La terribile eruzione del vulcano Hunga Tonga del gennaio 2022 nell’Oceano Pacifico, la più violenta eruzione sottomarina della storia, è arrivata a disturbare persino i satelliti situati dall’altra parte del globo: oltre a creare importanti disturbi atmosferici che hanno viaggiato per migliaia di chilometri e alla nascita di una isoletta nel giro di 11 ore, infatti, l’eruzione ha causato una bolla di plasma che si è propagata nella parte alta dell’atmosfera, la ionosfera, interrompendo i segnali satellitari sopra l’Asia.
Questa notizia arriva in seguito ad uno studio guidato dalla giapponese Nagoya University e pubblicato sulla rivista Scientific Reports, che consentirà di comprendere come prevenire problemi ai satelliti dovuti a eventi di questo tipo. La ionosfera è la fascia dell’atmosfera terrestre, estesa fra i 60 e i 1.000 chilometri di altitudine, dove le molecole e gli atomi vengono trasformati in ioni elettricamente carichi dalla radiazione solare.
Lo studio degli effetti dell’eruzione dell’Honga Tonga
La zona con la più alta concentrazione di queste particelle ionizzate è compresa tra 150 e 800 chilometri e svolge un ruolo cruciale nelle comunicazioni radio a lunga distanza utilizzate, ad esempio, dai sistemi GPS. Ritorna ad avere forza l’ipotesi sostenuta da diverso tempo, secondo la quale i fenomeni vulcanici possano influenzare queste zone atmosferiche, e partendo da essa i ricercatori guidati da Atsuki Shinbori hanno colto al volo l’opportunità offerta dall’eruzione del Tonga per mettere alla prova questa teoria.
Grazie a osservazioni condotte da satellite e da terra, gli autori dello studio hanno scoperto la formazione di una struttura irregolare nella ionosfera, una bolla di plasma, dopo l’arrivo delle onde d’urto generate dall’eruzione. Ma i dati raccolti hanno riservato anche una sorpresa: alcune irregolarità nella ionosfera sono iniziate in anticipo, da pochi minuti a diverse ore, rispetto all’esplosione vera e propria. Ciò potrebbe avere implicazioni importanti, perché potrebbe voler dire che i modelli che descrivono la propagazione di queste onde nell’alta atmosfera hanno bisogno di essere rivisti.