AMS: raggi cosmici trasportati sulle ali del vento solare

Nei raggi cosmici, le differenze tra i flussi di elettroni e protoni e le variazioni nel tempo potrebbero essere conseguenza dei cicli di attività del Sole
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Nei raggi cosmici, le differenze esistenti tra i flussi di elettroni e flussi di protoni e le loro variazioni nel tempo osservate nell’ultimo decennio grazie all’utilizzo di rivelatori spaziali come l’Alpha Magnetic Spectometer (AMS), il rivelatore di particelle ospitato sulla Stazione Spaziale Internazionale, potrebbero essere conseguenza dei cicli di attività della nostra stella e della loro evoluzione. A sostenerlo uno studio condotto dalla stessa collaborazione scientifica di AMS, di cui fanno parte ricercatrici e ricercatori dell’INFN e dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana, pubblicato lo scorso 17 aprile sulla rivista Physics Review Letters. Facendo ricorso a un ampio set di dati acquisiti da AMS nel corso di più di 11 anni, gli scienziati sono stati infatti in grado di misurare con un’accuratezza senza precedenti le variazioni giornaliere del flusso di elettroni e del flusso di protoni nei raggi cosmici e di individuare nella loro distribuzione sul lungo periodo tracce dell’influenza dell’attività solare. Se confermato, il risultato consentirà di migliorare la comprensione di tutte le specie di raggi cosmici, aumentando anche la capacità di discriminare eventuali indizi di nuova fisica.

Il Sole”, spiega Paolo Zuccon, responsabile nazionale INFN di AMS, “tramite il suo campo magnetico, trasportato dal vento solare costituito dal plasma presente nell’eliosfera, influenza la propagazione dei raggi cosmici. Tuttavia, il campo magnetico non è stabile ed è soggetto alle variazioni legate all’attività del Sole, che attraversa ciclicamente fasi di alta intensità, caratterizzate da un grande numero di macchie solari e brillamenti, a fasi a bassa intensità, con un periodo caratteristico di 11 anni. Perciò a seconda della fase del ciclo Solare, ci si si aspetta che l’effetto su elettroni e protoni sia diverso in quanto particelle di carica opposta si propagano in modo differente all’interno della eliosfera”.

Per verificare l’effettiva capacità del Sole nel modulare l’energia e la distribuzione delle particelle cariche dei raggi cosmici, la collaborazione AMS ha preso in esame i dati acquisiti tra il 2011 e il 2022 dal rivelatore, che, grazie alla sua posizione privilegiata sulla Stazione Spaziale Internazionale, alla sua grande dimensione e al campo magnetico sviluppato dal magnete permanete di cui è dotato, è stato in grado di separare e raccogliere la componente rara dei raggi cosmici, quella di carica negativa, da quella preponderante di particelle positive. Una volta effettuata una precisa misura della distribuzione dei flussi delle particelle nel periodo in esame, i ricercatori hanno infine confrontato i risultati con l’andamento dell’attività solare nello stesso temporale.

Confrontando il flusso giornaliero di elettroni, per un totale di oltre 200 milioni di elettroni raccolti, e quello di protoni su un ciclo solare completo di undici anni è possibile capire come il sole influenzi differentemente i raggi cosmici di carica positiva, i protoni, e quelli carica negativa negativa, come gli elettroni. Non solo si è osservato un ciclo di isteresi tra il flusso di elettroni e il flusso di protoni, ovvero un’indicazione del fatto che i flussi potrebbero essere stati influenzati da proprietà precedenti al momento dell’osservazione, ma si sono potute osservare strutture a scale temporali più ridotte, tutte informazioni che daranno la possibilità di comprendere meglio l’eliosfera e il Sole. Avere una modello accurato della dipendenza della modulazione solare dalla carica della particella è rilevante per lo studio dello spettro di tutte le specie di raggi cosmici, e permette di capire se esistano deviazioni rilevanti negli spettri che possono indicare della nuova fisica”, conclude Zuccon.

Tra i membri della collaborazione internazionale responsabile di AMS-02, che ha raggiunto la ISS nel 2011, c’è anche l’Italia che, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha svolto un ruolo di primo piano nella progettazione dello strumento, e continua tutt’oggi a supportare le attività di acquisizione e analisi dati. I ricercatori italiani delle sedi INFN e delle Università di Bologna, Milano Bicocca, Perugia, Pisa, Roma Sapienza, Roma Tor Vergata e Trento sono responsabili della realizzazione, del mantenimento e delle operazioni dei principali strumenti di bordo, e partecipano in prima persona all’analisi scientifica dei dati raccolti dallo strumento.

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