L’incremento delle temperature medie globali potrebbe provocare un incremento del numero e della diffusione di batteri responsabili di infezioni potenzialmente pericolose per la salute. Questa inquietante prospettiva, descritta sulla rivista Scientific Reports, e’ stata delineata dagli scienziati dell’Universita’ dell’East Anglia (UEA). Il team, guidato da Elizabeth Archer, ha valutato le potenzialita’ dei batteri Vibrio vulnificus, che crescono nelle acque costiere calde e poco profonde. Capaci di infettare tagli o lesioni della pelle in caso di contatto con l’acqua, questi agenti patogeni hanno provocato un aumento di infezioni annuali lungo la costa orientale degli Stati Uniti da 10 a 80 in un periodo di circa 30 anni.
Secondo le stime del gruppo di ricerca, entro il 2060 gli episodi di contagio potrebbero diffondersi a latitudini sempre piu’ elevate fino ai principali centri abitati intorno a New York. Entro la fine del secolo, inoltre, i casi di infezione potrebbero verificarsi in ogni distretto degli Stati Uniti orientali, specialmente in caso di scenari di emissione e riscaldamento medio-alti. “Questi risultati – afferma Archer – evidenziano la necessita’ di raggiungere una maggiore consapevolezza della distribuzione dei possibili focolai. Quando si verificano i sintomi e’ infatti fondamentale intervenire tempestivamente per prevenire gravi conseguenze per la salute”.
Emergenza infezioni
Le emissioni di gas a effetto serra dovute alle attivita’ umane stanno alterando il clima, e gli impatti possono essere particolarmente acuti sulle coste, che costituiscono un confine tra gli ecosistemi naturali e le popolazioni umane. “In uno scenario in cui le emissioni verranno mantenute entro una determinata soglia di sicurezza – continua Archer – i casi di infezione da V. vulnificus potrebbero estendersi solo fino al Connecticut. Entro la fine del XXI secolo, potremmo assistere a un aumento fino a 200 episodi segnalati ogni anno”.
Per affrontare l’emergenza, gli studiosi sostengono che sarebbe necessario adottare misure di controllo attivo, sensibilizzando i gruppi a rischio, come gli anziani e i soggetti con condizioni di salute pregresse. Allo stesso tempo, aggiungono gli autori, si potrebbero implementare strategie di segnaletica costiera durante i periodi di prolificazione dei batteri. “Sapere dove le infezioni potrebbero verificarsi con maggiore frequenza – conclude Iain Lake, collega e coautore di Archer – potrebbe aiutare significativamente i servizi sanitari a pianificare ed elaborare approcci di prevenzione efficaci”.