Consegnati ieri ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN i frammenti del meteorite caduto la sera del 14 febbraio a Matera, in Basilicata, e conosciuto come “il meteorite di San Valentino”. Le tecniche sviluppate nell’ambito della fisica astroparticellare ai Laboratori del Gran Sasso contribuiranno infatti all’analisi del meteorite e alla determinazione di alcune importanti informazioni prima della sua frammentazione.
I frammenti del meteorite sono stati recuperati pochi giorni dopo il suo impatto e questo ha permesso di preservarlo dagli effetti di agenti atmosferici, come pioggia, esposizione solare o vento. Per ora ne sono stati trovati oltre 70 grammi in 12 frammenti principali e decine di pezzi più piccoli, ma la ricerca per trovarne ulteriori continua. Una parte di questi sarà analizzata nelle prossime settimane nel laboratorio STELLA (Subterranean Low-Level Assay) dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN, utilizzando la tecnica di spettrometria gamma con purissimi rivelatori al germanio, una tecnica di misura non distruttiva, che lascia il campione così com’è stato rinvenuto.
“Avere la possibilità di analizzare questi frammenti ci permetterà di stimare le dimensioni originali prima della sua frammentazione, dovuta all’entrata in atmosfera, e il tempo di esposizione totale al flusso di raggi cosmici nel suo cammino verso la Terra. È sempre una grande emozione avere in mano del materiale extraterrestre” dichiara Matthias Laubenstein, responsabile del Laboratorio Tecniche Speciali per la rivelazione di eventi rari dei LNGS
Le tecnologie sviluppate per cercare di osservare eventi rarissimi sono molto efficaci anche per lo studio dei meteoriti, come dimostrato in numerose pubblicazioni sul tema da parte dei ricercatori dei LNGS. I laboratori sono specializzati soprattutto nell’analisi di frammenti più piccoli di meteoriti, grazie alla particolarità dei rivelatori e dell’ambiente quasi privo di radiazioni, che permettono di ottenere degli ottimi risultati anche dove altri laboratori in superficie non riescono a vedere nulla.
“Le meteoriti costituiscono l’opportunità di studiare materiale molto antico con cui si è costituito il sistema solare, circa 4,5 miliardi di anni fa, cosa che non è possibile determinare con gli oggetti terrestri perché sono andati incontro a tutto il processo di evoluzione planetaria” commenta Dario Barghini, ricercatore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e associato INAF, incaricato di consegnare i frammenti di meteorite ai Laboratori del Gran Sasso.
Il meteorite di San Valentino è stato ritrovato proprio nell’area di possibile caduta individuata dalla rete Prisma, la prima rete italiana per lo studio delle meteore e dell’atmosfera dell’INAF, un progetto nato nel 2016 e dedicato al monitoraggio di meteore particolarmente brillanti, chiamate bolidi. Da quanto esiste Prisma, è stata registrata una media di una caduta all’anno di meteoriti sull’Italia ed è stato raccolto materiale solo nel 30% dei casi, perché spesso i frammenti cadono o in mare o in zone impervie, difficili da perlustrare.