Oceani e asteroidi: ecco il futuro dell’industria mineraria | FOTO

Recentemente, si sta pensando a strategie atipiche ed estreme per l'estrazione dei minerali, ovvero riuscire a estrarre preziosi dagli asteroide e nelle profondità oceaniche
asteroid mining
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Si stima che il processo di estrazione e di lavorazione dei minerali si serva del 6,2% dell’energia prodotta a livello globale. L’estrazione dei minerali, inoltre, ha indubbiamente degli aspetti critici: può causare un indiscusso consumo di suolo, erosione, perdita di biodiversità, contaminazione dei suoli e delle acque. Ecco perché assieme a una richiesta di minerali preziosi in continua crescita si stanno cercando delle strategie atipiche ed estreme per l’estrazione di minerali, come il deep sea mining e l’asteroid mining.

Sono moltissimi e particolarmente eterogenei gli asteroidi, corpi minori in orbita attorno al Sole. Altri milioni di asteroidi sono tra l’orbita di Marte e quella di Giove, nella Fascia Principale degli Asteroidi, e circa 30mila in orbita nei pressi dell’orbita terrestre (i cosiddetti asteroidi near-Earth). Questi ultimi sono particolarmente pericolosi ma anche molto interessanti, in quanto più vicini e accessibili. Molti asteroidi sono caratterizzati da alte percentuali di ferro e nichel, ma alcuni di essi hanno anche un’alta concentrazione di vari minerali preziosi, come oro, argento e platino. Questo stato di cose si deve al fatto che la Terra e gli asteroidi sono fatti più o meno degli stessi componenti, ma la maggiore massa del nostro pianeta ha portato questi elementi più pesanti a sprofondare verso il nucleo in un processo che viene chiamato di differenziazione.

L’asteroid mining per l’estrazione dei minerali preziosi

D’altra parte gli asteroidi sono troppo piccoli per essere differenziati, e trovare minerali più pesanti e preziosi verso la superficie non è un caso raro. La Deep Space Industries, dal 2013, si era posta l’obiettivo di iniziare a minare un asteroide nel 2023. Nel 2019 è stata acquisita da un’altra azienda, la Bradford Space. Il problema è che questi progetti sono complessi da portare a termine, e la tecnologia che esiste al giorno d’oggi non è ancora pronta per una simile impresa. Sono diversi anni che queste imprese sono coinvolte in numerose missioni spaziali di tipo sample-return, ossia di raccolta di campioni di corpi planetari sulla Terra, ma estrarre qualche frammento di roccia e polvere, seppur complicato, è cosa ben diversa rispetto a estrarre minerali su scala industriale per finalità di produzione su larga scala.

Esistono diverse ipotesi di sviluppo riguardo l’asteroid mining: si potrebbe pensare a delle sample-return su larga scala, che possano raccogliere grandi quantitativi di roccia grezza da lavorare poi a Terra, oppure si potrebbero estrarre e processare i materiali direttamente sulla superficie dell’asteroide per poi inviare sulla Terra il prodotto finito. Un’altra idea riuscire in futuro a catturare un asteroide e portarlo su un’orbita sicura tra la Luna e la Terra (oppure nei pressi della Stazione Spaziale Internazionale), e da lì iniziare il processo di estrazione. Si tratta, sia ben chiaro, di processi futuristici.

La Deep Sea Mining

Un’altra ipotesi alquanto futuristica, su cui si è aperto un acceso dibattito, è la possibilità di estrarre i minerali tramite il deep sea mining, ossia l’estrazione di minerali preziosi dai fondali oceanici. Rispetto all’ipotesi precedente, può apparire più semplice rispetto, ma le profondità oceaniche presentano altri problemi di accessibilità per questo tipo di finalità industriale. Innanzitutto, dobbiamo immaginare di poter estrarre i minerali preziosi a profondità tra i 200 e i 6500 metri con elevate pressioni e difficoltà operative che portano i costi di estrazione ad aumentare esponenzialmente.

L’International Seabed Authority ha provato a mappare i giacimenti minerari subacquei: ci sono alcuni siti fino a quasi 4000 metri di profondità, localizzati nei pressi di antichi camini idrotermali oggi spenti che sono considerati di particolare interesse per il deep sea mining, poiché vi si sono depositati molti metalli preziosi, come nichel, argento, rame, manganese e cobalto. Il primo vasto test di estrazione da un sito di questo tipo è avvenuto nell’estate del 2017 e poi è avvenuto più recentemente nel 2020 da parte della corporazione giapponese Jogmec: con la nave Hakurei l’azienda ha estratto 649 chilogrammi di fondale ricco di nichel e cobalto monitorando. Si sta cercando di comprendere che tipo di impatto ambientale abbia una simile attività nei fondali oceanici.

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