Il dipinto “Leda e il cigno” conservato a Wilton House, dimora aristocratica nella campagna inglese vicino a Salisbury, nel Wiltshire, residenza dei conti di Pembroke, non è di Cesare da Sesto, pittore della cerchia dei leonardeschi, ma direttamente di Leonardo da Vinci. E’ la conclusione a cui è arrivato uno studio pubblicato questo mese sulla rivista online “Open Science”. L’articolo “Léda et le Cygne de Léonard de Vinci à la Wilton House” è firmato da tre studiosi: Annalisa Di Maria, esperta di Leonardo e specialista del neoplatonismo fiorentino, Jean-Charles Pomerol, professore dell’Università della Sorbona di Parigi, e Nathalie Popis, esperta dell’applicazione delle matematiche nel settore artistico Secondo i tre esperti, “Leda e il cigno” di Wilton House non è, come si è ritenuto finora, opera di Cesare da Sesto bensì il quadro con lo stesso soggetto eseguito dal genio del Rinascimento e considerato perduto. Secondo il nuovo studio, l’errore di attribuzione sarebbe stato generato negli archivi reali francesi. “Leda e il cigno” di Leonardo per i ricercatori è proprio quello conservato a Wilton House: “Lo studio di quest’opera, di grande finezza, è caratteristico dello spirito scientifico di Leonardo, del suo attaccamento all’antichità greca e delle sue fedeli convinzioni neoplatoniche”.
Annalisa Di Maria, Jean-Charles Pomerol e Nathalie Popis arrivano a questa conclusione: “‘Leda e il cigno’ di Leonardo da Vinci è una delle opere che è stata vittima di varie attribuzioni inventate, alimentate da fonti errate e incomplete a causa di un inventario carente. Quest’opera, di grande bellezza, si trova in una prestigiosa collezione britannica e rivela ancora una volta l’incredibile padronanza matematica del maestro toscano. Questa ingegnosa rappresentazione offre allo spettatore una tecnica pittorica ineguagliabile e testimonia il fedele pensiero neoplatonico di Leonardo che, come nell’Ultima Cena, immortala nella ‘Leda e il cigno’, con l’aiuto di una forte e audace allegoria, il suo profondo desiderio di conciliare platonismo e cristianesimo”. I ricercatori sono riusciti a trovare l’errore nell’inventario francese che ha causato una confusione nell’attribuzione. Gli storici dell’arte, sulla base di un errato inventario della fine del XVII secolo, ritenevano che la Leda di Leonardo fosse ancora nelle collezioni francesi quando era la copia della Leda descritta nel 1642 dall’abate Dan nel suo libro “Le trésor des Merveilles de Fontainebleau”. Il dipinto della Wilton House fu acquisito nel 1627 dal 14° Conte di Arundel, Thomas Howard, soprannominato “il Conte collezionista”. Tra i suoi incredibili acquisti, anche il Codex Arundel e il Codex Windsor. La “Leda e il cigno” di Leonardo è sempre stata catalogata, fin dalla sua acquisizione da parte del Conte, come opera di Leonardo da Vinci. Lo attestano gli archivi della Wilton House, in particolare la storia dell’opera e un disegno raffigurante un ritratto di Leda dell’incisore Lucas Worsterman, con la menzione “Leda e il cigno di Leonardo da Vinci, Collezione Arundel, 1627″.
L’attribuzione fu cambiata all’inizio del 1900 a seguito di una mostra alla National Gallery di Londra, da parte di storici dell’arte che ritenevano che la Leda di Leonardo non potesse essere quella della Wilton House, acquistata nel 1627, dal Conte Arundel perché, sulla base di un errore, si pensava che fosse ancora nell’inventario francese alla fine del XVII secolo. Il dipinto è stato riattribuito a Cesare da Sesto, privo di elementi fattuali. Cesare da Sesto, infatti, copiò le opere di Leonardo ma nulla giustificava tale attribuzione. Lo studio di Leda da un taccuino di Cesare da Sesto rivela un approccio stilisticamente e tecnicamente molto lontano dall’opera di Wilton House. Leonardo da Vinci aveva una grande padronanza tecnica e soprattutto una scienza della misura e delle proporzioni che i suoi discepoli non avevano. Nella sua opera “Leda e il cigno” vengono rispettate tutte le leggi pittoriche del suo trattato di pittura. La costruzione dell’opera di Leonardo è incredibilmente precisa e basata sul sistema vitruviano per ottenere proporzioni perfette. Inoltre, Il modello utilizzato nel progetto definitivo della sua Leda fu Salaï. Di bellezza androgina, fu spesso utilizzato come modello per il San Giovanni Battista, una scelta che incarna la dualità di uno stato unificato che possiede le virtù maschili e femminili.