I canidi che hanno vissuto nell’area confinante la centrale nucleare di Chernobyl dopo l’incidente sono geneticamente diversi, rispetto agli esemplari che si trovano più distanti dalla centrale. Queste conclusioni sono state raggiunte in uno studio scientifico, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati del National Institutes of Health degli Stati Uniti a Bethesda, nel Maryland.
Il gruppo di ricerca, coordinato da Elaine Ostrander e Timothy Mousseau, ha prelevato il sangue dagli animali selvatici che sono presenti nelle zone limitrofe alla centrale. In un periodo di tempo di circa tre anni, i ricercatori hanno raccolto campioni da circa 300 cani che vivevano nei pressi della centrale elettrica e intorno alla città per lo più deserta di Chernobyl.
Chernobyl, una città deserta
Dopo gli eventi del 1986, l’amministrazione sovietica ha esortato la popolazione a evacuare l’area, in quanto radioattiva. Gli esperti avevano palesato una certa preoccupazione sul fatto che gli animali colpiti dai residui delle scorie nucleare potessero diffondere il rischio nucleare nelle zone più distanti.
Tuttavia, la popolazione dei cani di Chernobyl è rimasta isolata da altre popolazioni canine per decenni, tanto che gli esami del DNA hanno evidenziato che i cani dell’area discendevano direttamente dagli esemplari presenti nella zona durante o subito dopo l’incidente al reattore.
Ad oggi uno dei luoghi più radioattivi del pianeta
Questa ricerca intende determinare come i cani si siano adattati per sopravvivere in uno dei luoghi più radioattivi del pianeta. Gli studiosi ritengono che le conclusioni tratte dallo studio dei canidi potrebbero rivelarsi utili per la stima degli effetti dell’esposizione alle radiazioni a lungo termine sulla genetica e sulla salute umana.
Le conseguenze derivanti da bassi livelli di radiazioni sono infatti ancora oggetto di accesi dibattiti nella comunità scientifica. “E’ davvero difficile capire gli effetti di questo tipo di esposizione – osserva David Brenner, biofisico delle radiazioni alla Columbia University di New York City, non coinvolto nella ricerca – ma è davvero importante ottenere delle risposte“.
I cani sono riusciti a sopravvivere e a riprodursi nonostante le condizioni di elevata radioattività
“La presenza continuativa di cani nell’area – afferma Ostrander – dimostra che la specie è stata in grado di sopravvivere e riprodursi nonostante le condizioni di radioattività, il che è piuttosto notevole.”
“Nei prossimi step, il gruppo di ricerca dovrà stabilire quali cambiamenti genetici possono essere attribuiti alle radiazioni e quali ad altri fattori, come la consanguineità o altri inquinanti. Effettueremo altri campionamenti – conclude Mousseau – la conoscenza dettagliata della storia genetica di questi animali fornisce un focus ideale per gli studi futuri in questa direzione“.