Clima, report IPCC 2023: l’analisi degli esperti italiani

Il cambiamento climatico causato dall’uomo sta già influenzando molti eventi meteorologici e climatici estremi in ogni regione del mondo. Di seguito vengono riportati i pareri degli esperti italiani sul report IPCC
MeteoWeb

Si è tenuto oggi lunedì 20 marzo 2023 il sesto ciclo di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC in un decennio delicato e cruciale per l’azione climatica: gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) hanno fatto il punto sulla massima conoscenza scientifica del cambiamento climatico in atto, e fornito ai decisori politici linee guida per fronteggiare, attraverso strategie di adattamento e mitigazione, la più grande crisi del Pianeta, quella climatica. Il report di sintesi 2023 non lascia spazio a dubbi: il nesso uomo-cambiamento climatico è inequivocabile.

Il costante aumento delle emissioni derivanti dalle attività umane non ha solo aumentato la temperatura globale, ma ha anche provocato impatti secondari su larga scala, nonché cambiamenti ambientali e atmosferici. “Si sono verificati cambiamenti diffusi e rapidi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera” – affermano gli scienziati dell’IPCC. Il cambiamento climatico causato dall’uomo sta già influenzando molti eventi meteorologici e climatici estremi in ogni regione del mondo. Il loro impatto si è già tradotto in perdite e danni per la natura e per le persone. Di seguito vengono riportati i pareri degli esperti italiani sul report dell’ IPCC.

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AR6: La fisica del clima e le sfide future

Anna Pirani, autrice del Rapporto di Sintesi dell’AR6 IPCC, è a capo della TSU (Technical Support Unit) del WG1 che ha lavorato al primovolume di AR6 – Climate Change 2021: le basi fisico-scientifiche per il quale ha anche contribuito a realizzare il WGI SPM.

Possiamo raggiungere un mondo più sostenibile: ridurre rapidamente le
nostre emissioni può limitare il riscaldamento globale. Questa è una buona notizia perché sappiamo che le scelte che facciamo oggi determinano il futuro condiviso delle persone che abitano l’intero pianeta. Le attività umane hanno riscaldato il clima della Terra di oltre 1°C dalla fine del XIX secolo e gli effetti sul nostro clima sono senza precedenti. Ne sentiamo sempre più le conseguenze in ogni regione abitata del pianeta e, quanto più cresce la temperatura media globale, tanto più i cambiamenti che sperimentiamo diventano grandi. Non ci sono regioni del pianeta che non siano toccate da questi fenomeni e, in aree geografiche diverse, le persone sono e saranno colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici in maniera diversa.

Già oggi stiamo assistendo a eventi estremi più gravi e frequenti di quanto non sia accaduto in passato. Le emissioni future saranno determinanti per il futuro riscaldamento globale: con emissioni più elevate l’assorbimento naturale del carbonio sarà meno efficiente. Alcuni cambiamenti non possono essere evitati, ma limitando il riscaldamento possiamo rallentarne molti e, in alcuni casi, anche arrestarli.

AR6: gravità, urgenza e speranza

Lucia Perugini dal 2003 partecipa ai negoziati sul clima fornendo supporto scientifico alla delegazione del governo italiano su temi riguardanti l’agricoltura. La sua attività di ricerca al CMCC si concentra sull’interazione tra la comunità scientifica e i decisori politici, in particolare sui temi legati alle foreste e agli ecosistemi
terrestri.

La 58esima sessione dell’IPCC ha segnato la chiusura del sesto ciclo di valutazione dell’IPCC che ha visto il contributo di quasi 1000 scienziati, provenienti da tutto il mondo, che hanno fornito un quadro sulle tre principali tematiche riguardo al cambiamento climatico. Si è trattato di un lavoro incredibile, che richiede un enorme sforzo da parte degli autori.

I messaggi che questo ciclo ha portato alla nostra attenzione sono
estremamente preoccupanti, seppur forniscono soluzioni promettenti che però devono essere attuate rapidamente. Se si considera il ritardo della finalizzazione del rapporto, siamo già 4 anni in ritardo rispetto ai messaggi che sono contenuti in questa sintesi che fotografa una situazione datata al 2019. I messaggi sono riassumibili in tre parole: gravità, urgenza e speranza.

