Greenpeace, il rapporto “Mare Caldo”: “temperature dei mari in aumento e flora e fauna a rischio”

Nel rapporto “Mare Caldo” di Greenpeace, spiccano i dati delle aree marine di Portofino e dell'Isola d'Elba, con anomalie di 2°C tra giugno e settembre 2022
MeteoWeb

Mari più caldi, flora e fauna a rischio estinzione e pericolo elevato di eventi climatici estremi. Sono i risultati del rapporto di Greenpeace Italia “Mare Caldo”, condotto dalle ricercatrici del Dipartimento di scienze della terra, dell’ambiente e della vita (Distav) dell’Università di Genova, per monitorare gli impatti della crisi climatica sui mari italiani. A richiamare l’attenzione sono soprattutto le aree marine di Portofino e dell’Isola d’Elba dove, nei mesi tra giugno e settembre 2022, sono state registrate anomalie termiche fino a 2°C in più a 10-15 metri di profondità rispetto alle medie mensili degli anni precedenti.

Il progetto Mare Caldo, arrivato al terzo anno, lancia però un allarme generalizzato. “Gli effetti della crisi climatica e delle anomalie termiche sono evidenti in tutte le aree di monitoraggio, indipendentemente dalla localizzazione geografica o dal livello di conservazione dei siti“, ha dichiarato Alessandro Giannì, responsabile delle campagne di Greenpeace Italia. “Il nostro mare sta pagando un prezzo elevato: diventa sempre più povero ma anche sempre più pericoloso, perché il calore che si accumula in mare contribuisce ad alimentare fenomeni climatici sempre più estremi”, ha aggiunto. “L’aumento delle temperature sta causando drammatici cambiamenti nella biodiversità marina, dalla scomparsa delle specie più sensibili caratteristiche del nostro mare all’invasione di altre, spesso aliene, che meglio si adattano a un mare sempre più caldo“, ha dichiarato Monica Montefalcone, ricercatrice del Seascape Ecology Lab del Distav che ha realizzato il rapporto Mare Caldo. Sul versante Adriatico, ad esempio, nell’area marina protetta di Miramare, a Trieste, sono stati registrati eventi di moria di massa del mollusco bivalve Pinna nobilis, che ha coinvolto tutte le popolazioni mediterranee di questa specie a partire dal 2018.

Nei primi tre anni del progetto sono stati analizzati oltre un milione di dati di temperatura in nove aree di studio, dove sono stati osservati diversi periodi particolarmente caldi. In tutte le aree monitorate sono stati osservati segni di sbiancamento e necrosi in varie specie, come le gorgonie, attribuibili al riscaldamento delle acque.

Per arginare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico sui nostri mari, Greenpeace propone un approccio integrato. Da una parte le strategie per aumentare la resilienza degli ecosistemi marini come una più attenta gestione delle attività umane (pesca, turismo, urbanizzazione, sviluppo costiero, ecc.) che possono avere un impatto locale, anche grazie all’istituzione di aree marine protette. Dall’altra un cambio di rotta generale attraverso l’adozione di politiche climatiche ed energetiche in grado di abbattere velocemente le emissioni di gas serra.

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