Per contrastare l’epidemia di obesita’ in atto non dobbiamo fare solo attenzione agli alimenti che mettiamo nel piatto o alle bibite che versiamo nel bicchiere. Ma anche alle confezioni all’interno delle quali il cibo viene venduto. Le bustine che avvolgono le merendine, le bottiglie che contengono l’acqua, le vaschette e le pellicole in cui viene messa la carne: sono solo alcuni esempi di prodotti di uso comune, con cui entriamo a contatto ogni giorno, tra i responsabili della nostra esposizione ai “distruttori obesogeni”.
Si tratta dei cosiddetti interferenti endocrini, sostanze capaci di influenzare la normale attivita’ del sistema endocrino, l’apparato che produce gli ormoni, e che si trovano praticamente ovunque intorno a noi. Non solo nel cibo e nell’acqua che beviamo, ma anche nell’aria che respiriamo, nei vestiti che indossiamo, nei detergenti con cui ci laviamo e cosi’ via. A puntare i riflettori sul ruolo dei “distruttori obesogeni” sono stati gli specialisti dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS). “I distruttori obesogeni hanno la capacita’ di interagire con i meccanismi che portano all’obesita’ a piu’ livelli”, spiega Vincenzo De Geronimo, Coordinatore Commissione Farmaci AME.
L’epidemia di obesità
“Sono capaci di interferire con i centri regolatori della fame-sazieta’, con il metabolismo degli zuccheri, con la biologia delle cellule adipose e di quelle muscolari, con il microbioma intestinale. E lo fanno – continua – entrando in competizione o in contrasto con gli estrogeni e gli androgeni e attivando recettori e vie enzimatiche legate alla crescita e proliferazione delle cellule del grasso. Effetti sono stati riscontrati anche sulle cellule del cervello”. Negli anni le agenzie regolatorie hanno normato la progressiva riduzione dell’esposizione ambientale a molte di queste sostanze, quando non addirittura lo stop definitivo al loro utilizzo. Queste azioni sono state adottate all’interno delle democrazie occidentali e molto meno nei paesi con equilibri politici ed economici piu’ fragili.
“Cio’ ha ridotto indubbiamente il nostro cosiddetto ‘inquinamento di prossimita” – evidenzia De Geronimo – ma non ci protegge da forme di bioaccumulo e danno biologico conseguenti all’inquinamento e alla contaminazione di cibi e oggetti di uso comune che si realizzano lontano da noi e che, successivamente, importiamo”. La lista dei prodotti responsabili dell’esposizione dannosa agli interferenti endocrini si allunga man mano che la ricerca individua queste sostanze e ne dimostra il legame con i meccanismi responsabili dell’insorgenza di alcune patologie. Allo stesso tempo studi epidemiologici continuano a rivelare associazioni sempre piu’ forti tra patologie e distruttori endocrini, rilevabili anche attraverso le urine.
“L’attuale epidemia d’obesita’ non puo’ essere spiegata piu’ solo con lo sbilanciamento tra alimenti introdotti ed energia consumata o con il timing dei pasti – evidenzia l’esperto – ma e’ evidente che c’e’ qualcosa di piu’, che e’ legato all’inquinamento ambientale”. Numerosi studi mostrano inoltre che i distruttori obesogeni possono avere effetti biologici delle generazioni successive: ci sono evidenze le quali dimostrano che le conseguenze dell’esposizione possono essere ereditate dai genitori. “E’ dunque fondamentale, per noi stessi e per le generazioni future mettere in atto una serie di comportamenti utili alla mitigazione del rischio”, suggerisce De Geronimo. “Per ridurre l’esposizione agli inquinanti obesogeni si puo’ ad esempio iniziare dal limitare il consumo di alimenti confezionati e dolcificati, preferendo quindi il consumo di cibi freschi e poco lavorati”, conclude.