Soluzioni e “interventi provvidenziali” di salvaguardia dei territori che si sovrappongono da più parti “in modo assolutamente disordinato” e approcci, anche sulle infrastrutture, che non tengono conto della situazione climatica “profondamente cambiata”. Sono per l’Autorità di bacino del Po i nodi da sciogliere per prevenire in modo efficace alluvioni e dissesto idrogeologico.
Per il segretario dell’ente Alessandro Bratti “la situazione attuale è pesantemente inficiata dalla somma delle decisioni spesso non uniformi e coerenti prese in passato che rendono ogni evento tecnicamente ‘straordinario’ “. La priorità, afferma ancora Bratti, è dunque “aumentare la capacità di adattamento dei territori”. In questo quadro, per quanto riguarda i fiumi, “una corretta manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere arginali e un’adeguata gestione dei sedimenti e della vegetazione ripariale è intervento necessario ma non sufficiente”.
Le “arginature sul Po e quelle sugli altri corsi d’acqua padani hanno raggiunto quote limite di altezza non più significativamente aumentabili– continua Bratti– ed emerge la necessità di definire nuovi indirizzi difensivi”. Come? “Invertendo la tendenza che aveva caratterizzato l’epoca in cui molte di queste arginature sono state realizzate (la bonifica dei primi del Novecento) di recuperare più spazio possibile all’agricoltura e allo sviluppo antropico. Oggi bisogna fare un ragionamento alla rovescia: lasciare spazio ai fiumi e laddove possibile sarebbe utile arretrare le arginature, anche creando golene chiuse al pari di quelle presenti sul Po”. Inoltre “servono arginature tracimabili in modo tale che, se superate dalle acque, non collassino”.
Interventi innovativi, continua il segretario dell’Autorità di bacino, “che dovranno essere presi in considerazione nell’immediato futuro, insieme al completamento delle casse di espansione in corso di realizzazione, all’adeguamento dei ponti e delle infrastrutture interferenti e alla delocalizzazione degli edifici e degli insediamenti più critici e di quelli gravemente danneggiati durante gli eventi alluvionali”. C’è infine per Bratti un problema di metodo: “oggi ognuno ha la propria ricetta partendo però dalla difesa del proprio punto di vista”. Invece “ciò che occorre invece è condividere le decisioni, ma partendo da chi ha la competenza tecnica, dagli enti di ricerca, dalle università, dalle Autorità per indirizzare le scelte più corrette”. Perché l’acqua, conclude Bratti, “non ha confini amministrativi e imporli è andare contro natura”.