Dalle tavole di Pompei a quelle dei giorni nostri, in duemila anni la pizza è arrivata a valere 15 miliardi di euro, diventando il simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo ma anche motore di turismo e cultura. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione del rinvenimento di un affresco nell’ambito dei nuovi scavi dell’insula 10 della Regio IX che raffigurerebbe una pizza o almeno un lontano antenato della pietanza moderna, diventata patrimonio dell’umanità nel 2017 grazie al riconoscimento Unesco dell’arte tradizionale del pizzaiolo napoletano.
La pizza rappresenta oggi un tesoro dell’Italia dove cultura e cibo sono diventate – sottolinea Coldiretti – le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Non a caso oltre un terzo della spesa delle vacanze nell’estate 2023 sarà destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese.
L’importanza della pizza in Italia
Ogni giorno solo in Italia – ricorda la Coldiretti – si sfornano circa 8 milioni di pizze grazie all’utilizzo durante tutto l’anno di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Il tutto grazie al lavoro – precisa la Coldiretti – di oltre 100.000 addetti a tempo pieno, che diventano 200.000 nel weekend.
Ma l’antenato della pizza non era il solo piatto forte delle tavole pompeiane. Tra le pietanze cult – spiega Coldiretti – c’era il garum, una salamoia di pesce lasciato fermentare al sole e conservata sotto sale utilizzata per condire un’infinità di vivande e, tra le bevande economiche, la più diffusa era la pòsca, costituita da aceto diluito in acqua mentre i panettieri sfornavano almeno dieci tipi di pane nei 35 forni censiti nella città. Appena alzati, la mattina, – continua Coldiretti – i pompeiani facevano una prima colazione (jentaculum) a base di pane con aglio e formaggio, oppure datteri, uova, miele e frutta, e a volte anche di carne, dal momento che la colazione costituiva uno dei due pasti principali della giornata.
La ricostruzione del pasto principale
I bambini, andando a scuola, si fermavano lungo la strada e comperavano biscotti appena sfornati (adipata). Verso mezzogiorno, poi, seguiva – rileva Coldiretti – uno spuntino leggero (prandium), con legumi, pesce, uova e frutta. Il pasto principale in tutto il mondo romano era costituito dalla cena, cui seguivano le bevute in un triclìnio – conclude Coldiretti – con il vino che era la bevanda più diffusa e veniva prodotto in due qualità: bianco e rosso, tagliato con acqua e aromatizzato con miele, spezie o erbe, secondo la Soprintendenza di Pompei.
La pizza genera un fatturato che ha superato i 15 miliardi di euro – precisa la Coldiretti – con un’occupazione stimata in oltre 100.000 addetti a tempo pieno, che diventano 200.000 nel weekend. Ogni giorno solo in Italia – ricorda la Coldiretti – si sfornano circa 8 milioni di pizze grazie all’utilizzo durante tutto l’anno di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
La tutela della pizza Napoletana
Il quinto compleanno Unesco cade a pochi giorni – ricorda Coldiretti – dall’approvazione della richiesta dell’Italia alla Ue di garantire la protezione con riserva del nome per la “Pizza Napoletana” Stg, che potrà essere chiamata tale nei menu solo se saranno garantite alcune caratteristiche relative alla preparazione, come le ore minime di lievitazione, la stesura a mano della pasta, le modalità di farcitura, la cottura esclusivamente in forno a legna ad una temperatura di 485°C e l’altezza del cornicione di 1-2 cm, con il controllo di un ente terzo di certificazione.
Ma i limiti – continua la Coldiretti – riguardano anche l’utilizzo di materie prime di base, che per le loro peculiarità non possono che essere di provenienza nazionale, come l’olio extravergine d’oliva, il basilico fresco, nonché la “Mozzarella di Bufala Campana Dop” e la “Mozzarella tradizionale Stg”, esclusive per la variante con formaggio a pasta filata. Altri ingredienti necessari nella preparazione della “Pizza Napoletana” – precisa la Coldiretti – sono i pomodori pelati e/o pomodorini freschi, che evidentemente potranno dare nuovo slancio alla produzione di pomodoro nazionale, notoriamente riconosciuto per la sua grande qualità.
Qualora la “Pizza Napoletana” non corrisponda al disciplinare di produzione sarà considerato un illecito, sul quale – spiega la Coldiretti – l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per dettagliare gli aspetti tecnici per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari.