L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico è legata a un aumento del rischio di avere un attacco di cuore o di morire per malattie cardiache. E le polveri sottili cominciano ad essere pericolose già sotto i valori oggi identificati come soglia d’allarme in Paesi come gli USA, per esempio. E’ il quadro tracciato da un nuovo studio pubblicato su ‘Jama Network Open’ da ricercatori del consorzio Kaiser Permanente. Si tratta di uno dei lavori più grandi condotti fino ad oggi per esaminare gli effetti dell’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico da particelle fini, che viene emesso da fonti come veicoli, ciminiere, incendi.
L’inquinamento atmosferico da polveri sottili PM2.5 è costituito da particelle fini con un diametro di 2,5 micrometri o inferiore. La ricerca, spiegano gli autori, mette in luce la necessità di rendere più rigorosi gli standard che definiscono l’inquinamento atmosferico del Paese e le soglie critiche. “Abbiamo scoperto – spiega l’autrice principale Stacey E. Alexeeff, ricercatrice e biostatistica della Kaiser Permanente Division of Research – che le persone esposte all’inquinamento atmosferico da particolato fine hanno un rischio maggiore di subire un infarto o morire di malattia coronarica, anche quando i livelli di esposizione sono pari o inferiori ai nostri attuali standard di qualità dell’aria negli Stati Uniti. Il nostro lavoro ha il potenziale per svolgere un ruolo importante nel dibattito sull’opportunità di rafforzare gli standard di qualità dell’aria per proteggere le persone dagli effetti dell’inquinamento“.
Lo studio ha incluso 3,7 milioni di adulti membri del Kaiser Permanente nel nord della California dal 2007 al 2016 e residenti per almeno un anno in California. Dallo studio è emerso che già l’esposizione a una concentrazione compresa tra 12 e 13,9 microgrammi per metro cubo era associata a un aumento del rischio del 10% di subire un infarto e a un aumento del 16% del rischio di morte per malattie cardiache o cardiovascolari rispetto a concentrazioni inferiori a 8 microgrammi per metro cubo.
La ricerca ha anche esaminato le diagnosi di infarto e decessi per malattie cardiache e cardiovascolari in persone la cui esposizione era inferiore all’attuale standard di 12 microgrammi per metro cubo. E ha mostrato un aumento del 6% del rischio di infarto e un aumento del 7% del rischio di morte per malattie cardiache negli adulti esposti all’inquinamento atmosferico a concentrazioni moderate da 10,0 a 11,9 microgrammi per metro cubo, quindi già sotto i valori soglia, rispetto a basse concentrazioni inferiori a 8,0 microgrammi per metro cubo. Questo, concludono gli autori, suggerisce che le persone avrebbero benefici per la salute se il nuovo standard fosse abbassato a 10 microgrammi per metro cubo o meno.