La sonda Parker si immerge nel vento solare e svela un mistero di lunga data

Comprendere i meccanismi del vento solare potrebbe aiutare a prevedere le tempeste geomagnetiche
MeteoWeb

La sonda Parker della NASA si è “immersa” nel vento solare, a quasi 8,4 milioni di km dalla superficie della nostra stella, ed è riuscita a svelarne l’origine, risolvendo un mistero di lunga data: secondo quanto emerso dalla ricerca pubblicata su Nature, guidata dall’Università della California a Berkeley, i responsabili sono i “buchi coronali”, aree dove la corona solare è temporaneamente più scura e fredda rispetto alle zone circostanti.

I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sui meccanismi alla base del vento solare perché comprenderli potrebbe aiutare a prevedere le tempeste geomagnetiche, che generano spettacolari aurore polari ma possono anche provocare danni ai satelliti e alla rete elettrica.

Nei buchi coronali le linee del campo magnetico del Sole emergono dalla superficie e si estendono verso l’esterno. Durante i periodi di quiete della stella, i buchi sono localizzati principalmente ai poli, mentre nelle fasi maggiore attività, che si ripetono ogni 11 anni circa, i buchi coronali compaiono su tutta la superficie, producendo raffiche di vento solare che a volte possono essere dirette verso la Terra. In questo momento il Sole si sta avvicinando al suo picco di attività, che potrebbe arrivare già nel 2024.

In base ai dati raccolti dai ricercatori, guidati da Stuart Bale, i buchi coronali hanno una struttura simile ai soffioni delle docce, con getti distanziati in modo più o meno uniforme che emergono da punti (estesi anche 29mila km) in cui le linee del campo magnetico entrano ed escono dalla superficie solare: quando si incontrano campi magnetici opposti, questi si rompono e si riconnettono, generando un flusso di particelle cariche che forma il vento solare.

La conferma dei risultati potrebbe avvenire quando la sonda Parker si avvicinerà ulteriormente al Sole, ad una distanza di circa 6,5 milioni di km.

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