Dall’albicocca di Imola alla fragola di Romagna, dal grano Senatore Cappelli alla ciliegia di Cesena fino al maiale mora romagnola, l’alluvione che ha colpito il territorio romagnolo mette a rischio anche la biodiversità, con intere produzioni che sono state cancellate dopo che gli agricoltori erano riusciti in questi anni a salvarle dall’estinzione. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, che si celebra il 22 maggio a Palazzo Rospigliosi a Roma dove sono stati portati i prodotti simboli dell’agricoltura romagnola dove l’alluvione ha devastato oltre 5mila aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole del Paese con una produzione lorda vendibile di circa 1,5 miliardi di euro.
L’alluvione ha sommerso i campi con la perdita di almeno 400 milioni di chili di grano decimando anche le semine del Senatore Cappelli, un grano duro antico che ha più di 100 anni – sottolinea Coldiretti – selezionato nel 1915 dall’agronomo Nazareno Strambelli che lo ha così chiamato in onore del senatore del Regno, Raffaele Cappelli. Una varietà che negli anni 60 ha iniziato a scomparire prima di essere recuperato grazie all’impegno degli agricoltori romagnoli.
Ma l’esondazione ha sommerso – continua Coldiretti – anche i frutteti “soffocando” le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. E tra queste le pesche e le nettarine di Romagna Igp le cui origini risalgono al XIX secolo, ma anche le albicocche Reale e Val Santerno di Imola, due varietà autoctone di grande qualità che già dal 1900 rappresentano una delle principali fonti di reddito per le aziende agricole del territorio e ha senz’altro contribuito ad arginare l’esodo rurale. Minacciata anche la Ciliegia di Cesena, una varietà anch’essa dalle origini antiche e molto amata per il gusto e la consistenza della polpa, così come la fragola di Romagna, i cui campi sono da decenni parte integrante del paesaggio rurale dell’entroterra ed ora sotto finiti sott’acqua.
Preoccupante è la situazione anche per i 250mila bovini, maiali, pecore e capre allevati nelle stalle della Romagna alluvionata dove si contano anche circa 400 allevamenti avicoli, tra polli, galline da uova e tacchini dove secondo la Coldiretti si evidenziano purtroppo diverse situazioni di criticità con migliaia di animali morti e affogati. In pericolo è – sostiene la Coldiretti – l’importante azione di recupero delle razze storiche da parte degli allevatori, dal maiale di mora romagnola ai bovini da carne di razza romagnola, che nel passato avevano rischiato l’estinzione.
Gli effetti dei cambiamenti climatici che si abbattono su un territorio reso più fragile dal consumo di suolo e dalla cementificazione rischiano dunque – sottolinea Coldiretti – di aggravare una situazione che ha già visto in Italia scomparire dalla tavola tre varietà di frutta su quattro. Dalle 8.000 varietà di frutta presenti lungo la Penisola – sottolinea Coldiretti – si è scesi a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 sono considerate in pericolo anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta. Ma la perdita di biodiversità e il rischio di estinzione ha riguardato l’intero sistema agricolo e di allevamento.
Un pericolo – secondo la Coldiretti – per i produttori ed i consumatori per la perdita di un patrimonio alimentare, culturale ed ambientale del Made in Italy, ma anche un attacco alla sovranità alimentare.
E proprio per questo che l’agricoltura italiana ha invertito la rotta negli ultimi anni ed è diventato il Paese più green d’Europa anche grazie alla legge di orientamento approvata nel 2000 che ha favorito la multifunzionalità delle aziende agricole garantendo uno sbocco di mercato alle produzioni agricole con la vendita diretta ai consumatori.
Una opportunità che ha consentito di salvare dall’estinzione attraverso i Sigilli di Campagna Amica ben 418 cibi antichi, grazie alla più grande opera di valorizzazione della biodiversità contadina mai realizzata nel Belpaese Un’azione di recupero importante della biodiversità – continua la Coldiretti – si deve infatti in Italia ai nuovi sbocchi commerciali creati dai mercati degli agricoltori e dalle fattorie di Campagna Amica attivi in tutte le Regioni e che hanno offerto opportunità economiche agli allevatori e ai coltivatori di varietà e razze a rischio di estinzione che altrimenti non sarebbero mai sopravvissute alle regole delle moderne forme di distribuzione, esposti alla mostra mercato internazionale a Palazzo Rospigliosi. Si va dalla Saba, un condimento tipico usato in Emilia Romagna, ottenuto dal mosto appena pronto, al miele di Sulla della Basilicata – spiega Coldiretti – che si ricava dalla Sulla, una pianta leguminosa che in agricoltura viene spesso utilizzata per lasciare a riposo ed arricchire i terreni. Ma ci sono anche le varietà di mais antico, come il corvino dal caratteristico colore nerastro, lo spin o il marano dalle caratteristiche organolettiche e nutraceutiche straordinarie con un contenuto di carotenoidi e più in generale di antiossidanti così elevato da farne degli ottimi alleati per la salute e la lotta all’invecchiamento cellulare.
L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è l’unico Paese al mondo con 5450 prodotti alimentari tradizionali censiti, 319 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini Dop/Igp ma è anche leader in Europa con quasi 80mila operatori nel biologico. Sul territorio nazionale – spiega la Coldiretti – oggi ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole. Senza dimenticare la riscoperta di grani antichi e dei frutti antichi mentre grazie all’impegno dell’Associazione italiana Allevatori (AIA) – continua la Coldiretti – con il Progetto Leo, acronimo di ‘Livestock Environment Opendata’, ad esempio si stanno valorizzando ben 58 razze bovine per un totale di oltre 3 milioni e 130 mila animali, 46 ovine (oltre 52 mila e 800 animali) e 38 caprine (121 mila animali). Un patrimonio messo a rischio dai bassi compensi riconosciuti agli allevatori e dagli attacchi della fauna selvatica che spinge all’abbandono delle aree interne e montane.
“La difesa della biodiversità non ha solo un valore naturalistico ma è anche il vero valore aggiunto delle produzioni agricole Made in Italy,” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini del sottolineare che “investire sulla distintività è una condizione necessaria per le imprese agricole di distinguersi in termini di qualità delle produzioni e affrontare così il mercato globalizzato salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo“.