L’embargo UE sulle importazioni dei prodotti raffinati russi stravolge gli assetti economici mondiali

Emissioni di anidride carbonica e nuovo scenario politico: cosa cambia in seguito all'embargo UE sulle importazioni dei prodotti raffinati russi
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Il conflitto Russia-Ucraina conferma la dipendenza dell’Unione Europea (UE) sulle importazioni di combustibili fossili dalla Russia. In un recente studio pubblicato recentemente, intitolato “Carbon emissions and economic impacts of an EU embargo on Russian fossil fuels“, viene posto l’accento sul delicato equilibrio generale  relativo all’emissioni di CO2 per il prodotto interno lordo degli Stati europei, durante l’embargo dei combustibili fossili provenienti dalla Russia.

E’ da considerare che l’embargo provoca più del 10% della riduzione delle emissioni di CO2 nell’UE, mentre un lieve aumento delle emissioni è stato registrato in Russia, in concomitanza alle perdite di PIL (circa il 2% per l’UE e circa 5% per la Russia, se si ignora l’impatto relativo delle sanzioni successive). In reazione all’aumento dei prezzi dell’energia, in risposta alla domanda all’interno dell’Unione Europea, la riduzione delle emissioni di CO2 starebbe trasformando le perdite di PIL in potenziali guadagni.

Il conflitto Russia-Ucraina ha intensificato gli attriti geopolitici, creando turbolenze sui mercati energetici globali e mostrando in modo inequivocabile la dipendenza dell’Europa dalla fornitura dei combustibili fossili da parte della Russia. La Russia è uno dei primi tre al mondo produttori di petrolio, in lizza per il primo posto con l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, ed è il secondo più grande produttore di gas naturale, dopo gli Stati Uniti.

La Russia ha anche una vasta capacità di esportazione da parte degli oleodotti di petrolio e possiede un’ampia rete di gasdotti per l’esportazione di gas, in particolare verso l’Europa. E’, inoltre, il più grande esportatore di gas naturale del mondo, il secondo più grande esportatore di petrolio greggio, dopo l’Arabia Saudita e il terzo più grande esportatore di carbone dopo l’Indonesia e l’Australia secondo stime del 2021.

L’Europa è una destinazione chiave per le esportazioni di energia dalla Russia: quasi il 50% delle esportazioni di petrolio, il 70% delle esportazioni di gas naturale e un terzo delle esportazioni di carbone dalla Russia sono inviati all’Europa.

La Germania, i Paesi Bassi e la Turchia sono in Europa i principali importatori. Data l’importante posizione strategica della Russia nei mercati energetici globali, preoccupano fortemente le future interruzioni nella fornitura di energia russa. Poiché le emissioni di CO2 provengono principalmente dalla combustione di combustibili fossili, un’interruzione della fornitura di energia russa non solo minaccia la sicurezza energetica e la stabilità economica mondiale, ma ha anche implicazioni importanti per la conseguente combustione dei combustibili fossili e delle emissioni di gas a effetto serra. In questa situazione, la perturbazione geopolitica su larga scala si allinea con la necessità urgente di ridurre rapidamente le emissioni di gas a effetto serra in linea con gli obiettivi della Accordo di Parigi.

Considerando le possibili interruzioni delle relazioni commerciali tra Russia e Unione europea (UE), gli studi esistenti hanno tentato
di analizzare quali effetti globali potranno esserci in seguito alle interruzioni di energia. La maggior parte di questi studi si concentra sugli impatti parziali o unilaterali sugli importatori di energia o sulla Russia. In particolare, un’indagine su un potenziale taglio al bilancio dell’ economia tedesca in seguito alle interruzioni delle importazioni di energia da parte della Russia rileva che il prodotto interno lordo (PIL) tedesco diminuirebbe dello 0,5% e del 3% nel breve periodo. Un altro studio indaga sugli effetti di un divieto di importazione di petrolio e gas russo da parte della l’UE e i paesi del G7 e conclude che lo scenario delle sanzioni commerciali più severo porterebbe a una riduzione permanente del PIL dell’1,06% e della perdita di 522.000 posti di lavoro per la Russia.

L’Organizzazione per la Cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE) pone importanti restrizioni alle esportazioni di energia della Russia, in seguito al fatto che la Russia subirà le maggiori perdite economiche, con l’UE che è la seconda area territoriale più colpita, ma in misura molto minore. Come un’altra misura chiave in risposta a questo scenario economico, è stato realizzato uno studio sulla potenziale sostituzione dei combustibili fossili russi con misure ambientali che permettano un risparmio energetico ingente. Tuttavia, nessun studio studia in modo quantitativo le possibili misure dalla Russia di risposta a questo nuovo equilibrio del sistema energetico globale.

Due possibili scenari in seguito all’interruzione dell’importazione di energia da parte della Russia possono essere ipotizzati: o uno scenario moderato, o uno con conseguenze più gravi. Considerando la difficoltà di tutti i paesi dell’UE di imporre sanzioni alla Russia e la possibilità che l’economia europea abbia sostanziali ripercussioni in seguito a queste sanzioni, si può presumere che i principali paesi importatori dell’UE abbiano maggiori probabilità di attuare l’embargo e stabilire un rapporto neutrale con il governo russo.

Nel dettaglio, i principali importatori di petrolio sono Paesi Bassi, Germania e Polonia (per un totale della fornitura energetica pari al 61%); i principali importatori di gas naturale sono Germania, Turchia, Francia e Polonia (per un totale del 70%); e i principali importatori di carbone includono Germania, Paesi Bassi e Turchia (totale 64%). Una maggiore perturbazione ci sarà in futuro con il 90% degli scambi di combustibili fossili tra la Russia e l’UE. In entrambi gli scenari, non sarà semplice riequilibrare il mercato mondiale per il commercio del gas naturale in questo nuovo stato di cose, in seguito alla limitazione del gas naturale e di gas naturale liquefatto (GNL).

In base agli scenari di interruzione di cui sopra, la produzione e il consumo nell’UE, in particolare nei settori ad alta intensità energetica, saranno avranno un notevole ribasso il PIL degli stati dell’Unione Europea diminuirà dell’1,5-2,5% nel 2022 (Fig. 1).

L’obiettivo generale è creare le condizioni per una futura sostituzione delle fonti di importazione da parte dell’UE con un aumento delle importazioni da altre regioni, ad eccezione della Russia. Ad esempio, la quota di importazione dell’UE di gas naturale e di petrolio dal Medio Oriente e dall’Africa nel 2022 aumenterà di circa 12-22 punti percentuali e 14-24 percentuale punti, rispettivamente nella prima e nella seconda parte del 2023.

figura 1 emissioni CO2

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