Il primo bando per assegnare i fondi del Pnrr per finanziare l’installazione di colonnine di ricarica per le auto elettriche è un flop. Soprattutto se si guarda alle grandi arterie extraurbane. I soldi che ha messo Bruxelles per piazzare i primi 2.500 punti non saranno utilizzati: 150 milioni sui 270 complessi rimangono quindi nel congelatore. Sempre che l’Unione Europea dia il via libera al loro riutilizzo, cosa di cui il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è però convinto.
Le società che ci hanno provato, in Trentino, Veneto, Campania e Friuli Venezia Giulia, non sono state ammesse. Paletti tecnico-burocratici, tra la scelta delle location come le pompe di benzina e il numero minimo di punti da garantire nelle diverse aree, che hanno prodotto gare che sono state criticate dalle aziende del comparto. Un dossier passato dall’ex ministro Roberto Cingolani, che più volte aveva annunciato il lancio del bando, al ministro Gilberto Pichetto Fratin, che in pochi mesi ha dovuto provvedere per evitare di trovarsi in fallo con Bruxelles rispetto alla scadenza del 30 giugno legata al Pnrr.
Mobilità elettrica nelle città
È andata meglio per le zone urbane, dove erano in palio 127 milioni di euro. Le società del settore si sono aggiudicate un contributo a fondo perduto pari al 40% per realizzare punti nelle grandi e piccole città. Attenzione però. Non sono mancati i problemi, tanto che alcune regioni, come Sardegna e Calabria, non vedranno impianti realizzati grazie al Pnrr nei prossimi dodici mesi, così come una parte della Sicilia. La situazione è un po’ a macchia di leopardo.
Alla fine saranno più di 4 mila le stazioni di ricarica che gli operatori – a far la parte da leoni sono Be Charge, gruppo Eni, ed Enel X Way – realizzeranno entro un anno. Se non sarà rispettato il termine perderanno il contributo a fondo perduto. Il ministero guidato da Pichetto sottolinea che sono più di 4.700 le colonnine finanziate nei centri urbani. Considera quindi l’obiettivo “città” raggiunto. 70 i milioni impegnati sui 127 previsti dalla prima tranche Pnrr. Il 56% dei fondi provenienti da Bruxelles è stato assegnato come contributo. E gli altri? Probabile che il ministero punti a riutilizzarli. La gara che si è chiusa con la pubblicazione degli esiti al 30 giugno è solo la prima. La Ue ha stanziato, solo per l’Italia, 713 milioni da usare entro il 2026 per sistemare lungo le strade in città e fuori oltre 21 mila colonnine.
Una partita che è passata dal governo Draghi a quello Meloni, tra crisi di governo, elezioni e insediamento dei nuovi ministri. Il tutto ha portato, tra le lamentele delle associazioni di categoria, ad arrivare a inizio maggio alla pubblicazione della gara. Così che gli operatori hanno avuto meno di un mese di tempo per candidarsi. Colpa anche della scadenza ravvicinata del 30 giugno legata all’utilizzo dei fondi per il Pnrr.
Cosa che aveva denunciato anche Motus-E, l’associazione che rappresenta le aziende che operano nel comparto e per la transizione energetica. “Ci siamo comunque impegnati nel dare una mano alle imprese”, dice oggi Francesco Naso, segretario di Motus-E. “C’è il problema degli impianti sulle superstrade. Su quella parte ci aspettavamo un risultato del genere. È andata meglio per quanto riguarda i centri urbani, ma è chiaro che vanno rivisti i criteri per i prossimi bandi per evitare che una parte delle risorse non venga assegnata. Sarebbe un peccato”. Per l’associazione “si tratta di risorse che servono a implementare la rete di impianti per sostenere la diffusione delle auto elettriche in Italia”. Secondo Motus-E sarebbe sufficiente modificare qualche criterio delle gare per quanto riguarda ambiti, lotti e numero minimo di colonnine per raggiungere meglio il target.
Un obiettivo che si è anche fissato il ministero guidato da Pichetto Fratin. Pur non avendo raggiungo il risultato fissato per il 30 giugno sulle superstrade, al ministero dell’Ambiente sono convinti che, per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica per le superstrade e per le aree urbane ora scoperte, si potranno recuperare i fondi non impegnati con la gara che impegnava i soldi della prima tranche. Si potrà fare da qui al 2024. “E’ già in atto un confronto con gli operatori – dicono dal ministero guidato da Pichetto Fratin – per stimolare la loro partecipazione”.