L’anidride carbonica è un gas naturale, inodore e incolore, che svolge un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra. E’ detto anche biossido di carbonio o diossido di carbonio, la formula chimica che lo identifica è CO2 e tecnicamente si tratta di una molecola composta da un atomo di carbonio e due atomi di ossigeno. L’anidride carbonica è un gas più pesante dell’aria, solubile in acqua e facile da liquefare. Si trova in grande abbondanza in natura e si sviluppa nei processi di fermentazione delle sostanze organiche, nelle eruzioni vulcaniche e nei processi catabolici dei mammiferi, compreso l’essere umano, che ne emettono grandi quantità con il respiro, l’urina e le feci. La concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre è molto bassa, pari allo 0,04%.
La presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera ha una funzione basilare per garantire la vita sul nostro Pianeta: è un alimento essenziale per le piante verdi che tramite la CO2, appunto, producono gli zuccheri fondamentali per la loro vita. Per questo l’anidride carbonica è uno dei gas serra e cioè quei gas che consentono alla Terra di trattenere una parte della radiazione solare generando l’effetto serra, il fenomeno di cattura del calore solare da parte dell’atmosfera terrestre senza cui non ci potrebbe essere vita sul nostro pianeta. Insieme all’anidride carbonica, gli altri gas serra principali sono il vapore acqueo, il protossido di azoto, il metano e l’esafluoruro di zolfo, tutti gas naturali.
L’attività vulcanica è una delle principali fonti naturali di emissioni di anidride carbonica anche se in termini relativi, contribuisce solo in piccola parte alle emissioni globali di CO2. Per avere un quadro più preciso, il Geological Society of London ha stimato nel 2010 che tutti i vulcani del mondo emettono tra 130 e 230 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.
Il controverso legame tra l’anidride carbonica e il cambiamento climatico
Sul collegamento tra l’anidride carbonica e il cambiamento climatico ci sono molte tesi tra loro contrastanti: secondo numerosi studi, l’aumento delle emissioni di anidride carbonica contribuirebbe al riscaldamento globale com’è facile intuire dalla natura stessa della CO2 per l’effetto serra, ma ci sono anche altri studi che invece documentano come al contrario sia il riscaldamento globale (in ogni caso da nessuno messo in discussione) a provocare un aumento della quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. Una di queste teorie è quella dei feedback positivi: una tesi molto importante e unanimemente considerata valida tra gli scienziati. Secondo questa teoria, l’aumento della temperatura globale – indipendentemente da cosa lo provochi – determina ulteriori emissioni di gas serra creando un “ciclo di feedback positivo“. Ad esempio, l’aumento delle temperature certamente provoca il disgelo del permafrost, che può liberare grandi quantità di anidride carbonica e anche di metano (un altro importante gas serra, come abbiamo già visto). Esistono ulteriori teorie che suggeriscono che l’aumento della CO2 potrebbe essere una conseguenza, e non una causa, del riscaldamento globale. Queste teorie suggeriscono che l’aumento delle temperature potrebbe portare a un maggiore rilascio di CO2 da varie fonti. Ad esempio, gli oceani assorbono una grande quantità di CO2 dall’atmosfera ma quando l’acqua si riscalda, la loro capacità di assorbire anidride carbonica diminuisce e quindi questo determinerebbe un ulteriore aumento della CO2 nell’atmosfera.
La CO2 e i feedback positivi nel sistema climatico terrestre
L’idea che l’aumento della CO2 possa essere una conseguenza, anziché che una causa, del riscaldamento globale è generalmente basata sul concetto di feedback positivo nel sistema climatico terrestre. Tra questi c’è il feedback del carbonio del suolo. Questo feedback prevede che quando il clima si riscalda, l’attività microbica nei suoli può aumentare, portando a una decomposizione più rapida della materia organica e a un rilascio maggiore di CO2. Questo può a sua volta aumentare le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera. Questo è un esempio di feedback positivo, in cui il riscaldamento porta a un aumento della anidride carbonica, che a sua volta può portare a un ulteriore riscaldamento. Ci sono ancora molte incertezze su quanto questo feedback possa contribuire al futuro riscaldamento globale.
