Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guidato da Matteo Salvini ha chiesto a Rfi di realizzare uno studio di fattibilità per una nuova tratta ferroviaria ad alta velocità lungo la dorsale adriatica, da Bologna a Bari, arretrata rispetto a quella attuale che costeggia il mare e taglia in due le città sul litorale adriatico. Lo studio di fattibilità dovrà essere completato entro fine 2023, cioè tra cinque mesi, per mettere sul piatto costi e benefici dell’investimento di un’opera così straordinaria per velocizzare i collegamenti anche dall’altro lato dell’Appennino, rispetto alla linea ad alta velocità già esistente.
Il costo stimato per la linea ad alta velocità da Bologna a Bari con gli stessi standard della rete che 20 anni fa ha rivoluzionato la mobilità dell’Italia tirrenica è di circa 50 miliardi di euro e i tempi di realizzazione sono stimati in 13 anni di lavori. Stiamo parlando di un’opera straordinaria, che costerebbe 5 volte quanto il Ponte sullo Stretto con il doppio di tempo per realizzarla. Ma in questo modo i treni viaggerebbero a 300km/h anche sulla costa adriatica, con tempi di percorrenza enormemente ridotti rispetto ad oggi. Per capire la differenza di standard in merito, basti pensare che con l’alta velocità odierna, Milano e Napoli sono collegate da un treno che impiega 4 ore e mezzo per percorrere 790 chilometri, mentre da Pescara a Milano nonostante una distanza molto inferiore (521 chilometri) ci vogliono 4 ore e 45 minuti, proprio per l’assenza dell’alta velocità ferroviaria.
Un’idea alternativa rispetto all’alta velocità ferroviaria adriatica sarebbe quello di velocizzare la linea esistente: da Bologna a Lecce il costo sarebbe dieci volte più basso (5 miliardi di euro), ma i treni non potrebbero superare i 200km/h quindi anche i benefici sarebbero di gran lunga inferiori. Sulla linea esistente, inoltre, c’è ancora un tratto di 32 chilometri a binario unico al confine tra Molise e Puglia, tra Termoli e Lesina: un collo di bottiglia che rallenta tutta la linea.
Il vice ministro alle Infrastrutture Galeazzi Bignami, ha spiegato che “a fine 2023 inizio 2024, appena i documenti di fattibilità delle alternative progettuali verranno elaborati da Rfii, li valuteremo e ci confronteremo con le istituzioni al fine di stabilire la soluzione più sostenibile o più conveniente per portare l’Alta velocità nelle Marche, in Abruzzo, in Molise e in Puglia, su tutta l’Adriatica“. L’idea non sembra dividere la politica, almeno fino al momento. La fase operativa la sta guidando il governo Meloni, ma già tre anni fa l’allora ministro della Cultura Dario Franceschini del Pd in una intervista al Corriere della Sera del maggio 2020 sottolineava come l’infrastruttura adriatica dovesse rientrare in una “grandiosa Ricostruzione” per rilanciare il Sud.
Molte le pressioni per la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria ex novo dagli enti locali. Confindustria Ancona ha già elaborato un’analisi secondo cui l’opera genererebbe 95 miliardi di Pil (oltre a notevoli benefici anche per turismo, industria, inquinamento e qualità della vita), con la creazione di 144 mila posti di lavoro.
Contestualmente, si stanno già realizzando le nuove linee ad alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria e Messina-Catania-Palermo, così come il Ponte sullo Stretto di Messina, per un’Italia che finalmente potrà essere completamente infrastrutturata con standard adeguati anche nel mezzogiorno.