Bozzi e noduli, campanelli d’allarme? Quando rivolgersi al medico

Scoprire un nodulo che prima non c’era o che è cresciuto nel tempo non deve preoccupare, ma non va neppure sottovalutato
MeteoWeb

Avvertire noduli o bozzi sul corpo, magari per puro caso, fa subito correre il pensiero alla peggiore delle ipotesi, “un retaggio di un’epoca in cui la maggior parte dei tumori veniva diagnosticata quando la massa era ormai cresciuta e affiorava sulla superficie del corpo. Oggi non è più così: i programmi di screening e la maggiore frequenza di visite mediche e controlli ha reso questa evenienza più rara“: a fare chiarezza è la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, in un approfondimento dedicato, in cui precisa inoltre che “se da un lato possiamo affermare che il più delle volte la scoperta di un nodulo non si traduce in una diagnosi di cancro, dall’altro lato è bene sottolineare che si tratta di una manifestazione da non sottovalutare e che va portata quanto prima all’attenzione di un medico“.

Esami e campanelli d’allarme

La maggior parte delle volte i noduli non sono collegati a una malattia oncologica, però questa considerazione non deve diventare una scusa per evitare una visita medica. Ogni volta che trovo qualcosa di nuovo, che prima non c’era, devo farmi controllare. Allo stesso tempo, però, sapere che il più delle volte riceverò rassicurazioni da parte del medico permette di arrivare alla visita con un animo più sereno,” spiega Roberto Agresti, dirigente medico presso l’Unità operativa di senologia dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, come riporta AIRC. “Prendiamo l’esempio dell’autopalpazione al seno, una pratica messa a punto intorno agli anni Settanta per sensibilizzare le donne a tenersi controllate. Oggi gli esami di screening sono estremamente diffusi e disponiamo sul territorio di un’offerta di prevenzione molto ampia e ben fatta. Il rischio è che la donna che non trova noduli all’autopalpazione decida di saltare i controlli come la mammografia. Invece gli esami vanno fatti e l’eventuale nodulo deve essere considerato un campanello di allarme in più che spinga a farsi subito visitare“.

Noduli e bozzi, dove e perché

Se è vero che molte neoplasie sono caratterizzate dalla presenza di “bozzi”, è altrettanto vero che non tutte le protuberanze che si formano nel nostro corpo sono tumori, meno ancora tumori maligni,” spiega AIRC. “noduli sono agglomerati di cellule strutturalmente diverse da quelle circostanti, hanno una forma rotondeggiante e dimensioni molto varie. È bene cercare sempre di capire di cosa si tratta, tenendo presente anche le circostanze in cui sono apparsi. Il loro sviluppo può infatti avere molte cause“. Esistono bozzi da trauma, “comparsi in seguito a una contusione, che sono spesso accompagnati da un ematoma e tendono a sparire. I rigonfiamenti possono però anche essere determinati da infezioni, infiammazioni o alcune malattie: si pensi alle lesioni da acne, ai rigonfiamenti riscontrabili nell’artrite reumatoide, alle verruche provocate dai papilloma virus o alle emorroidi“.

Ogni distretto corporeo può essere interessato da tumefazioni. Bisogna però distinguere tra noduli palpabili e non palpabili,” sottolinea Agresti. “Un esempio di nodulo cutaneo benigno palpabile è la cisti sebacea, che spesso si presenta come un piccolo rigonfiamento sottocute. È però possibile che si infiammi, si infetti e dia origine a una cisti suppurata. La causa è un batterio (facilmente uno stafilococco), che fa crescere la dimensione della cisti facendola riempire di materiale purulento. In genere chi ne è colpito si spaventa molto, perché improvvisamente il nodulo diventa molto grande e magari assume un colore rosso vinaceo, ma la cisti può essere curata applicando una crema con antibiotico e cortisone, oppure con l’ittiolo, un vecchio rimedio che favorisce la fuoriuscita naturale del materiale purulento“.

Vi sono poi, prosegue AIRC, “formazioni nodulari cistiche che si trovano su aree che non è possibile palpare e quindi sono evidenziabili solo con esami specifici“. Tra queste troviamo le cisti renali o gli angiomi epatici, ma anche i noduli tiroidei che, come sottolinea Agresti, vanno controllati da un endocrinologo e sottoposti a ecografia in associazione magari ad altri esami. “Un nodulo alla tiroide può avere un contenuto “liquido”, quindi essere una formazione cistica, oppure “solido” (un adenoma, ovvero un tumore benigno ma anche, seppur più raramente, un carcinoma maligno),” prosegue AIRC.

Cosa fare se si trova un nodulo

Come ci si deve comportare se si trova un nuovo nodulo o se uno che si sapeva già di avere cambia aspetto? “La prima cosa da fare è farsi visitare dal medico curante, che, vedendo il paziente, può capire se sia necessario approfondire con ulteriori esami, e che può decidere di avvalersi del parere di uno specialista. L’alternativa è recarsi direttamente dallo specialista a seconda del distretto colpito,” sottolinea Agresti. È possibile che, pur non essendoci motivo evidente per sospettare ci sia qualcosa di cui preoccuparsi, il medico scelga di procedere, anche senza urgenza e secondo una certa gradualità, con ulteriori esami.

