Attraverso l’applicazione di una tecnica sismologica denominata Tomografia Sismica, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha fornito una rappresentazione omogenea della struttura tridimensionale dell’intera regione italiana fino alla profondità di 80 km, così da migliorare la comprensione della nascita e dell’evoluzione delle catene montuose Alpina e Appenninica. I risultati dello studio “Lithosphere Structure, Processes, and Physical State of the Alpine-Apennine System” sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Journal of Geophysical Research”.
“La formazione delle catene montuose è il risultato dello scontro tra le placche tettoniche in cui è suddivisa la litosfera, ovvero la parte più superficiale, fredda e rigida del nostro pianeta”, spiega Pasquale De Gori, ricercatore dell’INGV. “La definizione spaziale, laterale e in profondità dei limiti di queste strutture, il cui reciproco movimento ha dato vita all’assetto attuale della penisola italiana, risulta quindi fondamentale per definire la sua evoluzione geodinamica”.
Le placche tettoniche sono in perenne e lento movimento e il processo di collisione a cui sono soggette determina lo sprofondamento di ampie porzioni di volumi della litosfera all’interno del mantello terrestre (subduzione).
“Il fenomeno della subduzione causa importanti variazioni dello stato chimico e fisico dei volumi di roccia che rispondono in maniera differente alle sollecitazioni elastiche”, prosegue Pio Lucente, anch’egli ricercatore dell’INGV. “Un modo per studiare queste eterogeneità è quello di calcolare come varia la velocità di propagazione delle onde sismiche da cui sono attraversate in seguito alla genesi di un terremoto”.
Attraverso l’utilizzo della Tomografia Sismica, una tecnica analoga alla Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) che si usa in ambito medico, è stato possibile determinare come si propagano le onde sismiche P (onde compressionali) e S (onde trasversali) al di sotto della penisola italiana, individuando le zone ‘veloci’, cioè associate a rocce dense e fredde, e quelle “lente”, composte da rocce meno dense e più ‘calde’. Attraverso l’analisi delle onde P e S generate da un terremoto, la tomografia sismica consente quindi di ottenere immagini tridimensionali dell’interno della Terra, così come la TAC medica consente di ricostruire l’interno del corpo umano attraverso l’utilizzo dei raggi X.
“Partendo dalla registrazione dei terremoti rilevati dalle stazioni della Rete Sismica Nazionale dell’INGV, in aggiunta a quelle di un’ulteriore rete sismica molto densa installata prevalentemente nell’arco Alpino nell’ambito del progetto europeo AlpArray, abbiamo elaborato modelli tomografici in grado di descrivere la propagazione delle onde all’interno della litosfera e di fornire una rappresentazione omogenea della struttura tridimensionale dell’intera regione italiana”, aggiunge Irene Menichelli, dottoranda in Scienze Geologiche presso l’Università di Roma Tre in collaborazione con l’INGV e prima autrice dello studio, che continua “è stato così possibile evidenziare come le Alpi derivino dalla subduzione della placca europea al di sotto di quella africana, mentre la placca adriatica si immerge nel mantello terrestre al di sotto della catena appenninica. Proprio le geometrie e le variazioni laterali delle placche litosferiche ricostruite attraverso le immagini tomografiche hanno consentito di determinare le caratteristiche della subduzione al di sotto dell’orogene alpino. Il dettaglio delle immagini tridimensionali ottenute ha permesso di distinguere la natura della litosfera in subduzione, ossia se trattasi di litosfera continentale o oceanica, e di evidenziare l’insorgenza di un processo di progressivo sprofondamento della porzione più profonda e densa della litosfera continentale adriatica al di sotto della catena appenninica, un processo geodinamico noto come ‘delaminazione’. Inoltre, l’analisi comparata dei modelli di velocità delle onde P e S, consente di individuare i volumi, all’interno della litosfera, dove si accumulano componenti fluidi, che hanno un ruolo molto importante nell’evoluzione dei processi sismogenetici”, conclude la ricercatrice.