Un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università dell’Aquila ha coordinato un importante studio che chiarisce il meccanismo di una delle reazioni fondamentali per la vita sulla Terra: l’ossidazione dell’acqua indotta dalla luce, parte del processo metabolico di fotosintesi clorofilliana nelle piante. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature il 3 maggio. La reazione di ossidazione dell’acqua indotta dalla luce è spesso considerata il vero e proprio “motore” della fotosintesi, in quanto responsabile della conversione dell’energia luminosa nell’energia chimica che viene immagazzinata nei tessuti della pianta. Il sottoprodotto di questa reazione, l’ossigeno, è la molecola che ha permesso lo sviluppo della vita sulla Terra così come la conosciamo. La complessità di tale processo ha fatto sì che, nonostante i decenni di attenzione da parte della comunità scientifica, il meccanismo molecolare alla base di esso non fosse stato ancora chiarito. In particolare, le discrepanze tra i dati derivanti dalle osservazioni sperimentali e le precedenti simulazioni teoriche hanno messo a lungo in evidenza la mancanza di una comprensione globale del fenomeno.
Nello studio appena pubblicato su Nature, i dati computazionali ottenuti dalle simulazioni del gruppo del prof. Leonardo Guidoni del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università dell’Aquila hanno fornito la chiave di interpretazione di una grande mole di dati sperimentali, prodotti dal team del prof. Holger Dau della Freie Universität di Berlino. Tale sinergia ha permesso, per la prima volta, di chiarire le basi molecolari della reazione di ossidazione dell’acqua, arrivandone a definire il meccanismo nella sua interezza, e evidenziandone gli aspetti chimici più peculiari.
“Tra tutti gli aspetti stupefacenti di questa reazione ce n’è uno che abbiamo trovato particolarmente curioso” racconta Matteo Capone, ricercatore post-doc che si è occupato della produzione dei dati computazionali che ha prodotto durante il suo dottorato di ricerca in Matematica e Modelli presso il DISIM. “La natura ha costruito un enzima grande e complesso, ottimizzato per portare a termine una reazione estremamente impegnativa dal punto di vista energetico. Alla fine, però, quello che permette il successo della reazione è il posizionamento corretto dei protoni – semplici ioni dell’atomo di idrogeno – all’interno dell’enzima stesso. Oggetti di massa piccolissima, al limite del mondo subatomico, che potremmo facilmente considerare dei semplici spettatori. Ma dopotutto, come si dice, il diavolo sta nei dettagli”.
La ricerca appena pubblicata vede anche il contributo del Dr. Daniele Narzi, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Chimica dell’Università degli Studi dell’Aquila. Il ricercatore, rientrato in Italia nel 2019 grazie al programma di attrazione dei ricercatori PON-AIM dopo un periodo pluriennale di ricerca all’estero, spiega: “La comprensione dei meccanismi molecolari alla base della fotosintesi clorofilliana è di primario interesse, non solo per l’importanza di questo fenomeno naturale alla base della vita sulla Terra, ma anche perché può fungere da ispirazione per lo sviluppo di tecnologie atte alla conversione dell’energia solare in carburanti green con un impatto ambientale potenzialmente prossimo allo zero”.
“Questo risultato, insieme a altre importanti pubblicazioni passate, è frutto di un lavoro decennale del nostro gruppo e del gruppo del Prof. Holger Dau della Freie Universität di Berlino” ha commentato Leonardo Guidoni, professore ordinario che ha coordinato i lavori del team dell’Università degli Studi dell’Aquila. “Rappresenta non solo un importante passo avanti nello stato dell’arte, ma anche il valore dell’ateneo aquilano nel panorama scientifico internazionale. Abbiamo collaborato con un team di eccellenza di un’università estera, e prodotto risultati competitivi a livello internazionale. Questo è stato possibile anche grazie alla presenza di un ecosistema scientifico europeo altamente funzionale che ci ha permesso di usufruire dei supercomputer più potenti d’Europa attraverso bandi PRACE e dell’infrastruttura all’avanguardia del centro di calcolo italiano del CINECA”.
Un importante risultato ed una grande soddisfazione per i ricercatori coinvolti. Con questo riconoscimento l’Università degli Studi dell’Aquila rafforza la sua rilevanza come centro di riferimento italiano e europeo nel campo della Chimica Computazionale e nel Calcolo ad Alte Prestazioni.