Secondo il rapporto Noi Italia 2023 dell’ISTAT, rispetto a gennaio 2021, la popolazione continua a tendere a invecchiare con un aumento di 5,0 punti percentuali, raggiungendo al 1 gennaio 2022 quota 187,9 anziani ogni cento giovani. Questi dati confermano la crescita costante dell’indice, un incremento che dura da venti anni a questa parte. Nel 2022, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente in Italia è di 80,5 anni per i maschi e di 84,8 per le femmine. L’indicatore, per entrambi i generi, dopo aver raggiunto il picco massimo nel 2019 e un decremento nel 2020, fa segnare un lieve recupero per gli anni 2021 e 2022, attestandosi su livelli simili a quelli del 2017.
I matrimoni celebrati nel 2021 sono 180.416, in netta ripresa rispetto all’anno precedente in cui, a causa della pandemia da COVID-19, molte coppie erano state costrette a rinviare le proprie nozze. Nonostante l’86,3% in più di nozze celebrate nel 2021, l’incremento non è sufficiente a recuperare la perdita registrata nel 2020. Rispetto al 2019, infatti, la variazione è ancora negativa (-2,0%). Il quoziente di nuzialità, che nel 2020 era pari a 1,6 matrimoni per mille abitanti, torna allo stesso valore registrato nel 2019 (3,1).
L’andamento demografico registrato dal rapporto: le separazioni e i divorzi
Nel 2021, le separazioni sono state complessivamente 97.913 (+22,5% rispetto al 2020). Nello stesso anno, i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2019 e il 16,0% in meno nel confronto con il 2016, anno di massimo relativo (99.071 divorzi) legato all’entrata in vigore (a maggio 2015) della legge sul “divorzio breve“.
Al 1 gennaio 2022, risiedevano in Italia circa 5 milioni di cittadini stranieri, che rappresentano l’8,5% del totale dei residenti. C’è stata una diminuzione di 141 mila unità (-2,7%), di cui circa 41 mila da imputare al saldo naturale e migratorio negativo e altre 100 mila non censite, nel 2021. All’inizio del 2022, in Italia, sono regolarmente presenti 3.561.540 cittadini non comunitari, dei quali il 65,8% ha un permesso di soggiorno di lungo periodo.
Il tasso di disoccupazione e di inattività
Nel 2021, i nuovi permessi di soggiorno rilasciati a cittadini non comunitari sono stati quasi 242 mila, con un aumento del 127% rispetto al 2020, quando, a causa del COVID-19, si era registrato il minimo storico dei nuovi ingressi nel nostro Paese. I motivi prevalenti dei nuovi ingressi sono il ricongiungimento con la famiglia (50,9%) e i motivi di lavoro (21,1%). Questi ultimi sono quelli che hanno fatto registrare il più forte incremento rispetto al 2020 (+394,5%), a seguito del provvedimento di regolarizzazione emanato nel 2020 (art. 103 del D.L. 34/2020), tornando cosi’ a superare, come non accedeva più dal 2014, le richieste di asilo e protezione internazionale (12,8 %).
Nella partecipazione al mercato del lavoro, permangono ancora delle differenze tra italiani e stranieri. Nel 2022, il tasso di occupazione degli stranieri tra i 20 e i 64 anni si riavvicina a quello dei coetanei italiani per la sua crescita più intensa (rispettivamente +2,8 punti percentuali e +2,0 punti), risultando ancora inferiore a quello degli autoctoni (il 64,2% contro il 64,9%). In maniera simile, il tasso di disoccupazione diminuisce maggiormente per gli stranieri (-2,4 rispetto a -1,3 punti), ma gli stranieri continuano a presentare un valore dell’indicatore significativamente più elevato (12,0%) rispetto a quello degli italiani (7,6%). Il tasso di inattività (15-64 anni) per gli stranieri (31,2%) resta invece inferiore rispetto a quello degli autoctoni (34,8%), con differenze più marcate nel Mezzogiorno.
L’abbandono scolastico
In Italia, nel 2022, la percentuale di giovani d’età tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato precocemente gli studi è dell’11,5%. Praticamente uno su dieci. Nel Mezzogiorno, l’incidenza raggiunge il 15,1%. Nel 2021, in Italia, la spesa pubblica per l’istruzione rappresenta il 4,1% del Pil, a fronte di una media Ue del 4,9%. Nel 2022, la quota di adulti con, al più, la licenza media, è stimata al 37,4%. La quota è maggiore nella componente maschile (40,1%), rispetto a quella femminile (34,8%).
Prendendo come riferimento lo scorso anno, in Italia i giovani tra i 30 e i 34 anni con un titolo di studio terziario sono il 27,4%. Quelli tra i 25 e i 34 anni sono il 29,2%. In entrambe le classi di età, Il divario di genere è molto ampio e a favore delle donne. Ancora, i Neet (i giovani che non lavorano e non studiano) sono stimati al 19,0% della popolazione d’età tra i 15 e i 29 anni. Nel Mezzogiorno, l’incidenza è doppia rispetto al Centro-Nord. Nel 2022, la partecipazione degli adulti alle attività formative interessa il 9,6% della popolazione d’età tra i 25 e i 64 anni. La quota resta stabile, rispetto al 2021, anno nel quale si è registrato un importante aumento dopo il significativo calo del 2020, dovuto certamente alle limitazioni governative agli spostamenti e alle attività imposte per arginare la pandemia COVID-19.