Clima, il professor Prestininzi: “Nessuna emergenza, ma troppi interessi in gioco”

Il problema è rappresentato dall’inquinamento, nei confronti del quale disponiamo da tempo della tecnologia necessaria per contrastarlo, senza stravolgere la vita delle persone"
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“Il problema è rappresentato, semmai, dall’inquinamento, nei confronti del quale disponiamo da tempo della tecnologia necessaria per contrastarlo, senza stravolgere la vita delle persone. Dal punto di vista climatico, invece, la Terra non è mai stata così bene come oggi”. A parlare è Alberto Prestininzi, professore già docente ordinario di Rischi Geologici all’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, autore di rilevanti pubblicazioni scientifiche nel campo dei rischi naturali e antropici, nonché di progetti di ricerca nazionali ed europei. Secondo quanto riportato da un’intervista di Francesco Servadio su BGS.news al professore Prestininzi, infatti:

“La disinformazione e le ipotesi antiscientifiche mirano ad accrescere il terrore fra la popolazione, sempre più disorientata e costretta perciò a subire provvedimenti finto-emergenziali che non solo non hanno nulla a che vedere con la tutela dell’ambiente, ma che rispondono esclusivamente ad interessi economico-finanziari. Inoltre, persino gli esperti in materia che cercano di riportare il dibattito sul piano della ragione e del rigore scientifico, vengono sistematicamente esclusi e censurati o, addirittura, denigrati. Abbiamo provato a illustrare la complessa tematica del clima insieme al prestigioso docente.

Terminato il capitolo del Covid, siamo ripiombati in un’altra emergenza, quella climatica: si tratta, Professore, di un problema reale oppure di una questione ideologica?

Purtroppo noi ricercatori e scienziati siamo costretti a spiegare cose che la letteratura riporta, nel tentativo di porre un freno a una comunicazione distorta, che influenza le menti delle persone. Si insiste sulle ‘emergenze’ per far credere senza soluzione di continuità che il Pianeta sia da salvare. Oltre quarant’anni fa gli esperti si interrogarono su ciò che sarebbe potuto accadere immettendo in atmosfera gas serra.

Sul finire degli Anni 80 è stato istituito l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, ndr), al fine di valutare gli eventuali effetti sul clima. J. Hansen nel 1988 propose un modello secondo il quale la temperatura sarebbe salita a livelli pericolosamente alti se entro il 2010 non si fossero azzerate le emissioni di CO2 in atmosfera. Decine di altri modelli con varianti sulla sensibilità climatica della CO2 vennero sottoposti all’attenzione dell’IPCC. Ma nel 2010 nessuna catastrofe ha investito il nostro Pianeta.

È andata veramente così?

No. La CO2 è addirittura salita rispetto ai livelli ipotizzati dai modelli, ma la temperatura ha avuto il trend “naturale” previsto dagli stessi modelli. Ciò significa che i modelli non sono in grado di simulare la dinamica climatica che, invece, segue da migliaia di anni le variazioni che la letteratura scientifica mondiale riporta con estrema precisione. Il comportamento del nostro Pianeta è in linea con il passato. Accanto agli slogan e alle varie minacce ‘emergenziali’ si sono aggiunte alcune ipotesi surreali, secondo le quali i cambiamenti climatici antropici sarebbero la causa di siccità ed eventi alluvionali estremi. Chi studia certi fenomeni è consapevole del fatto che gli eventi naturali si verificano con continuità nel tempo ed assumono il rango di calamità per la mancata prevenzione.

Tuttavia danni e morti non sono un’invenzione…

Ovvio! L’aumento dei danni e delle vittime di calamità naturali è proporzionale all’aumento della presenza antropica. Ai fini della valutazione del rischio, la componente antropica (vulnerabilità) è condizione essenziale per valutare il probabile danno (Rischio). Nel 2019 scrivemmo una petizione al Presidente della Repubblica, comunicando che non vi era alcuna emergenza climatica: il vero problema da risolvere è rappresentato dall’inquinamento del suolo e dell’acqua. Per combattere quest’ultimo disponiamo della tecnologia necessaria per rilevarlo utilizzando “la prevenzione”. L’uomo non è in grado di “controllare il clima”.

È vero o no che il clima si può controllare attraverso la geoingegneria?

