Un team di ricerca dell’Instituto de Salud Global di Barcellona ha analizzato due dei maggiori inquinanti nell’atmosfera concludendo che, ad esempio, nel caso delle polveri sottili PM2,5. Il dato allarmante è che l’attività domestica contribuisce per oltre il 22% alla mortalità nelle 857 città prese in esame. A causa del rilascio nell’atmosfera di NO2, il biossido di azoto, generato principalmente dall’uso di combustibili fossili, i trasporti risultano i maggiori responsabili di quasi il 50% dei decessi, seguiti dall’industria e dal settore energetico.
Le conclusioni di questa ricerca sono state pubblicate su The Lancet Public Health, e mostrano grandi differenza tra le diverse città considerate, suggerendo che, dato che ognuna ha le sue particolarità e le sue fonti di inquinamento atmosferico, le strategie per migliorare la qualità dell’aria dovrebbero essere adattate a ciascun contesto locale.
Le attività domestiche più inquinanti sono legate al riscaldamento e all’uso di fornelli, soprattutto nelle città dove predominano il gas e il carbone. Anche l’industria è uno dei principali inquinanti, soprattutto nella capitale portoghese. Insieme ad Amsterdam, Lisbona risente del traffico delle navi da crociera e degli aerei, con l’aeroporto situato all’interno della città.
Gli effetti mortali dell’inquinamento
Secondo i ricercatori, il maggior contributo alla mortalità da PM2,5 è rappresentato dalle emissioni da fonti residenziali, con un contributo medio in tutte le città del 22,7%. Al secondo posto c’è il settore agricolo, che contribuisce in media al 18% della mortalità da PM2,5, seguito dall’industria (13,8%), dai trasporti (13,5%), dal settore energetico (10%), dalle fonti naturali (8,8%) e dal trasporto marittimo (5,5%).
“Se consideriamo il NO2 e PM2,5 insieme, il traffico rimane il principale responsabile della cattiva qualità dell’aria e della mortalità associata. Tuttavia, se consideriamo esclusivamente la mortalità legata al PM2,5, notiamo il contributo significativo da parte del settore residenziale e dell’agricoltura“, ha osservato Sasha Khomenko dell’ISGlobal.