“Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello“. “Dal quarto stadio non si torna indietro“. Così la scrittrice Michela Murgia, in un’intervista al Corriere della Sera, rivela di avere un carcinoma renale in stadio avanzato. Murgia aveva già avuto un cancro “a un polmone” anni fa, ma “era uno stadio precocissimo“. “Stavolta il cancro era partito dal rene. Ma a causa del Covid avevo trascurato i controlli – dice – Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti“.
“Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono“, afferma Murgia sostenendo di non voler utilizzare un “registro bellico“. “Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere – afferma – Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto o l’alieno“. Definirlo così “sarebbe come sentirsi posseduta da un demone“. “Meglio accettare che quello che mi sta succedendo faccia parte di me – afferma – La guerra presuppone sconfitti e vincitori; io conosco già la fine della storia, ma non mi sento una perdente. La guerra vera è quella in Ucraina. Non posso avere Putin e Zelensky dentro di me“. “Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista“, dichiara la scrittrice che si definisce di sinistra. Non ha paura della morte, “spero solo di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio“, “perché il suo è un governo fascista“, accusa.
“Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Volevo anche andare in Corea – racconta Murgia – Forse ci andrò quando disperderanno le mie ceneri nell’oceano, a Busan“. Non si sente sola. “Ho dieci persone. La mia queer family“. “Ho comprato casa con dieci posti letto dove stare tutti insieme – racconta – Ho fatto tutto quello che volevo. E ora mi sposo“. Sposerà “un uomo, ma poteva essere una donna“. “Lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni, ma non mi sto sposando solo per consentire a una persona di decidere per me“, precisa. “Posso sopportare molto dolore, ma non di non essere presente a me stessa. Chi mi vuole bene sa cosa deve fare. Sono sempre stata vicina ai radicali, a Marco Cappato“. La scrittrice afferma di avere “quattro figli“, “sono figli d’anima. Il più grande ha 35 anni, il più piccolo venti“. “È insensato dire che di madre ce n’è una sola, la maternità ha tante forme“.