Nelle ultime ore il Pronto Soccorso Ostetrico dell’U.O.C. di Ginecologia e Ostetricia del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria ha accolto e prestato assistenza a diverse donne in gravidanza provenienti dalla Guinea e sbarcate nel tardo pomeriggio di sabato al porto di Reggio Calabria nel novero dei 584 migranti che erano a bordo della nave “Diciotti”.
A prestare assistenza a queste donne e supportarle anche umanamente e psicologicamente ha partecipato attivamente il personale ostetrico, medico e socio-sanitario del G.O.M.. Tra le tante donne c’è anche Mariama, incinta alla trentesima settimana e, pertanto, ricoverata presso il reparto di Ostetricia dove, nella giornata di ieri, ha dato alla luce due gemelli. Mariama sta bene e aspetta l’arrivo del marito che lavora a Roma. È certo che se non fosse celermente sbarcata a Reggio Calabria avrebbe messo a rischio la sua vita e quella dei suoi bambini.
La donna, grazie alla mediazione linguistica dell’ostetrica del G.O.M. Sara Cordiano, ha raccontato di avere camminato per sei giorni nel deserto dal Mali alla Libia e di essere salita sul barcone dove è rimasta tre giorni in balia del mare. Mariama ha voluto esprimere un sentito ringraziamento a tutto il personale che le è stato accanto in questi giorni: “Sono molto contenta di come ci hanno accolto in Italia appena siamo arrivati con i miei connazionali nel porto di Reggio Calabria – ha affermato – e dell’assistenza ricevuta in Ospedale insieme all’affetto e umanità che mi ha dimostrato tutto il personale in questo momento di difficoltà. Ringrazio di cuore, non mi sono mai sentita sola”.
Nonostante ogni storia sia diversa dall’altra il racconto di Mariama è abbastanza rappresentativo di quella che è la realtà di tanti altri immigrati, in particolare di quelli che arrivano dal continente africano.
Le ostetriche Antonella, Francesca e Meca raccontano: “quando abbiamo accolto le ragazze della Guinea al Pronto Soccorso Ostetrico erano distrutte dalla fatica, sconfitte, silenziose e con lo sguardo impaurito di chi stava vivendo una tragedia di cui non conosceva la fine”.
Di fronte al dramma di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame e sono in cammino verso una speranza di vita, le nostre coscienze ci chiamano, evangelicamente, ad essere “prossimi” ai più deboli e agli abbandonati. In questa storia la vita ha trionfato consentendo ad una madre di mettere al mondo, pur partendo da condizioni assolutamente a rischio, due vite in assoluta sicurezza.