Il terremoto di magnitudo 7.8 che ha colpito la Turchia, ha provocato la rottura di un segmento della faglia orientale anatolica lungo almeno 190 chilometri. Nel video in alto, grazie alla comparazione di due immagini satellitari, è possibile notare come si sia mossa la faglia durante il catastrofico sisma. Parliamo di uno slittamento orizzontale di 3-4 metri.
A causare questo slittamento è stato un movimento “di tipo transpressivo”. In sostanta, lungo la faglia il suolo si è spostato in senso orizzontale. Si è verificata dunque una compressione fra la placca Anatolica e quella Araba.
Il terremoto, giova ricordarlo, è avvenuto in una zona altamente sismica, in cui si incontrano la placca Est anatolica, quella Arabica e quella Africana. La prima, in particolare, viene schiacciata dalla placca Arabica e spinta a Ovest verso l’Egeo. Si è attivata una delle faglie che attraversano la Turchia, quella Sud-Est anatolica. Si tratta di una delle più attive nel Medio Oriente, insieme a quella del Mar Morto che attraversa Siria, Libano, Israele e Giordania e che separa la placca Araba da quella Africana.
Cnr: deformazioni del suolo su 35.000 kmq
Rilevate deformazioni del suolo su un’area complessiva di 35.000 chilometri quadrati dopo le scosse di terremoto che il 6 febbraio hanno colpito il sud-est della Turchia e il nord della Siria. E’ quanto rilevato dalle prime analisi condotte dall’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IREA-Cnr) sulla base delle immagini radar raccolte dal satellite Sentinel-1A di Copernicus, il programma di osservazione della Terra gestito da Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Commissione Europea.
Il team di ricercatori della sede di Napoli dell’IREA-CNR ha rilevato il campo di deformazione superficiale indotto dai due eventi sismici applicando la tecnica dell’Interferometria SAR Differenziale (DInSAR), grazie a un sistema sviluppato nell’ambito delle attività dell’infrastruttura di ricerca europea EPOS (European Plate Observing System) per lo studio della Terra solida. Tale sistema permette di generare prodotti DInSAR in maniera automatica a seguito di eventi sismici di particolare rilevanza. In questo caso sono state analizzate le immagini radar acquisite dal satellite Sentinel-1A il 28 gennaio e il 9 febbraio.
L’area investigata si estende per 130.000 chilometri quadrati di cui circa 35.000 sono affetti da significativi fenomeni deformativi, testimoniati nel grafico (interferogramma) dalla presenza di ‘frange’ di colore ciascuna delle quali corrisponde a uno spostamento nella linea di vista del sensore di circa 2,8 centimetri. In molte zone le frange sono estremamente fitte a causa degli spostamenti, anche di vari metri, causati dagli eventi sismici.
Rilevati dallo spazio oltre 4.000 edifici e 72 chilometri di strade danneggiati o distrutti dalle scosse di terremoto: questo il bilancio che emerge da 53 mappe prodotte e aggiornate al 10 febbraio dal servizio di gestione delle emergenze (Cems) di Copernicus.
Nei prossimi giorni sono attese nuove immagini di Sentinel-1A, riprese da differenti orbite, che permetteranno ulteriori analisi. Inoltre, una serie di acquisizioni di immagini radar effettuate dai sensori radar della costellazione argentina SAOCOM-1 sono già state programmate in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e quella argentina.