Dopo il forte terremoto che ha colpito Turchia e Siria provocando oltre 45 mila morti (bilancio purtroppo ancora parziale), ci siamo chiesti se da questo grande sisma ci possono essere possibili ripercussioni sismiche anche in Italia. Una questione molto complessa, sulla cui analisi però il prof. Enzo Mantovani, docente di Fisica Terrestre presso il Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena, non si è voluto sottrarre.
In quest’articolo, il noto e stimato ricercatore fornisce approfondite informazioni a riguardo. “La notevole sismicità che colpisce periodicamente la Turchia – spiega Mantovani – è dovuta al fatto che la penisola dell’Arabia, essendo sollecitata dall’apertura del Mar Rosso, esercita una fortissima spinta (circa verso nord) su una vecchia catena (Sistema Tetideo) che si sviluppa dalla zona Iraniana-Anatolica alla zona egea e poi fino alle zone balcaniche. Questo schiacciamento ha causato (da circa 20 milioni di anni) e sta tuttora causando l’espulsione laterale (verso ovest) di un vasto settore della suddetta catena (denominato cuneo anatolico), più o meno corrispondente all’attuale Turchia” (Fig. 1):
“Questo processo di estrusione – prosegue ancora il prof. Mantovani – è principalmente favorito da due importanti fratture (Faglia Nord Anatolica e Faglia Est Anatolica) che consentono, tramite scorrimenti laterali, al blocco anatolico di svincolarsi dalle strutture circostanti. Ogni forte terremoto lungo queste faglie rivela uno spostamento (di alcuni metri dopo ogni scossa di magnitudo superiore a 7) della struttura anatolica coinvolta, che innesca una variazione del campo di sforzi nelle zone circostanti. Questa perturbazione si propaga con velocità controllate dalle proprietà viscoelastiche della crosta terrestre (decine di km per anno), interessando progressivamente settori sempre più occidentali del cuneo. Inizialmente saranno coinvolte le zone anatoliche centro-occidentali, poi l’area greco-egea e infine le catene che circondano la placca adriatica (Ellenidi, Dinaridi, Appennini, Arco Calabro e Sicilia). Questo implica che i maggiori effetti delle due scosse recenti nella faglia Est Anatolica interesseranno le regioni italiane tra molte decine di anni“.
“Le deformazioni di provenienza anatolica che stanno attualmente interessando il nostro paese sono quelle innescate da una serie di terremoti molto intensi che ha attivato l’intera faglia Nord Anatolica a partire dal 1939 (Fig. 2). Questo eccezionale svincolo ha progressivamente causato uno spostamento verso ovest di alcuni metri dell’intero cuneo anatolico“:
La simulazione numerica di questo processo, descritta da Mantovani et alii (2001) e Cenni et alii (2002), “può fornire informazioni molto interessanti – evidenzia ancora l’esperto – sulle modalità con cui la migrazione si è sviluppata e sulle sue possibili connessioni con l’attività sismica e con il quadro cinematico attuale, dedotto da misure geodetiche (GPS). Nella figura 3 è mostrato come il campo di velocità previsto (vettori blu) si è sviluppato in quattro periodi successivi alla scossa forte iniziale (1939) nella Turchia orientale. I vari quadri mostrano che le velocità più elevate migrano progressivamente verso Ovest“:
“Nella figura 4 è interessante notare che l’attività sismica più intensa nella zona egea si è sviluppata in corrispondenza del periodo (circa 1950-1970) in cui gli sforzi previsti dalla modellazione sono massimi (Fig. 3). Un altro risultato piuttosto interessante della simulazione è che il campo di velocità previsto per il tempo attuale è molto simile a quello indicato dalle misure geodetiche. Questo implica che nella zona mediterranea centrale le velocità geodetiche rappresentano una situazione transiente e quindi non relativa al campo di velocità a lungo termine (relativo a processi geologici)“.
Il prof. Mantovani, quindi, evidenzia come “in base alle conoscenze attuali e ai risultati della modellazione, è ragionevole pensare che lo spostamento del cuneo anatolico-egeo abbia causato un aumento degli sforzi compressivi nelle zone italiane meridionali. In Calabria, questa costipazione può avere causato un calo dell’attività sismica, in quanto il conseguente maggiore attrito lungo le superfici di faglia ha determinato un allungamento dei tempi necessari per portare le faglie al cedimento. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che dal 1947 la Calabria non ha subito scosse di Magnitudo superiore a 5, delineando una fase di silenzio sismico di lunghezza piuttosto insolita (75 anni), considerato che in quella zona negli ultimi 4 secoli il tempo medio tra una scossa di Magnitudo superiore a 5 e l’altra è di 16 anni e non era mai stato più lungo di 41 anni“.
