Come si formano gli oggetti più massicci della nostra galassia? Detto altrimenti, come nascono le protostelle più grandi? La dinamica esatta di questi processi è argomento molto dibattuto, e gli astronomi che se ne occupano sono incerti fra due possibili scenari: uno è detto core-fed, l’altro clump-fed. «Il core-fed è in un certo senso analogo al caso di una persona che, diventando adulta, si isola progressivamente dalla famiglia d’origine e se ne va per la sua strada. Il clump-fed ricorda invece i processi di fusione aziendale, con una società che inizia a prevalere sulle altre e a inglobare le concorrenti più piccole fino a dominare il mercato. Il primo lo potremmo definire un processo all’insegna dell’individualismo, il secondo del cannibalismo», dice a Media Inaf Alessio Traficante, ricercatore all’Istituto nazionale di astrofisica e primo autore di uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati la settimana scorsa su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, dedicato proprio a ricostruire e misurare con precisione i primissimi passi del processo che porta alla formazione delle stelle più massicce – quelle superiori alle otto masse solari.
Per capire quale dei due scenari meglio descriva la realtà, Traficante e i suoi colleghi del progetto Squalo – acronimo per l’inglese Star formation in Quiescent and Luminous Objects – hanno individuato un campione di soggetti interessanti e li hanno messi sotto al “microscopio”, come dei biologi. Le loro “capsule di Petri” sono 13 sfere di spazio da tre anni luce di diametro ciascuna (vedi il pannello superiore dell’immagine qui sotto): campi nei quali è in corso un’attività di condensazione del gas – che è poi idrogeno freddo. Il loro speciale “microscopio” è stato l’array di radiotelescopi Alma: 66 antenne nel deserto di Atacama, in Cile, in grado di lavorare all’unisono come fossero un solo radiotelescopio – una tecnica detta interferometrica – e di mostrare in dettaglio gli addensamenti di gas in regioni lontanissime – dai seimila ai 15mila anni luce – quali, appunto, i 13 campi selezionati per lo studio.
E così come un biologo osserva le cellule replicarsi per seguire l’evoluzione d’un organismo, gli astronomi del progetto Squalo hanno tracciato il gas nel suo frammentarsi e aggregarsi per comprendere le fasi iniziali della nascita d’una stella. Ciò che hanno scoperto è riassunto nel pannello inferiore del grafico qui a fianco, in cui l’abbassarsi dei pallini verdi – corrispondenti ai 13 campioni – spostandosi verso destra mostra il progressivo diminuire della distanza minima (in ordinata) fra gli oggetti all’interno di ciascun campo man mano che la fase evolutiva (in ascissa) del campo stesso si fa più avanzata.
«Questo significa che già all’inizio, in queste sfere di tre anni luce, ci sono tanti “semini” – seeds, in inglese – sparsi, molto sparsi», spiega Traficante. «Ne vediamo sempre tanti, e non parlo solo del nostro team, è una cosa che gli astronomi che si occupano di questi processi sanno ormai da qualche anno: si formano tanti oggetti fin da subito. Quello che non si sapeva ancora, invece, è che all’inizio i “semini” non solo sono relativamente piccoli ma anche sparsi: tra loro infatti c’è una distanza piuttosto ampia. Poi, con il passare del tempo, si avvicinano. Cominciano in qualche modo – per effetto non solo della gravità ma anche della turbolenza e di altre forze in gioco – a condensarsi l’uno con l’altro, tant’è che in alcuni casi vediamo addirittura che i frammenti diminuiscono di numero. Fatto sta che si avvicinano. Questo vuol dire che fra loro “si parlano”: è la firma del meccanismo di accrescimento clump-fed».
Dunque il processo di formazione delle stelle più massicce non è affatto “solipsistico”, tutt’altro: pare sia molto dinamico, con una frammentazione iniziale dell’idrogeno freddo in tanti piccoli semini sparsi nella sfera da tre anni luce – la cosiddetta “scala del parsec” – che con il tempo si riorganizzano, si aggregano ulteriormente o addirittura si fondono insieme per formare gli oggetti più massicci. Quelli destinati un giorno a confluire in un disco protostellare per poi accendersi e diventare stelle di grande massa.