Vitamina D, Aifa: “ridurre consumo e prescrizioni, potenziali rischi”

Aggiornati i criteri di prescrizione di vitamina D dall'AIFA, in base a nuovi studi che hanno chiarito la mancanza di benefici per Covid e per le ossa nei sani
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L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha aggiornato i criteri di appropriatezza prescrittiva di vitamina D per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto. In base a nuove pubblicazione scientifiche che hanno ulteriormente chiarito la mancanza di benefici per Covid e per le ossa nei sani.

“L’apporto supplementare di vitamina D è uno dei temi più dibattuti in campo medico, fonte di controversie e di convinzioni tra loro anche fortemente antitetiche”, precisa Aifa.

Vitamina D, limitare la prescrizione

La nota 96 era stata pubblicata nel 2019 per limitare la prescrizione a carico del Sistema Sanitario Nazionale di vitamina D e suoi analoghi. In particolare, sono stati presi in considerazione i risultati di due ampi studi clinici randomizzati, lo studio americano Vital pubblicato sul Nejm nel 2022 e lo studio europeo Do-Health pubblicato su Jama nel 2020.

Entrambi hanno concluso che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate “per diversi anni non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi”.

A questi studi si aggiunge la letteratura sull’utilizzo nel Covid-19. “Nonostante i dati epidemiologici che sembravano legare il contagio e la gravità del Covid alla carenza di vitamina D, l’efficacia della vitamina D nella lotta al Covid è stata smentita da studi progettati e condotti in modo corretto” .

Con l’occasione, sono state inserite nel testo della Nota alcune precisazioni su proposta di clinici o società scientifiche che includono, tra gli altri, un paragrafo “sui potenziali rischi associati all’uso improprio dei preparati a base di vitamina D”.

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