di Alessandro Martelli (esperto di sistemi antisismici, già direttore ENEA) – Noi emiliani, essendo ora comprensibilmente tutti presi dalle notizie riguardanti le disastrose conseguenze delle recenti inondazioni che hanno devastato la nostra Regione, rischiamo di dimenticarci dell’anniversario di un precedente evento calamitoso, di tutt’altra natura, che, pure del tutto inatteso dai più (così come i diluvi dei giorni scorsi), colpi l’Emilia 13 anni fa: mi riferisco alla prima scossa violenta, quella del 20 maggio, del terremoto del 2012.
Il terremoto dell’Emilia del 2012 (di intensità massima della Scala Macrosismica Europea ISME = VIII) consistette in una serie di scosse con epicentri nella Pianura Padana, prevalentemente nelle Province di Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Bologna, oltre che di Mantova e di Rovigo, ma che furono avvertite in tutta l’Italia Centro-Settentrionale ed anche in alcuni Paesi confinanti con l’Italia (Svizzera, Slovenia, Croazia, Austria, Francia Sud-Orientale e Germania Meridionale).
Già tra il 25 e il 27 gennaio si verificarono, nella zona, alcune scosse significative (la parte appenninica delle Province di Reggio Emilia e di Parma fu colpita da terremoti di magnitudo M = 4,9 ed M = 5,4), ma la prima scossa violenta, di magnitudo momento Mw = 5,9, si registrò il 20 maggio, poco dopo le 4:00 del mattino, con epicentro nel Comune di Finale Emilia, in Provincia di Modena (Fig. 1). Essa fu assai superficiale (la profondità ipocentrale, Pip, fu di soli 6,3 km).
Per alcuni giorni la terra non tremò significativamente, ma, il 29 maggio, appena dopo le 09:00 del mattino, si verificò una nuova forte scossa (Mw = 5,8), con epicentro nella zona della Provincia di Modena compresa fra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro, anch’essa alquanto superficiale (Pip = 8,1 km). Anch’essa fu avvertita in tutta l’Italia Settentrionale, in particolare a Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Bologna, Mantova e Rovigo.
Alla scossa suddetta, nello stesso giorno, ne seguirono altre, di cui 3 non trascurabili (M = 5,5, M = 5,0 e M = 4,9). Lo sciame sismico successivo durò fino al 3 giugno, con alcune ulteriori scosse significative: M = 4,0 nel pomeriggio del 31 maggio, con epicentro a Rolo e Novi di Modena; M = 4,2 la sera del 31 maggio, con epicentro a San Possidonio (Modena); M = 5,1 la sera del 3 giugno, con epicentro ancora a Novi di Modena.
Oltre a numerosi sfollati (5.000 dopo la prima scossa), vi furono 7 vittime il 20 maggio e 22 il 29 maggio: 22 furono causate dal crollo di edifici, 3 da infarti o malori e 2 dalle ferite riportate. Le vittime furono soprattutto dipendenti delle aziende i cui capannoni furono distrutti dal sisma.
Le accelerazioni di picco registrate a Mirandola durante le scosse del 20 e del 29 maggio furono di 0,31 g e, rispettivamente, di 0,29 g. Tali valori corrispondono ad eventi caratterizzati, nell’area colpita, da un periodo di ritorno di ben 2.500: le due scosse suddette, dunque, sono da considerarsi eventi assai rari, ma, evidentemente, non impossibili!
Nonostante la loro magnitudo non elevatissima, le scosse sismiche suddette, a causa della notevole superficialità di loro ipocentri e dell’inadeguatezza di tante costruzioni, causarono danni notevolissimi (di vari miliardi di euro). In particolare, è da notare che il terremoto in Emilia è ricordato soprattutto perché esso causò il crollo di parecchi capannoni industriali e ne danneggiò fortemente altri (Figg. 2÷5), uccidendo numerosi addetti (https://www.meteoweb.eu/2021/05/terremoto-dellemilia-del-2012-il-crollo-dei-capannoni/1683656/). Infatti, le scosse del 20 e del 29 maggio 2012 furono sì di notevole violenza, ma ai crolli ed ai danneggiamenti suddetti contribuì certamente il fatto che molti di tali capannoni non solo non erano stati costruiti con criteri antisismici, ma neppure rispondevano alle buone norme che un progettista dovrebbe seguire: infatti, per contenere al massimo i costi di costruzione, le travi poste alla sommità di molti dei capannoni (fortunatamente non tutti) erano semplicemente appoggiate sui pilastri di sostegno (si trattava di strutture a malapena isostatiche).
