di quest’ultimo fu di 6.5¹.
Ma è davvero corretto affermare che il sisma turco sia energicamente superiore mille volte a quello del Centro Italia?
Secondo il prof. Giuliano Panza, sismologo, non è così. E per comprenderlo, ci spiega, basta fare un semplice calcolo matematico. Dire che il terremoto in Turchia sia mille volte quello del Centro Italia non solo è sbagliato, ma è quanto mai lontano dalla realtà. “In termini di energia la scossa Turca, di magnitudo 7.8¹, è solo circa, rispettivamente, 90 e 50 volte quella dell’Italia Centrale (6.5¹) e quella dell’Irpinia del 1980 (6.7¹), e non mille volte come spesso ripetuto dai media”, spiega l’esperto. “Infatti, in termini di energia rilasciata, una differenza di magnitudo pari a 1,0 è equivalente a un fattore prossimo a 32, mentre una differenza di magnitudo pari a 2,0 è equivalente a un fattore prossimo a 1000(32²)”, precisa Panza.
La scala Richter
La misura dell’energia di un terremoto, lo ricordiamo, è basata empiricamente sulla scala Richter, che permette di quantificare l’energia sprigionata dal fenomeno sismico su base strumentale. La magnitudo Richter permette di fare delle stime non dipendenti dalle tipologie e dalle tecniche con cui sono costruiti gli edifici in uso nella regione colpita dal sisma. La scala Mercalli, invece, valuta l’intensità del sisma basandosi sui danni generati dal terremoto e su valutazioni soggettive. Le due stime si basano su dati diversi, ma se utilizzate in modo corretto, tenendo in considerazione gli errori da cui sono naturalmente affette, forniscono informazioni praticamente equivalenti.
Le scosse di assestamento del terremoto in Turchia
Ma in tema di cattiva informazione sul terremoto in Turchia, c’è dell’altro. Si continua infatti ad utilizzare la locuzione “scosse di assestamento”, come fa notare il prof. Panza – che aveva spiegato a MeteoWeb perché quelle successive alla scossa principale siano repliche e non assestamenti. Quanto accaduto in Turchia è la più recente dimostrazione di ciò. Basta considerare le due scosse più forti della sequenza sismica: a quella del 06/02/2023, alle 02:17, di magnitudo 7.8, con ipocentro a circa 20 km di profondità, ne è seguita un’altra, alle 11:24, con magnitudo 7.5 ed ipocentro a circa 28 km dal suolo. Incidentalmente, considerando gli errori, ai due terremoti può essere assegnata praticamente la stessa magnitudo (7.8-0.2= 7.6 e 7.5+0.2=7.7).
In inglese l’espressione usata è aftershock, che secondo il prof. Panza può essere tradotta con il termine ‘replica‘. “Le repliche ridistribuiscono gli sforzi attorno all’area epicentrale e perturbano la crosta terrestre anche a distanza e quindi contribuiscono, o possono contribuire a seconda dei casi, all’accumulo di energia per il prossimo forte terremoto – ci ha spiegato Giuliano Panza – che può avvenire anche dopo molti anni/secoli anche a distanza di centinaia di km. Quindi, di regola, le repliche non assestano ma ridistribuiscono gli sforzi e possono contribuire al prossimo terremoto, che si può verificare a distanza sia nello spazio che nel tempo“.
Definire scosse di assestamento le repliche ad un terremoto è non solo errato, ma pericolosamente fuorviante per l’opinione pubblica. La prima espressione, infatti, tende a tranquillizzare e a far abbassare la guardia ai non addetti ai lavori. In verità, le repliche, non andrebbero mai sottovalutate, ma viste come un campanello d’allarme. Ci comunicano, infatti, che non è ancora finita e che il terremoto tornerà.
Note
1. E’ bene precisare qui che la magnitudo come qualsiasi misura fisica è affetta da errore che a livello globale può variare nell’intervallo 0,2-0,3, ovvero ¼. Tale incertezza è sempre sottintesa ma veicola la erronea convinzione che la magnitudo sia una quantità molto precisa.