Che io sappia, in qualità di scienziato, non è possibile. Sono ipotesi fantasiose che generano distorsioni. Ormai proliferano notizie di tutti i tipi, pure le più strane. Le vere emergenze dell’Italia sono le frane, le alluvioni, i terremoti e l’inquinamento antropico: anche in questi casi disponiamo di misure preventive per contrastare le conseguenze indotte sia dagli eventi naturali che da quelli antropici. Purtroppo, tali misure non sono mai prese in considerazione, perciò i rischi reali restano tali. Smaltimento dei rifiuti e stato di degrado delle città ne sono la testimonianza.

Secondo i dati diffusi dall’agenzia federale statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), il 3 luglio scorso è stato il giorno più caldo della storia. La stampa ripete all’unisono che le temperature sono infernali e fuori controllo: risulta anche a Lei?

“La paura e le minacce sono costanti. Ogni settimana si denunciano nuovi record della temperatura. In realtà, dal 1800 noi disponiamo di termometri e rileviamo la temperatura. Sappiamo che la temperatura inizia a salire, dopo la piccola era glaciale (1450-1700); dalla fine del 1700 ed oggi la temperatura è nella fase di ascesa di questo ciclo. Dal 1800 ad oggi la temperatura è aumentata di circa un grado. Stiamo quindi scontando la coda di questo ciclo caldo. La domanda alla quale devono rispondere è: “Le cause sono antropiche o naturali?””.

Le emissioni di CO2 rappresentano una minaccia per l’ambiente?

Quando si parla di ambiente è necessario fare una netta distinzione tra inquinamento, clima e meteorologia. Sono temi disgiunti. Rispetto al recente passato, ad esempio, negli ultimi 50-60 anni la massa vegetale del Pianeta terra è aumentata di circa il 30%. Ciò indica che il Pianeta sta meglio dal punto di vista delle condizioni climatiche. Al contrario i processi di inquinamento sono amentati, rendendo critiche alcune zone, alterando la qualità delle acque e del suolo. Quando la popolazione mondiale era di circa tre miliardi e mezzo di individui, i denutriti si attestavano intorno al 50%; ora, su 8 miliardi di persone, i denutriti sono compresi tra il 9/10%, indicando che le attività dell’agricoltura viaggiano in buona parte verso la giusta direzione. Nello stesso intervallo di tempo anche le aspettative di vita hanno superato ampiamente i settantacinque anni e, in Italia, gli ottant’anni.

Questa confusione tra clima e inquinamento disorienta la gente. Molti strumenti per rilevare la temperatura sono fuori standard e forniscono dati fasulli, perché ubicati in zone urbane. Sulla base delle ipotesi che attribuiscono all’uomo la responsabilità del riscaldamento antropico è stata programmata la cosiddetta transizione ecologica, immaginando, con l’accordo di Kyoto e Parigi, di eliminare i combustibili fossili quali responsabili della immissione in atmosfera attraverso i gas serra, in particolare, della CO2. Senza entrare nel merito dei modelli predittivi, costruiti a sostegno di queste ipotesi e totalmente incapaci di simulare l’evoluzione del clima, basta fare delle semplici riflessioni per comprendere l’inutilità di queste costosissime iniziative. 

Sorge però il problema delle risorse: come procurarci energia pulita e rinnovabile?

Bisogna puntare sulla ricerca, sulla quale si sta investendo sempre meno. Solo la conoscenza consentirà la individuazione delle energie che consentiranno alle nuove generazioni di tutto il pianeta di farne uso. L’Uomo ha sempre utilizzato l’adattamento. Quando ha vissuto periodi freddi si è protetto nelle caverne ed ha scoperto il fuoco utilizzando le pelli degli animali. Così è avvenuto negli ultimi milioni di anni. Se piove apro l’ombrello, invece qualcuno vuol far credere che sarà possibile controllare la pioggia. Solo chiacchiere, vuote di contenuto scientifico.

Pare che lo scioglimento dei ghiacciai prosegua a velocità drammatica.

