Il Cts diede mandato, nel verbale del 12 febbraio 2020, a un gruppo ristretto “composto da Merler, Brusaferro (come rappresentante dell’Iss ovvero persona da lui delegata) e il direttore generale D’Amario” di redigere un piano anti COVID. L’ultima versione del piano Merler “risale al 29 febbraio, presumibilmente vi sono state 4-5 versioni prima dell’ultima. Il piano di Merler all’epoca forniva dei numeri allarmanti. Io stesso chiesi di mantenere riservato il Piano, perché da esso emergeva una situazione ‘apocalittica’, che avrebbe allarmato l’opinione pubblica“. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni rese da Agostino Miozzo coordinatore del Comitato tecnico scientifico indagato nell’inchiesta della procura di Bergamo.
La mancata applicazione del piano pandemico e i presunti ritardi nelle risposte per arginare la diffusione del virus sono tra i capitoli più corposi dell’inchiesta per epidemia colposa. “Possiamo considerare il piano Merler un’analisi del rischio, utilizzato per capire i fabbisogni per esempio dei posti letto in terapia intensiva; ritengo che non si possa considerare un vero e proprio piano pandemico, in quanto dà soltanto orientamenti generali e non operativi; tuttavia il piano Merler ha costituito la base per l’assunzione di alcune iniziative nella prima fase dell’emergenza sanitaria” spiega. “Il ministro della Salute (Roberto Speranza, ndr) fu d’accordo sulla mia indicazione di riservatezza; ricordo che ci fece rilevare che erano già circolate indiscrezioni. La riservatezza era in quella fase estesa ai verbali del Cts” conclude Miozzo.