FAO, Prandini (Coldiretti): “cibi ultraprocessati in 1 piatto su 2”

Secondo Preandini (Coldiretti), è allarmante apprendere che circa il 50% delle diete dei Paesi sviluppati si compone di cibi ultraprocessati e che contengono additivi
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È allarmante apprendere che circa il 50% delle diete dei paesi sviluppati si compone di cibi ultra-processati, che subiscono numerose lavorazioni e che contengono ingredienti (additivi) che non albergherebbero in nessuna delle nostre cucine. E’ quanto ha afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel suo intervento al vertice Onu sui sistemi alimentari “Food Systems Summit” nell’ambito della sessione su “Diete alimentari, culture e tradizione, quello che insegna la dieta mediterranea“.

È ancora più allarmante – continua Prandini – assistere ai tentativi di promuovere una dieta globale, che vieta molti cibi naturali e frutto della sapienza contadina, per sostituirli con prodotti artificiali. Di fatto si vuole abrogare il concetto di dieta in nome di classificazioni ed improbabili etichettature che dovrebbero dirci cosa mangiare e cosa no, indipendentemente dalle quantità. Etichettature le cui semplificazioni – evidenzia Prandini – ingannano i consumatori.

La sicurezza dei cibi artificiali e ultraprocessati

Parallelamente – afferma Prandini – prende corpo l’idea che il cibo del futuro, quello che salverà il mondo, possa venire dai laboratori, spezzando il legame millenario tra cibo, terra e natura. Si tratta di promesse disgiunte dalla realtà e prive di solide analisi scientifiche di partenza. Per primi in Italia ci siamo opposti invocando un principio di precauzione per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Importanti professori medici hanno chiesto tempo per studiare la sicurezza dei cibi artificiali e eminenti università statunitensi hanno stimato che questi prodotti potrebbero essere fino a 25 volte più inquinanti delle tecniche tradizionali.

Temiamo – continua Prandini – che dietro la superficie delle promesse, si scopra semplicemente la lucida volontà di alcuni uomini e gruppi di interesse tra più ricchi e potenti del mondo, di monopolizzare la produzione e la vendita di cibo, brevettando intere filiere in un bioreattore. Pensare che la disponibilità di cibo sia nelle mani di chi può accendere e spegnere un bioreattore è inaccettabile. Non si tratta di una questione economica, ma democratica. Ha a che vedere con il diritto all’accesso al cibo e per noi questo è un diritto inalienabile dell’uomo e come tale va difeso e garantito.

L’importanza della Dieta Mediterranea

L’accesso a cibo sano e sicuro, di qualità. Come quello che compone la Dieta mediterranea. Crediamo che difendere oggi la dieta mediterranea sia una battaglia da fare per il futuro dei nostri figli, una battaglia non solo per la loro salute e quella del pianeta, ma una battaglia di democrazia e giustizia sociale, che vale per l’identità e la sopravvivenza di tutti i singoli popoli. Per noi si tratta anche di una battaglia per la biodiversità, per la sovranità alimentare.

La Dieta Mediterranea, patrimonio culturale immateriale dell’umanità UNESCO dal 2010, è uno stile di vita ispirato alle abitudini alimentari che si sono sedimentate nel bacino mediterraneo nel corso di centinaia di anni. Si tramanda di generazione in generazione e vede nel consumo del pasto un momento di socialità, condivisione collettiva, atto culturale. È simbolo di salute ma anche di bellezza, legame con il territorio, prossimità, convivialità. La dieta mediterranea è il valore del cibo. Un valore che – conclude Prandini – va ben oltre la soddisfazione dei bisogni fisiologici dell’uomo, dalla stretta necessità e che segna un modo di stare in equilibrio con la natura e di essere comunità.

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