Il 40% della Terra cambierà zona climatica entro il 2100

Entro il 2100 il riscaldamento globale potrebbe causare variazioni così importanti di temperatura e precipitazioni a livello locale da costringere a ridisegnare la mappa delle zone climatiche su quasi la metà delle terre emerse del Pianeta
MeteoWeb

Entro il 2100 il riscaldamento globale potrebbe causare variazioni così importanti di temperatura e precipitazioni a livello locale da costringere a ridisegnare la mappa delle zone climatiche su quasi la metà delle terre emerse del Pianeta, con i cambiamenti più significativi rilevabili ai poli, in Europa e in Nord America. Lo indicano le simulazioni pubblicate sulla rivista Earth’s Future da un team internazionale coordinato dalla George Mason University in Virginia. I ricercatori sono partiti dalla mappatura delle zone climatiche ideata a fine Ottocento dai climatologi tedeschi Wladimir Köppen e Rudolf Geiger, che classificava le diverse regioni della Terra in cinque tipologie differenti (clima tropicale, arido, temperato, boreale, glaciale) in base a temperature, precipitazioni e stagioni.

Simulando i cambiamenti previsti al 2100 con i modelli climatici più aggiornati, emerge che fino al 40-50 per cento delle terre emerse potrebbe ritrovarsi proiettato in una nuova zona climatica, con pesanti conseguenze per l’agricoltura, la diffusione di malattie e la sopravvivenza di molte specie. Secondo l’analisi, il clima tropicale potrebbe espandersi dal 23% al 25% delle terre emerse, mentre le zone aride salirebbero dal 31 al 34 per cento.

Cambiamenti molto evidenti sono attesi nelle zone climatiche fredde di Europa e Nord America, che potrebbero scivolare in una nuova zona climatica rispettivamente con l’89% e il 66% del loro territorio. I cambiamenti più drammatici potrebbero interessare invece la zona polare, che agli inizi del Novecento rappresentava l’8% delle terre emerse mentre oggi si è già ristretta al 6,5%. “Dall’inizio del XX secolo, la Terra ha già visto cambiare la classificazione climatica del 14,77% delle sue terre, con i cambiamenti più significativi osservati in Nord America, Europa e Oceania”, sottolineano i ricercatori.

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