Abbiamo già visto sopra il feedback del carbonio oceanico e il rilascio di anidride carbonica dal disgelo del permafrost. In modo particolare il permafrost artico contiene enormi quantità di carbonio organico. Questi meccanismi di feedback sono ben riconosciuti dalla comunità scientifica. Uno degli scienziati più affermati e competenti in merito è proprio italiano: si tratta del prof. prof. Nicola Scafetta, climatologo dell’Università Federico II di Napoli. Nelle sue numerose pubblicazioni scientifiche, Scafetta dimostra come l’anidride carbonica non influenzi in modo importante l’andamento delle temperature globali, che seguirebbero quindi un andamento legato a cicli naturali.
Osservando il grafico sulle concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera negli ultimi 800 mila anni, possiamo osservare come effettivamente nell’ultimo secolo l’aumento della quantità di CO2 sia effettivamente senza precedenti in questo periodo di tempo. Considerando che nei millenni precedenti ci sono stati periodi molto più caldi di oggi, si ritiene quindi che le cause di quest’aumento così imponente siano proprio le attività umane che nell’ultimo secolo hanno avuto uno smodato incremento, in modo particolare per quanto riguarda la combustione di combustibili fossili e la deforestazione anche legata ad un aumento demografico sempre più rapido e impietoso.
Estendendo però lo sguardo più indietro nel tempo, e quindi a milioni di anni fa, possiamo osservare come in passato nella storia della Terra ci siano state concentrazioni di anidride carbonica eccezionalmente più alte rispetto ad oggi, anche di due, tre e quattro volte, per lunghissimi periodi di tempo:
Il grafico dimostra come ci sono varie fasi del passato geologico della Terra durante le quali le concentrazioni di CO2 erano più elevate di oggi, anche se queste tendono ad essere molto più lontane nel passato come possiamo vedere nel grafico sopra. Quando guardiamo a periodi più recenti caratterizzati da un clima caldo come l’Optimum Medievale (o Periodo Caldo Medievale, circa 950-1250 d.C.) e il Periodo Caldo Romano (circa 250 a.C. – 400 d.C.), i dati attuali non supportano l’idea che i livelli di CO2 fossero più alti di quanto non lo siano oggi. Invece, i dati delle carote di ghiaccio, che forniscono la migliore registrazione delle concentrazioni passate di CO2, mostrano che le concentrazioni di anidride carbonica erano un po’ basse durante questi periodi rispetto a oggi.
Il Periodo Caldo Medievale e il Periodo Caldo Romano sono esempi di variazioni climatiche naturali in cui il clima della Terra, in tempi relativamente recenti, fosse più caldo rispetto ad oggi. Le cause esatte di questi periodi caldi non sono ancora del tutto chiare: alcuni scienziati hanno suggerito che potrebbero essere stati influenzati da una combinazione di variabilità solare, attività vulcanica e variazioni naturali nel sistema climatico terrestre.
Il grafico che mostra l’andamento di temperature e concentrazioni di anidride carbonica in Antartide negli ultimi 800 mila anni evidenzia una chiara correlazione tra maggiori concentrazioni di CO2 e temperature più elevate, ma il grafico non chiarisce se le temperature aumentino a seguito dell’aumento delle concentrazioni di CO2 o viceversa, e in ogni caso il forte incremento di concentrazioni di anidride carbonica degli ultimi decenni non è seguito da un analogo aumento delle temperature:
Come abbiamo visto, quindi, il legame tra l’anidride carbonica e il cambiamento climatico è ancora oggetto di studi, spesso e volentieri tra loro contrastanti, e non c’è una verità scientifica definita in merito ma bensì teorie discordanti e molta incertezza.