“Inoltre – prosegue ancora Mantovani – può essere opportuno considerare che la situazione sopra citata potrebbe influenzare il rischio sismico nelle zone che circondano il blocco Ibleo-Siculo (Fig. 1). Questa ipotesi è basata sul fatto che il regime compressivo che sta sollecitando la zona dell’Italia meridionale è principalmente assorbito da due processi tettonici, uno dato dall’estrusione del blocco Calabro e l’altro dall’estrusione del blocco Ibleo-Siculo (Mantovani et alii, 2019, 2020). Poiché, come detto sopra, il primo processo è attualmente rallentato (come rivelato dalla scarsa attività sismica in Calabria), è ragionevole pensare che la mobilità del cuneo Ibleo-Siculo potrebbe essere cresciuta, come suggerito da un aumento dell’attività sismica negli ultimi decenni (Mantovani et alii, 2022). Questo quadro dinamico potrebbe essere accentuato dalla crisi sismica che si sta sviluppando lungo il bordo meridionale del blocco Ibleo-Siculo (Canale di Sicilia a sud di Malta, vedi figura 1), comprendente molte scosse di magnitudo superiore a 4 e due di M = 5.5. Infatti, lo svincolo di questo blocco dal domino africano potrebbe creare instabilità lungo gli altri bordi, soprattutto nella Sicilia orientale, già colpita da scosse molto forti. Comunque, è opportuno precisare che la complessità del problema non consente di fare previsioni su quando le zone sismiche sopra citate potranno subire scosse forti. Le considerazioni qui riportate, e accuratamente descritte in alcune pubblicazioni recenti (Mantovani et alii, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2022 e MeteoWeb 2023), potrebbero risultare utili per scegliere la più efficace politica di prevenzione antisismica in Italia. Per esempio, potrebbero suggerire che le risorse attualmente disponibili per progetti strutturali sarebbero più proficuamente impiegate per mettere in sicurezza gli edifici nelle zone sismiche siciliane ad alto rischio che non per altre iniziative“.
In conclusione, il prof. Mantovani sottolinea che “per mitigare il problema del rischio sismico in Italia l’individuazione delle zone dove gli interventi di prevenzione sono più urgenti è sicuramente il contributo più concreto della ricerca scientifica. Questa considerazione nasce dal fatto che l’unico intervento sicuramente efficace per difendersi dai terremoti è quello di costruire edifici in grado di resistere agli scuotimenti previsti. Siccome la messa in sicurezza dell’intero patrimonio edilizio nelle zone sismiche del nostro paese richiederebbe interventi molto prolungati nel tempo (numerose decine di anni), la fattibiltà di interventi efficaci nel breve termine, cioè capaci di ridurre vittime e danni, è legata alla possibilità di utilizzare le poche risorse disponibili (sia pubbliche che private) nelle zone in cui questa operazione può portare a vantaggi concreti. Il primo passo in questa direzione dovrebbe prevedere un confronto tra tutti gli studiosi impegnati in queste problematiche, per tentare di riconoscere le interpretazioni più plausibili. Questa operazione preliminare potrebbe consegnare ai responsabili nazionali delle politiche di prevenzione un quadro largamente condiviso dei più efficaci interventi da fare in zone specifiche, da affiancare a piani nazionali. Le iniziative in questa direzione possono essere incoraggiate dal fatto che le interpretazioni proposte dal nostro gruppo di ricerca (descritte nei lavori sopra citati) hanno permesso di segnalare come prioritarie, con anni di anticipo, le zone italiane dove sono avvenute le ultime due crisi sismiche più intense, una nell’Appennino centrale (2016-17, M= 6.2, 5.6, 6.1, 6.6, 5.7, 5.6) e l’altra nel Pesarese (9 novembre 2022, M= 5.5)“.
Le informazioni sopra citate sono state utilizzate dai Responsabili della Regione Toscana per orientare le politiche di prevenzione (Mantovani et alii, 2016, 2018).
Pubblicazioni citate
Mantovani E., Viti M., Cenni N., Albarello D., Babbucci D., 2001. Short and long term deformation patterns in the Aegean-Anatolian systems: insights from space geodetic data (GPS). Geophys.Res.Lett., 28, 2325-2328.
Cenni N., D’onza F., Viti M., Mantovani E., Albarello D., Babbucci D., 2002. Post-seismic relaxation processes in the Aegean-Anatolian system: insights from space geodetic data (GPS) and geological/geophysical evidence. Boll. Geof. Teor. Appl.,. 43, 23-36.
Mantovani, E., Viti, M., Babbucci, D., Tamburelli, C., Cenni, N., Baglione, M. and D’Intinosante, V., 2016. Recognition of Peri-Adriatic Seismic Zones Most Prone to Next Major Earthquakes: Insights from a Deterministic Approach. In: D’Amico, S., Ed., Earthquakes and Their Impact on Society, Springer Natural Hazard Series, Springer International Publishing, Berlin, 43-80. https://doi.org/10.1007/978-3-319-21753-6_2
Mantovani, E., Viti, M., Babbucci, D., Tamburelli, C. and Cenni, N., 2017. Possible Location of the Next Major Earthquakes in the Northern Apennines: Present Key Role of the Romagna-Marche-Umbria Wedge. International Journal of Geosciences, 8, 1301-1314. https://doi.org/10.4236/ijg.2017.811075
Mantovani E., Viti M., Babbucci D., Tamburelli C., Vannucchi A., Baglione M., D’Intinosante V., Cenni N., 2018. Stima aggiornata della pericolosità sismica in Toscana e aree circostanti. Universitas Studiorum Ed., ISBN 978-88-3369-014-8, pag. 88.
Mantovani E., Viti M., Babbucci D., Tamburelli C., Cenni N., 2019. How and why the present tectonic setting in the Apennine belt has developed. J.Geol.Soc., 176,1291-1302. https://doi.org/10.1144/jgs2018-175
Mantovani E., Viti M., Babbucci D., Tamburelli C., Cenni N., 2020. Geodynamics of the Central Western Mediterranean region: Plausible and non-plausible driving forces. Marine and Petroleum Geology, 113, Article ID: 104121, https://doi.org/10.1016/j.marpetgeo.2019.104121
Mantovani E., Viti M., Babbucci D., Tamburelli C., Baglione M., D’Intinosante V., 2022. Short-term kinematics of the Adria plate and space-time distribution of major peri-Adriatic earthquakes. International Journal of Geosciences, 13, 1057-1081. https://doi.org/10.4236/ijg.2022.1312054.