Niente piogge e nevicate in Veneto in tutta la prima metà di febbraio: secondo quanto riporta Arpav, fino a giorno 15 sono caduti mediamente sul territorio regionale 0,5 millimetri di precipitazione, quando il valore medio (1994-2022) è di 60 millimetri, e quello medio della prima metà di febbraio è di 48 millimetri.
Gli apporti meteorici osservati sono stati finora determinati da fenomeni di condensazione o di rugiada, hanno spiegato gli esperti dell’agenzia ambientale. Il 73% delle stazioni operative sul Veneto ha registrato precipitazioni inferiori a 1 millimetro; più di metà delle stazioni ha registrato apporti nulli. Solo su un limitato settore delle Dolomiti settentrionali sono state osservate deboli precipitazioni a carattere nevoso – tra il 3 e il 6 febbraio – con apporti massimi, sul Falzarego e sul Pordoi, di 9 millimetri.
Sulle Dolomiti venete deficit di neve del 30%
Le Dolomiti venete presentano un quadro meno grave rispetto a tutto l’arco alpino per le nevicate in questo inverno: il deficit stimato è di un -30% di neve fresca tra ottobre e febbraio rispetto alla media del trentennio 1991-2020, in termini assoluti circa un metro di neve in meno. Lo si apprende dai dati elaborati dall’ufficio di Arabba dell’Arpav, l’agenzia ambientale del Veneto. La prima decade di questo febbraio è stata peraltro caratterizzata da deboli precipitazioni nelle Dolomiti nordorientali, rispetto invece alle abbondanti precipitazioni avvenute lunga la cresta di confine dell’Alto Adige (50-70 centimetri a 1.600 metri di quota). Il colpo finale lo stanno dando le temperature: la prima decade di febbraio è stata la seconda più alta dal 1990, preceduta solo dal 1998. Per le Prealpi (Altopiano di Asiago, Lessini) il deficit della neve è del 15% rispetto alla media, equivalente ad un accumulo inferiore di circa 30 centimetri.
Il periodo più freddo di febbraio in alta quota è stato quello fra il 5 e il 9 del mese (uno dei 3 periodi più freddi dell’inverno finora). Al contrario, riferisce sempre il bollettino sul sito dell’Arpav, le temperature calde del 13-15 febbraio hanno causato una accelerata fusione del manto nevoso alle quote medie, specie lungo i pendii al sole. Dal punto di vista statistico, la temperatura della prima metà di febbraio è stata nella norma, più fresca di quasi 2°C rispetto alla media. Il giorno più caldo è stato il 14 febbraio, il più freddo l’8, con una differenza di ben 16°C fra le due giornate. La copertura nevosa della montagna veneta (SCA-Snow Cover Area) è passata dai 3050 Km2 del 31 gennaio al 2120 km2 del 15 febbraio. L’indice SSPI (Standardized Snow Pack Index) della risorsa idrica nivale è nella norma (-0,40) su base 1991-2020.
Geologi del Veneto: “fontane chiuse nei paesini sulle Alpi”
“Ci sono paesini sulle nostre Alpi in cui sono state chiuse le fontane perché la disponibilità idrica non consente più il deflusso libero sulle fontane“. Lo dice a LaPresse Giorgio Giacchetti il Presidente dell’Ordine Ordine Geologi del Veneto. “La quantità di neve è molto minore di quello che ci aspettavamo – dice ancora Giacchetti – c’è una ricarica minore delle falde in montagna e via via a scendere verso la pianura e l’acqua che arriva è sempre minore. Il grande pericolo – precisa – è rappresentato dalla risalita del cuneo salino, anche se guardiamo bene nella media la quantità di acqua che cade annualmente è rimasta la stessa: è cambiato il modo in cui avvengono le precipitazioni che dobbiamo imparare a gestire”.