La Francia sta per permettere alla polizia di spiare i sospetti attraverso l’accesso remoto alla loro fotocamera, al microfono e al GPS dei loro telefoni e altri dispositivi. La legge è stata criticata dai gruppi di sinistra e dai difensori dei diritti come una deriva autoritaria, ma il Ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, sostiene che avrà un impatto solo su “alcune dozzine di casi all’anno”. La misura coprirebbe anche computer portatili, auto e altri oggetti connessi, consentendo la geolocalizzazione dei sospetti nei reati punibili con almeno cinque anni di reclusione. I dispositivi potrebbero anche essere attivati a distanza per registrare suoni e immagini di persone sospettate di reati terroristici, nonché di delinquenza e criminalità organizzata.
La legge è stata approvata con un emendamento che limita l’uso della sorveglianza remota “quando giustificato dalla natura e gravità del reato e per una durata strettamente proporzionale”. “Siamo lontani dal totalitarismo di ‘1984’, il romanzo di George Orwell che racconta di una società sottoposta a sorveglianza totale. La legge salverà la vita delle persone”, ha dichiarato Dupond-Moretti.
L’Observatory of digital and digital freedoms (OLN) ha stigmatizzato il provvedimento (che deve comunque ancora concludere l’iter di approvazione in sede parlamentare) osservando che qualsiasi dispositivo mobile diventa automaticamente un potenziale strumento di sorveglianza di massa. Tanti osservatori ritengono la disposizione “sproporzionata”. Il rischio è di aprire le porte a un modus operandi che avrebbe un impatto fortemente negativo sulla privacy dei cittadini.
Il ministro della Giustizia francese ha difeso il provvedimento, sostenendo che le tecniche di attivazione remota di telecamere e microfoni sono già in uso oggi. Ha inoltre aggiunto che oggi è richiesta l’installazione fisica di dispositivi di monitoraggio, attività che può essere rischiosa per gli inquirenti. Si fa presente, poi, che il provvedimento sarebbe sostenuto da forti tutele e che ogni eventuale attuazione pratica sarà subordinata all’approvazione di un giudice, figura chiamata ad assicurare la tutela dei diritti e della legalità.
Attivare a distanza la fotocamera all’insaputa del proprietario
L’attivazione a distanza della fotocamera e del microfono dello smartphone senza il consenso o la conoscenza del proprietario è teoricamente possibile. Per eseguire un’azione del genere, un potenziale aggressore dovrebbe compromettere il dispositivo attraverso l’installazione di software spyware. Una volta in esecuzione sullo smartphone, l’app potrebbe effettivamente consentire a un utente remoto di assumere il controllo di un ampio ventaglio di funzionalità del dispositivo. Compreso l’utilizzo di fotocamera e microfono.
I malintenzionati possono sferrare un attacco che porta all’installazione e al caricamento di applicazioni spia in vari modi. Possono ad esempio sfruttare vulnerabilità del sistema operativo non risolte, applicazioni non sicure, tecniche di ingegneria sociale per indurre l’utente a installare il software malevolo.
Affinché un’applicazione installata sullo smartphone possa utilizzare fotocamera e microfono è necessario accordare i permessi corrispondenti. In un altro articolo abbiamo visto come sapere quali app installate usano il microfono. Lo stesso approccio può essere utilizzato per verificare quali applicazioni si servono della fotocamera.
Accedere da remoto a telecamera e microfono
Anche in Italia, almeno dal 2017, possono essere utilizzate applicazioni che monitorano le attività degli utenti sui loro dispositivi: si chiamano captatori informatici. Battezzate colloquialmente trojan di Stato, si tratta di app adoperate nelle ipotesi di reato più gravi che registrano le operazioni svolte dagli utenti condividendole con le forze di polizia. Il loro uso prevede l’installazione preventiva sui terminali personali appartenenti al soggetto destinatario del provvedimento.
Nella forma attuale, tuttavia, il disegno di legge francese va ben oltre e sembra prevedere una possibilità in più. Le Autorità avrebbero i poteri per richiedere ai gestori di applicazioni di terze parti la collaborazione al fine di acquisire foto, video e audio dai terminali degli utenti.Il provvedimento francese apre quindi un precedente importante destinato a far discutere ben oltre i confini del Paese.