L’eruzione vulcanica cominciata ieri nell’estremità sudoccidentale dell’Islanda, a circa 50 chilometri da Reykjavik, è stata preceduta da un sollevamento del suolo rilevato dai satelliti e da una sequenza sismica che dal 4 luglio ha fatto registrare oltre 1.200 scosse nella regione, la maggiore delle quali di magnitudo attorno a 5. Lo riferisce l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Al momento “una colata di lava fuoriesce da una fessura lunga circa 900 metri, con piccole fontane di lava”, mentre “non c’è emissione di cenere nell’atmosfera”, precisano gli esperti dell’INGV.
L’area interessata dall’evento eruttivo si trova in una regione disabitata, quindi non ci sono rischi immediati per la popolazione e le infrastrutture. Tuttavia l’Icelandic Meteorological Office ha diramato un comunicato in cui si consiglia di non entrare nell’area fino a quando i soccorritori non avranno avuto la possibilità di valutare le condizioni, in particolare per quanto riguarda la qualità dell’aria dovuta all’eventuale presenza di gas vulcanici. Si consiglia, inoltre, di prestare attenzione ai pendii ripidi lungo i quali possono verificarsi cadute di massi a seguito dello scuotimento dovuto ai terremoti più energetici.
L’Islanda, che si trova sopra un’area vulcanica nel Nord Atlantico, registra in media un’eruzione ogni 4 o 5 anni. La più dirompente degli ultimi tempi è stata l’eruzione del 2010 del vulcano Eyjafjallajokull, che fece innalzare enormi nuvole di cenere nell’atmosfera facendo scattare chiusure dello spazio aereo in Europa. Più di 100mila voli furono cancellati, bloccando milioni di viaggiatori internazionali e causando lo stop dei viaggi aerei per giorni a causa delle preoccupazioni che la cenere potesse danneggiare i motori dei velivoli.