Gravità

Emerge dal rapporto l’importanza di mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali, e questo sarà cruciale per molte popolazioni ed ecosistemi come le piccole isole e per le regioni dipendenti dallo scioglimento dei ghiacciai e della neve. Al di sopra di questo livello, molti ecosistemi e popolazioni non potranno più essere in grado di adattarsi ai cambiamenti

Urgenza

A livello globale dobbiamo correggere le nostre traiettorie
emissive e raggiungere il picco delle nostre emissioni entro il 2025, per
evitare un overshoot (un aumento temporaneo delle temperature oltre
1,5°C, sul sito del Focal Point una scheda di spiegazione di questo termine). Maggiori saranno l’entità e la durata di questo overshoot, più gli ecosistemi e le società saranno esposti a impatti e rischi maggiori e più diffusi. Gli impegni presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi non sono abbastanza ambiziosi e le politiche attuali spesso non prendono in considerazione il percorso delineato in tali impegni. Siamo sulla strada che porta a un aumento della temperatura media globale che può raggiungere i 3,5°C, e questo rappresenta una minaccia per l’umanità nel suo complesso.

Speranza

Il rapporto dell’IPCC presenta un’ampia varietà di soluzioni
all’interno di settori specifici e anche a livello intersettoriale, con sinergie e co-benefici promettenti: la transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili ridurrebbe l’inquinamento atmosferico riducendo al contempo le emissioni di gas serra. La gestione sostenibile delle foreste e dell’agricoltura, la protezione delle foreste, sono attività che possono
assorbire anidride carbonica e apportare molti servizi ecosistemici che
migliorerebbero le condizioni di vita di molte popolazioni. Lascienza è
chiara: dobbiamo sfruttare tutte le opzioni a disposizione e dobbiamo farlo ora.

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AR6:  impatti, adattamento e vulnerabilità

Piero Lionello è Leading Author del capitolo 13 “Europe” e del cross-chapter paper 4 “Mediterraneo” del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC.

La letteratura scientifica presenta un sempre maggior numero di evidenze che testimoniano che ecosistemi e società umane hanno già subito le prime conseguenze del cambiamento climatico in atto.
La grande vulnerabilità di una vasta porzione di popolazioni umane,
ecosistemi, specie animali è ben documentata e determina rischi elevati,
che aumentano sproporzionatamente con il livello del riscaldamento globale e la cui sovrapposizione amplifica le difficoltà per gestirli.

All’aumentare del riscaldamento globale un numero crescente di sistemi naturali e umani raggiungerà il limite oltre il quale l’adattamento non sarà possibile. Sono presenti progressi nelle strategie di adattamento, ma questi sono distribuiti in modo disomogeneo nelle diverse realtà e in molti casi affrontano solo rischi immediati o a breve termine. Il successo delle strategie di adattamento si basa su soluzioni integrate, multisettoriali e socialmente eque.

C’è urgenza di evitare conseguenze irreversibili con azioni che portino a uno sviluppo sostenibile, basate su impegno politico, strutture istituzionali, disponibilità di risorse, cooperazione, procedure e decisioni inclusive, conoscenze scientifiche.

Europa: quattro categorie di rischi-chiave

L’IPCC identifica quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa, il cui livello aumenta con l’aumentare del livello di riscaldamento globale, che qui si elencano (si veda anche il contributo fornito in occasione della pubblicazione di Climate Change 2022: Impatti, adattamento e vulnerabilità sul sito del Focal Point IPCC per l’Italia):

Rischi prodotti dalle ondate di calore su popolazioni e ecosistemi.
Ci si attende che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore aumenti con il riscaldamento globale, raddoppiando o triplicando per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C.

Rischi per la produzione agricola. A causa di una combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee.

Rischi di scarsità di risorse idriche. Nell’Europa centro-occidentale questo rischio diventa molto alto nel caso di un innalzamento di temperatura di 3°C, ma nell’Europa meridionale il rischio è già elevato per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C.

Rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni.
A causa dell’aumento delle precipitazioni estreme in molte aree Europee e dell’innalzamento del livello del mare lungo praticamente tutte le coste.

