Il 23 luglio 1930 il terremoto del Vulture, 1425 vittime

La scossa colpì una vasta area dell’Italia meridionale compresa tra l’Alta Irpinia e la zona del Vulture, coinvolgendo le province di Napoli, Avellino, Benevento, Foggia, Potenza e Salerno
MeteoWeb

Il 23 luglio 1930, alle ore 01:08, un terremoto di magnitudo 6.7 colpì una vasta area dell’Italia meridionale, tra l’alta Irpinia e il Volture, causando la morte di 1425 persone.
Il sisma interessò le province di Napoli, Benevento, Avellino, Foggia, Potenza e Salerno e i danni (gravissimi a Lacedonia, Aquilonia e Villanova in provincia di Avellino e Rapolla, Barile, Rionero, Atella, Melfi in provincia di Potenza) furono aggravati dalla scarsa qualità dei materiali usati per costruire le abitazioni e dal terreno argilloso e sabbioso.

Il territorio interessato dall’evento era caratterizzato, come spesso si osserva nell’Italia centrale e meridionale, da piccoli paesi disseminati sui rilievi, a quote medie superiori ai 600 metri sul livello del mare, mal collegati da rare strade che seguivano tortuosi tracciati lungo le valli per risalire verso i centri abitati.
Nonostante questa regione dell’Appennino meridionale, poverissima, fosse stata ripetutamente interessata nel corso dei secoli dagli effetti di alcuni tra i più catastrofici terremoti della storia sismica italiana, nulla era stato fatto per prevenire il rischio legato ai futuri terremoti. Infatti, la causa principale dei gravi danni e delle distruzioni provocate dalla scossa del 23 luglio è da ricercarsi in parte nelle scadenti caratteristiche dei terreni sui quali erano stati edificati i centri abitati – generalmente terreni argillosi e sabbiosi con intercalate lenti di ghiaie – ma soprattutto nella fragilità e nel degrado del patrimonio abitativo, rappresentato da case tirate su sovrapponendo pietre di fiume, legate fra loro da pessima malta o addirittura da fango essiccato. Il terremoto ripropose dunque, in modo drammatico, il problema della prevenzione dalle calamità naturali.

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