Nella sera di ieri, domenica 28 maggio, il forte vento provocato da un temporale sul Lago Maggiore ha fatto rovesciare una barca con 25 persone a bordo, causando la morte di 4 persone, tra cui due membri dell’intelligence. La notizia ha lasciato sotto shock l’Italia e scatenato la polemica sull’allerta meteo. In realtà, l’allerta meteo per forti temporali nell’area era stata diramata per tempo. Inoltre, gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione oggi avrebbero permesso di prevedere che la situazione sarebbe stata critica dal punto di vista meteo e che quindi sarebbe stato meglio non intraprendere attività all’aperto.
In particolare, le immagini radar (vedi video in alto) mostrano chiaramente l’intenso nucleo temporalesco spostarsi da est verso ovest già a partire dalle ore 17, quindi circa due ore prima della tragedia, che si sarebbe potuta dunque evitare. Il radar meteo, infatti, è il migliore strumento per conoscere in tempo reale l’entità, la consistenza e l’intensità delle precipitazioni in atto, di qualsiasi tipo siano (pioggia, grandine, neve, pioggia ghiacciata), valutandone tutti i parametri e quindi prevedendo in tempo utile gli effetti e le conseguenze sul territorio. I forti temporali della zona ieri hanno scatenato fenomeni estremi con una raffica di 78km/h a Dormelletto e 52mm di pioggia a Varese.
Un downburst la causa dell’incidente
Contrariamente a quanto viene riportato, a causare l’incidente non è stata una tromba d’aria, ma un downburst. I due fenomeni sono spesso confusi, ma si tratta in realtà di fenomeni molto differenti tra di loro. Con il termine downburst s’intende una forte corrente d’aria fredda discendente che si instaura all’interno di un sistema temporalesco che ha raggiunto la fase di maturazione, apportando forti rovesci di pioggia e anche grandinate. Il downburst corrisponde ad un forte “downdraft“, ovvero una colonna d’aria in rapida discesa che però incontra la superficie del suolo perpendicolarmente tendendo poi ad espandersi orizzontalmente (divergenza) in tutte le direzioni. Molto spesso la violenta espansione, paragonabile ad un improvviso scoppio (burst), spesso produce un vortice rotante o un anello di vento entro il quale si generano dei flussi di vento lineare ad elevata velocità ma di opposte direzioni, con notevoli turbolenze e componente piuttosto irregolare e rafficata. I downburst sono all’origine dei violenti colpi di vento che molto spesso accompagnato il passaggio di un intenso fronte temporalesco, specie durante il periodo primaverile ed estivo.
Tale differenza barica genera un intenso e turbolento flusso d’aria verso l’esterno che serve a bilanciare la pressione. In genere, in presenza di fortissimi “updrafts” l’aria trasportata dalle correnti ascensionali riesce a raggiungere la parte sommitale del cumulonembo (l’incudine), ghiacciandosi e divenendo molto più pesante e gelida rispetto le masse d’aria circostanti. Si forma cosi una sacca d’aria molto fredda e pesante che con il supporto della forza gravitazionale tende a ridiscendere molto rapidamente verso la base del cumulonembo impattando col suolo tramite le precipitazioni.
Una volta raggiunto il terreno le forti raffiche di vento originate divergono dal punto di impatto determinando delle forti e alle volte violente raffiche di vento con velocità e direzione mutevole a seconda delle zone. Questi sono i classici downburst che si manifestano dentro le fitte bande di pioggia e grandine che dalla base della nuvola temporalesca cadono verso il suolo. Nella maggior parte dei casi i downburst si presentano con maggiore vigore sul bordo avanzante della Cellula temporalesca o delle varie Celle.
Di solito le forti raffiche di vento che scendono dalla base del cumulonembo, con punte di oltre i 100-120 km/h, possono causare danni molto ingenti alle strutture e abitazioni, tanto da essere erroneamente identificati, in particolare dai media (TG nazionali, testate giornalistiche), come delle trombe d’aria o addirittura dei veri e propri tornado, specie se nel lato anteriore del sistema temporalesco sia presente una “Roll Cloud” (nube accessoria dalla forma di rullo) che potrebbe far pensare all‘insorgenza di un fenomeno vorticoso. I downbursts possono verificarsi anche con rovesci non accompagnati da attività elettrica, inoltre a differenza delle trombe d’aria il downburst produce venti a linea retta (frequenti nelle Squall Line e Supercelle) i quali non sono accompagnati da moti rotatori, per questo non è tanto difficile confonderli con qualsiasi altro tipo di fenomeno vorticoso.
Bisogna poi tenere conto che questi fortissimi colpi di vento, quando raggiungono il terreno, sono caratterizzati da un prevalente divergenza e si estendono “orizzontalmente” su una larga fetta di territorio, mentre le trombe d’aria e i tornado causano una forte convergenza su un’area piuttosto ristretta. Inoltre nei downbursts il vento spira attorno una direzione (linea retta), difatti dopo il loro passaggio si possono osservare alberi, cartelloni pubblicitari e pali della pubblica illuminazione divelti o sradicati verso un’unica direzione, cosa che non può avvenire con i tornado e le più classiche trombe d’aria.
Oltre ai downburst “tradizionali”, appena descritti, esiste un’altra variante, quella dei downburst secchi (dry downdraft) che si originano solo in determinate situazioni. Questa variante, a causa delle scarse precipitazioni e della presenza di aria secca, non è ben identificabile, se non per qualche virga isolata, che rappresenta delle fasce di precipitazioni che prima di toccare il suolo evaporano in strati d’aria molto secca.
Ciò può capitare nel cuore della stagione estiva sulle nostre regioni, durante la fine delle intense ondate di calore provenienti dal Sahara occidentale, quando leggere infiltrazioni di aria umida oceanica in alta quota transitano sopra la bolla d’aria calda e secca (aria di tipo sub-tropicale continentale africana), innescando una discreta attività termoconvettiva avara di precipitazioni visto l’aria molto secca nei bassi strati (temporali di calore senza piogge). I dry downburst si localizzano in cumulonembi a base alta (tipici durante le avvezioni calde dal nord-Africa), con aria secca sottostante che provoca scarse o nulle precipitazioni ma intensi downdrafts che si generano all’interno delle fasce di pioggia che vanno rapidamente ad evaporare ancor prima di raggiungere il suolo.
Per convenzione i downburst si possono suddividere in due differenti tipologie: i “microburst” e i “macroburst”. Il “microburst” non è altro che un downburst molto limitato che interessa un’area non più larga di 4-5 chilometri. Spesso è molto più violento del “macroburst” è può persistere per più di 10 minuti con venti devastanti che possono raggiungere picchi estremi di 250-270 km/h. Il ciclo di vita di un “microburst” è di solito tra i 15 e i 20 minuti.
Si trovano nelle aree interessate da forti rovesci di pioggia e intense fulminazioni. A volte in alcuni temporali molto forti si possono presentare più microburst che accompagnano l’avanzata del fronte temporalesco. I microbursts in genere prevalgono nelle Cellule temporalesche singole. Il macroburst invece è un downburst in larga scala che si espande orizzontalmente per oltre 4-5 chilometri. Può essere prodotto da vari downdrafts e nei casi più estremi può persistere per oltre 30 minuti raggiungendo velocità di oltre i 180-200 km/h, cagionando innumerevoli danni materiali. A differenza dei microburst i macroburst prevalgono nelle Squall Line (di tipo pre-frontale o frontale) in cui le Celle temporalesche sono praticamente affiancate tra di loro, in modo tale che i downbursts copriranno un’area molto più vasta.