Gli esami si fanno per tante ragioni. Visitando il paziente, lo specialista è in grado di distinguere un nodulo solido (come un fibroadenoma o un tumore maligno alla mammella) da uno liquido (una cisti). L’ecografia poi permette sia di raffinare la diagnosi – poiché consente di distinguere molto facilmente di quale tipologia si tratti – sia di controllare il nodulo nel tempo, perché fornisce misurazioni di riferimento, da confrontare con quelle effettuate a distanza di mesi (quanti, sarà il medico a deciderlo),” afferma lo specialista. “Bisogna essere attenti, efficienti ma mai allarmisti“.

L’evoluzione nel tempo

Un aspetto importante da valutare, anche per decidere se rimuoverli o meno, è l’evoluzione dei noduli nel tempo,” sottolinea AIRC. L’esempio classico è quello dei linfonodi. Un nodulo palpabile al collo, all’inguine o sotto l’ascella è con buona probabilità un linfonodo ingrossato. “La causa più comune è in genere un’infiammazione del distretto da cui proviene il materiale linfatico drenato da quel linfonodo. In tal caso si riesce a trovare una correlazione con un evento clinico,” spiega Agresti. Per esempio, si possono sentire linfonodi ingrossati sotto l’ascella in seguito a una ferita al braccio, o a livello del collo a causa di un mal di gola oppure in generale per malattie parassitarie o virali (per esempio toxoplasmosi o mononucleosi).

Il punto più importante è vedere come il nodulo evolve. L’infiammazione deve regredire in tempi brevi, magari con una terapia. Il medico deve invece prescrivere alcuni esami se i linfonodi continuano a essere ingrossati, non sono particolarmente dolenti, si trovano in punti diversi dell’organismo oppure, viceversa, sono limitati a un certo distretto ma, invece che regredire, tendono ad aumentare di dimensioni, anche rapidamente. Si parte con gli esami del sangue fino ad arrivare, in alcuni casi, all’asportazione del linfonodo (cioè alla biopsia) per analizzarlo, nel dubbio che si tratti di un linfoma o di un altro tumore con localizzazione linfonodale,” afferma l’esperto.

Questo modo di procedere può essere allargato anche ad altre tipologie di noduli, precisa AIRC, “mentre è possibile che si decida di rimuoverli per ragioni che non hanno nulla a che vedere con un problema oncologico. Alcuni esempi sono le cisti tendinee, che possono essere tolte perché provocano fastidio a un’articolazione vicina, o i fibroadenomi, tumori benigni del seno o dell’utero, che possono essere asportati quando superano una certa dimensione e interferiscono con la funzione fisiologica dell’organo, anche se non c’è rischio che si trasformino in cancro“.

Anche in questi casi, però, ci sono delle eccezioni. “I fibroadenomi a crescita molto rapida vanno assolutamente rimossi perché possono degenerare,” spiega Agresti. In sostanza, c’è nodulo e nodulo, e la scelta di tenerli sotto controllo o asportarli dipende da diversi fattori.

I singoli casi

Quando il medico si trova a valutare un nodulo, considera anche le caratteristiche del paziente. “Per esempio, un nodulo nel seno di una giovane tra i 14 e i 25 anni è quasi sicuramente un fibroadenoma, che rappresenta la stragrande maggioranza dei noduli in questa fascia d’età; viceversa, un nodulo mammario in una persona che ha più di 70 anni è più frequentemente un tumore della mammella,” afferma Agresti. Un discorso simile può essere fatto per gli uomini, nel caso dei tumori della mammella maschili. “È giusto far controllare un piccolo rigonfiamento sotto l’areola mammaria in un ragazzino di 13-14 anni, ma generalmente si tratterà di un abbozzo ghiandolare mammario, che si sviluppa nella pubertà per poi regredire e atrofizzarsi,” continua il medico, spiegando che invece, in un uomo adulto, un rigonfiamento della mammella potrebbe essere una pseudoginecomastia, cioè un accumulo di tessuto adiposo in regione mammaria, o una ginecomastia “vera”, vale a dire un accrescimento nodulare della ghiandola mammaria benigno e legato a diverse cause (per esempio terapie), o infine un tumore della mammella, che insorge per lo più in soggetti di età avanzata.

Noduli a cui i giovani devono prestare particolarmente attenzione “sono quelli a livello testicolare, dato che il tumore del testicolo colpisce soprattutto i ragazzi e i giovani uomini. Da tenere d’occhio anche i noduli che si formano all’interno dei muscoli, perché possono essere dovuti a sarcomi, tumori rari dei tessuti molli a prevalente insorgenza giovanile,” sottolinea AIRC.

Proprio la varietà e la frequenza di noduli e bozzi nel corpo umano è la ragione per cui bisogna sempre farli vedere al medico,” conclude Agresti. “Il rischio che nascondano qualcosa di grave è per fortuna remoto, ma solo un esperto può identificare i rari casi in cui bisogna preoccuparsi“.

Condividi