Correva l’anno 1748, quando l’ingegnere militare Gioacchino de Alcubierre, direttore degli scavi di Ercolano per conto di Carlo III di Borbone, ebbe un’intuizione. Dopo molti sopralluoghi sul posto, il 1 aprile di quell’anno, iniziarono a venire alla luce i primi reperti dell’antica Pompei. Erano, perlopiù, monete, dipinti, oggetti metallici e tracce di una taberna e della strada romana antistante il locale.
Uno dei primi monumenti ad essere scoperto fu il Teatro Piccolo, detto anche “Odeion“, che gli archeologici chiamarono “Stabiano“, poiché erano ancora convinti di essere sul luogo dell’antica Stabiae. I primi scavi si svolgevano, prevalentemente, in “spoliazione”, cioè i reperti venivano tolti dal sito e portati presso il museo reale di Portici. Solo undici anni dopo, grazie alla regina Maria Carolina, moglie di Ferdinando I di Borbone, gli scavi vennero ripresi.
Struttura urbana di Pompei
Così venne fuori una prima parte della struttura urbana della città antica e pochi mesi dopo l’anfiteatro, monumento che fece capire agli archeologi che lì doveva esserci una città ricca e fiorente, data l’esistenza di un così importante edificio. I dubbi vennero dissolti quando all’inizio del 1749, fu rinvenuta un’iscrizione che menzionava il popolo di quella città: “ai cittadini di Pompei”.
Gli scavi ebbero un grande impulso solo con Gioacchino Murat, sotto la dominazione napoleonica, il quale oltre a proteggere il sito da saccheggi grazie all’impiego dell’esercito, assoldò fino a 400 uomini per continuare gli scavi. Fu dell’archeologo Giuseppe Fiorelli, dopo il 1860, l’idea di applicare la tecnica dei “calchi”, che consisteva nel riempimento tramite colate di gesso delle impronte dei corpi lasciate dalle vittime dell’eruzione sul terreno coperto dalle ceneri.