Italia: rischi e vulnerabilità

L’Italia è soggetta ai rischi tipici dell’Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi. Le peculiarità del cambiamento climatico sono legate all’attesa diminuzione della precipitazione, in contrasto con la tendenza all’aumento a scala globale e nel nord Europa, e alla particolare intensità del riscaldamento estivo.

Altri rischi sono legati alla vulnerabilità delle coste, all’importanza economica del settore turistico e alla vulnerabilità degli
ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da altri fattori antropici
(sovrasfruttamento e inquinamento).

Per la riduzione di questi rischi valgono i requisiti generali comuni a tutte le azioni di adattamento. Continuità dell’impegno politico, implementazione di strutture istituzionali adeguate, mobilizzazione di risorse, procedure e decisioni inclusive in collaborazione con cittadini, parti sociali, settori produttivi, riferimento alle conoscenze scientifiche.

Le sfide della scienza alla luce dei contenuti di AR6

Ovviamente è importante aumentare la precisione della valutazione
quantitativa dei cambiamenti attesi, in particolare per livello del mare, aree soggette alla diminuzione delle precipitazioni e caratterizzazione spaziale delle diverse tipologie di eventi meteorologici estremi. Questo per fornire l’informazione di base sui pericoli futuri. Accanto a ciò, una sempre maggior importanza ha lo studio di efficaci  azioni di adattamento e riduzione dei rischi, che comprende la produzione di
informazioni per definire priorità, l’analisi di costi e benefici, lo sviluppo di efficaci piani di implementazione, lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie adatte.

In questo studio le caratteristiche di interdisciplinarietà tipiche della scienza del clima vengono ulteriormente accentuate, con la necessaria completa inclusione delle scienze sociali, economiche, mediche, biologiche e ingegneristiche.

AR6: le sfide della transizione climatica

Elena Verdolini, senior scientist del CMCC e del RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, è autrice (Lead Author) di Climate Change 2022: Mitigazione dei cambiamenti climatici – Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC e docente
di Economia Politica all’Università degli Studi di Brescia.

Non siamo in linea con gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi, ma le evidenze scientifiche dimostrano che già oggi abbiamo a disposizione tecnologie e soluzioni per raggiungere quanto concordato nell’accordo firmato nella capitale francese. Sappiamo che alcuni paesi sono in linea con una traiettoria di riduzione delle emissioni e che politiche climatiche ambiziose possono avere successo. Abbiamo gli strumenti per affrontare i cambiamenti climatici, ridurre la concentrazione di gas serra in atmosfera. Ciononostante, continua ad esistere un importante divario tra i contributi che gli stati hanno promesso e le azioni necessarie per essere in linea con
gli obiettivi di Parigi.

Appare quindi evidente che, se l’obiettivo è mantenere l’innalzamento della temperatura globale entro i due gradi, dobbiamo mettere in pratica le soluzioni con convinzione, utilizzare gli strumenti giusti e le politiche giuste. Il rapporto illustra inoltre che le tecnologie e le innovazioni tecnologiche sono sicuramente fondamentali, ma da sole non bastano a raggiungere obiettivi di mitigazione stringenti. A tal fine sono invece necessari anche cambiamenti comportamentali. Inoltre, le politiche climatiche sono veramente efficaci solo se coordinate con le altre. Pochissimi, tra gli scenari di mitigazione del rapporto, riescono a mantenere l’innalzamento della temperatura media globale sotto il grado e mezzo senza aver bisogno di fondarsi sull’utilizzo di tecnologie a emissioni negative, che al momento non sono disponibili su scala commerciale.

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Chi paga il costo della transizione?

È necessario tenere conto delle ripercussioni distributive che le politiche per il clima possono avere, sia nei singoli stati che nelle relazioni internazionali. A queste ripercussioni distributive sono particolarmente esposti i paesi in via di sviluppo e le parti più vulnerabili della cittadinanza. Tenendo conto del principio dell’equità, la mitigazione dei cambiamenti climatici, ossia la riduzione di emissioni e concentrazioni di gas serra, non può essere il frutto di scelte che guardano solo alle politiche climatiche.

Al contrario, è necessario tenere in considerazione l’intero quadro più ampio e generale delineato dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. Azioni urgenti di mitigazione possono essere implementate in modo da garantire un futuro vivibile per tutti.

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