Si tratta di un fenomeno accaduto migliaia di volte nella storia del pianeta: quando la temperatura aumenta, i ghiacciai si ritirano. Molti dei passi alpini, utilizzati dai Romani per muoversi nell’ambito del proprio territorio sono oggi non transitabili. Settemila anni fa, nel periodo “olocenico” i ghiacciai erano quasi scomparsi anche a quattromila metri di altitudine. Cinquemila anni fa un nuovo ciclo ha fatto arretrare di nuovo i ghiacciai, altrimenti la famosa mummia del Similaun si sarebbe congelata e non l’avremmo ritrovata oggi mummificata. Siamo bombardati di notizie allarmistiche: il mese di giugno 2023 è stato fresco e piovoso, ora siamo a luglio e fa caldo. Qual è il problema?.

Dopo aver incentivato l’acquisto di monopattini, durante il periodo Covid, le nuove politiche ‘green’ prevedono l’abolizione delle caldaie a gas, la ristrutturazione completa degli edifici e la vendita di auto a zero emissioni. È ipotizzabile e sostenibile un futuro privo di motori termici? Inoltre, in che modo si potrebbe fronteggiare il fabbisogno di energia?

Utilizzando le quattro operazioni ho fatto vedere l’inutilità delle iniziative assunte con gli accordi di Parigi. Lo stesso vale per l’emanazione di queste leggi e/o Direttive. Nulla invece viene fatto per combattere il Rischio sismico. Nessun obbligo di costruire abitazioni idonee a resistere allo scuotimento dei terremoti. La sicurezza dei cittadini è solo una enunciazione di principio. È solo un problema economico-finanziario, che nulla ha a che fare con la scienza e con il clima. La lotta ai motori termici, ad esempio, causerà soltanto enormi danni economici, soprattutto al ceto medio ed ai più poveri. Mentre accrescerà il potere di pochi gruppi che avranno grande influenza sul mondo politico dei diversi Paesi.

E l’idrogeno?

Realizzai un progetto: anziché chiudere i pozzi nell’Adriatico, ad esempio, il progetto avrebbe consentito di ricavare idrogeno dal nostro metano da destinare all’alimentazione dei mezzi destinati al traffico urbano. L’idrogeno non ha il problema dello smaltimento delle batterie e non ha emissioni né gassose, né solide. Lo stesso problema vale per i pannelli fotovoltaici, costruiti fra l’altro con materiali rari, in via di esaurimento e costosissimi e che sottraggono spazio vitale all’agricoltura che ha, viceversa, il grande compito di garantire la sopravvivenza agli otto miliardi di persone del Pianeta.

Parliamo della catastrofe che ha colpito l’Emilia-Romagna: colpa dei cambiamenti climatici oppure dell’incuria dell’uomo? È possibile prevenire o comunque limitare simili disastri, in futuro?

In Emilia-Romagna è presente quello che gli studiosi chiamano elevato rischio idrogeologico. Gli studi effettuati nel nostro Paese negli anni Ottanta/Novanta, attraverso i cosiddetti Progetti Finalizzati CNR scaturiti dalla Commissione De Marchi, hanno prodotto una letteratura scientifica straordinaria e la Legge 183/89 sulla difesa del suolo, note in tutto il mondo. Sono nate le Autorità di Bacino, oggi Autorità di Distretto. Dove sono i PAI, Piani d’Assetto Idrogeologico che dovrebbero avere il compito di esaltare il processo di Prevenzione attraverso la pianificazione territoriale e lo sviluppo urbano? Per prevenire i danni di terremoti e alluvioni è sufficiente sfruttare le conoscenze a nostra disposizione, senza scomodare il clima, invocato come “il vitello d’oro” risolutore di tutti i mali. È un nuovo paganesimo che produce in maniera pericolosa un analfabetismo scientifico di ritorno.

Risuonano ancora le Parole del grande Presidente Pertini, dopo il terremoto Campano-Irpino dell’Ottanta: “Dove sono le forze di protezione civile costituite con la Legge n. 996 dell’8 dicembre 1970? Perché a distanza di dieci anni dalla Legge sono passati due giorni dal sisma e nessuno ha aiutato le popolazioni dei centri colpiti dal terremoto?”. Dopo l’alluvione dell’Emilia ci chiediamo: “Dove sono le casse d’espansione previste? E le dighe per laminare le piene ampiamente proposte dalla Commissione De Marchi?”. Questa è la prevenzione, invece siamo di nuovo alla ricerca del ‘vitello d’oro di Aronne’”.

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