La scarsa attenzione alla sicurezza sismica di molte strutture in Emilia era dovuta al fatto che molti emiliani ritenevano (a torto) che la loro Regione fosse asismica. In effetti, molti, in Emilia, si erano dimenticati dei terremoti violenti (o, quantomeno, significativi) del passato: rari ed antichi, ma non assenti. Il primo e più importante di tali eventi da ricordare è terremoto di Verona del 3 gennaio 1117, del IX grado della Scala Mercalli nelle aree epicentrali, di Mw = 6,8 e con epicentro della prima scossa tra Zevio e Belfiore, nella campagna veronese. Esso fu il più forte terremoto a verificarsi nell’area padana in tempi storici (Fig. 6). Causò 30.000÷50.000 vittime e gravissimi danni in numerosi centri dell’Italia Settentrionale, inclusa l’Alta Emilia (https://www.meteoweb.eu/2020/12/terremoto-milano-ing-martelli-nessuna-area-italia-totalmente-esente-rischio-sismico-scosse-avvenute-passato-si-verificheranno-nuovamente/1523279/ e https://www.meteoweb.eu/2023/01/anniversari-violenti-terremoti-maremoto-gennaio/1001187003/).
Successivamente, terremoti significativi (anche se assai meno violenti) si erano verificati vicino a Ferrara nel 1346, nel 1561 e nel 1570 (magnitudo stimata Ms = 5,5), nelle zone di Finale Emilia e Bondeno nel 1574, nel 1639, nel 1761, nel 1908 e nel 1986, nonché a Cento nel 1922. Rilevanti erano poi stati il terremoto di Ferrara del 1570 (di magnitudo massima Mmax = 5,4), durato 4 anni, quello del VII÷VIII grado della Scala Mercalli del 1639, con epicentro nei pressi di Finale Emilia, e quello (il più famoso e devastante) del 1504÷1505 (Ms = 5,4), che fece tremare Bologna per mesi (fino al 19 maggio 1505) e causò gravi danni al palazzo dei Bentivoglio ed a varie importanti chiese.
Più recentemente, eventi di bassa magnitudo (ma molto superficiali, Pip = 4 km) si erano verificati nei pressi di Mirandola in aprile-giugno 1987, poi nella Provincia di Reggio Emilia del 15 ottobre 1996 (M = 4,8). Quest’ultimo aveva causato crolli e gravi danneggiamenti di strutture in muratura, in particolare di campanili (https://www.meteoweb.eu/2021/06/terremoti-e-isolamento-sismico-i-dispositivi-per-la-protezione-di-costruzioni-di-interesse-storico-artistico/1691315/ e https://www.ingenio-web.it/articoli/le-moderne-tecnologie-antisismiche-usate-per-adeguare-e-ricostruire-il-patrimonio-storico-artistico/, Figg. 7 e 8).
Come, peraltro, fu sottolineato da Meteoweb il giorno dopo la prima scossa del 20 maggio 2012 (https://www.meteoweb.eu/2012/05/terremoti-intervista-ad-alessandro-martelli-enea-lo-diciamo-da-tempo-lestremo-sud-e-ad-alto-rischio/134965/), ricordo che il terremoto in Emilia era stato “previsto”, nel senso che, grazie ai cosiddetti “esperimenti di previsione” (sviluppati in diversi Paesi e, in Italia, dall’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e dall’Università di Trieste), già mesi prima del terremoto si era stimato essere molto probabile il verificarsi di un evento di M > 5,4 nel Nord Italia (area successivamente ritenuta da ristringere, con tutta probabilità, all’Emilia, a seguito degli eventi di inizio anno) e che, già in marzo 2012, era stato lanciato un allarme alle autorità competenti, tra cui la Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile.
Infine, per evitare ulteriori disastrose di eventi calamitosi, per l’ennesima volta, chiedo, a chi non lo avesse ancora fatto, di firmare e far firmare la petizione “Che si inizino finalmente ad attuare serie politiche di prevenzione dai rischi naturali!” (https://chng.it/4RKbRXvW), da me lanciata alla fine del 2020: le firme sono già 998, molto vicine, quindi, al traguardo di 1.000!