Il terremoto magnitudo 6.3 che ieri ha scosso la Turchia fa parte della sequenza sismica generata dal sisma del 6 febbraio, che ha devastato anche la Siria: lo ha dichiarato all’ANSA Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). “La nuova scossa è avvenuta più a Sud delle altre, ma è comunque parte della stessa sequenza. Indica un ‘campo di stress’ che si sta riposizionando, come un volume che si sta allargando sia a Nord che a Sud,” ha spiegato l’esperto.
L’evento sismico di ieri è dovuto al riposizionamento della porzione di crosta terrestre sottoposta alle spinte tettoniche: “Si tratta di un aftershock che durerà ancora mesi o anni, ma la cui frequenza e intensità andrà gradualmente a diminuire“. “E’ un aftershock, ossia una scossa seguente alla scossa principale, un po’ come quanto è successo nella sequenza del Centro Italia iniziata ad Amatrice il 24 agosto 2016 e durante la quale, nel corso di mesi, si sono succedute molte scosse, tra cui quella di ottobre di magnitudo addirittura superiore“.
Non è possibile prevedere come evolverà la sequenza, ma “di certo possiamo dire che durerà a lungo,” ha sottolineato Doglioni. “Tanto per fare un esempio, solo oggi stiamo vedendo la fine della sequenza del 2016, che ha avuto oltre 140mila terremoti aftershock. Ora in Turchia siamo a 7-8mila aftershock, ce ne saranno ancora diverse decine di migliaia“.