Giuseppe De Donno, medico e pioniere della terapia con il plasma iperimmune, venne non solo non ascoltato, ma anche osteggiato, anche se il suo studio proponeva un trattamento terapeutico che aveva avuto notevoli risultati per i pazienti affetti da Covid-19. Ebbene, uno studio americano ha confermato la validità della sua brillante intuizione. Il giornale La Verità ha pubblicato i risultati di una ricerca finanziata dal dipartimento della Difesa americano e dai National institutes of health (Nih), l’agenzia governativa che si occupa di ricerca medica.
De Donno aveva sviluppato un percorso terapeutico a basso costo per combattere il Covid-19, come primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. La terapia si basava sostanzialmente sull’inoculazione del plasma “convalescente” in pazienti affetti da Covid-19; il 90% dei casi guarì, un risultato sorprendente. Nonostante i risultati ottimali, venne apertamente osteggiato. In un’intervista pubblicata sul giornale La Verità, il 15 giugno 2020, disse: “La terapia con il plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari. E io sono un medico di campagna, non un azionista di Big Pharma“. Nell’estate del 2021, il professore De Donno si tolse la vita.
La validità della terapia di De Donno per il Covid-19
Come è stato reso noto da La Verità, lo studio americano dimostra la validità della terapia con il plasma e sono due le conclusioni principali che sono state pubblicate su The New England Journal of Medicine (Nejm), che è da annoverare come una delle riviste mediche più autorevoli al mondo. La prima, è che “nei partecipanti, pazienti affetti da Covid-19, la maggior parte dei quali non vaccinati, la somministrazione di plasma convalescente entro 9 giorni dall’insorgenza dei sintomi ha ridotto il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale». La seconda, che i monoclonali «sono costosi da produrre, richiedono tempo per l’approvazione e potrebbero non essere ampiamente disponibili durante le condizioni di picco di Covid-19“.
Inoltre, si legge ancora, il plasma convalescente Covid-19 “non ha limiti di brevetto ed è relativamente poco costoso da produrre, poiché molti singoli donatori possono fornire più unità“, sottolineano i ricercatori, primo fra tutti David J. Sullivan della Bloomberg School of Public Health di Baltimora.
Le conclusioni dello studio americano
Nello studio si legge ancora che il plasma convalescente ha un ruolo fondamentale per ridurre l’infiammazione polmonare in risposta all’infezione da Sars-CoV-2, che è il “motivo più comune per l’ospedalizzazione“. Si sono registrati a tal proposito solamente tre decessi furono registrati in ospedale, in partecipanti trattati con il plasma di controllo. Gli autori dello studio evidenziano che “il siero o il plasma immunitario sono stati usati in modo sicuro per il trattamento di malattie infettive per più di cento anni” e che risultati contrastanti “potrebbero essere dovuti alla mancanza di moderni progetti di studio, a piccole dimensioni del campione” così pure a una “somministrazione troppo tempo dopo l’inizio della malattia“.
Tuttavia, Aifa e Iss invece non evidenziarono alcun beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni. Lo studio americano ha evidenziato tutta la grandezza grande intuizione del professore per la cura dei pazienti Covid-19.