Questa settimana, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite, i cui rapporti stabiliscono il consenso scientifico sugli sconvolgimenti climatici, eleggerà a Nairobi lo scienziato che presiederà il suo lavoro per la maggior parte di questo decennio. Per la prima volta nella sua storia, alla presidenza potrà esserci una donna. Infatti, quest’anno, tra i quattro candidati a succedere all’attuale presidente, il sudcoreano Hoesung Lee, eletto nell’ottobre 2015, ci sono due scienziate: la brasiliana Thelma Krug, ex ricercatrice dell’Istituto nazionale di ricerca spaziale del Brasile e già co-presidente dell’Ipcc, e la sudafricana Debra Roberts, biogeografa specializzata in questioni di urbanizzazione e attuale co-presidente del Gruppo di lavoro II dell’Ipcc, che valuta gli effetti dei cambiamenti climatici su società ed ecosistemi.
Circa il 30% degli autori dell’IPCC sono donne. Per Valérie Masson-Delmotte, figura di spicco dell’Ipcc in quanto copresidente di uno dei tre gruppi di lavoro (il primo), la presenza di due donne tra i candidati, mentre nella precedente elezione i sei candidati erano tutti uomini, è “importante” e se una di loro fosse eletta rappresenterebbe “un’opportunità“.
L’importanza di due donne in lizza alla Presidenza dell’IPCC
“Non perché sono donne, ma perché sono persone di alto livello scientifico che hanno una buona comprensione della posta in gioco nelle contrastanti risposte politiche e sociali nei diversi Paesi del mondo“, ha dichiarato la paleoclimatologa all’AFP. Gli altri due candidati sono il belga Jean-Pascal van Ypersele, un climatologo che non ha vinto le ultime elezioni ed è molto attivo su Twitter, e il britannico Jim Skea, docente di energia sostenibile e co-presidente del Gruppo di lavoro III sulla mitigazione dei cambiamenti climatici.
“Tutti e quattro i candidati hanno apportato contributi scientifici significativi, conoscono bene l’Ipcc e portano visioni associate a una forma di rinnovamento“, sottolinea Masson-Delmotte. Il consenso generale è che l’elezione sarà combattuta, dopo la presidenza molto discreta di Hoesung Lee. Il nuovo capo dell’IPCC dirigerà il lavoro di centinaia di esperti per il resto del decennio. Ci aspettano “molte sfide“, come sottolinea Masson-Delmotte, secondo cui il prossimo ciclo dell’Ipcc “potrebbe essere l’ultimo prima che il riscaldamento globale raggiunga o addirittura superi 1,5°C“. Il ruolo del presidente dell’Ipcc “è importante per il funzionamento dell’istituzione di cui è garante: è lui che guida le sessioni plenarie in cui vengono prese tutte le decisioni, e svolge anche un ruolo di supervisione dei rapporti di sintesi“, spiega la scienziata, sottolineando anche il suo ruolo di “rappresentanza” e “interfaccia” a livello diplomatico.
La storia dell’IPCC
L’Ipcc è stato istituito dalle Nazioni Unite nel 1988. È un organismo scientifico che riunisce 195 Paesi, con la missione di “fornire valutazioni esaustive dello stato delle conoscenze scientifiche, tecniche e socio-economiche sui cambiamenti climatici, le loro cause, i loro potenziali impatti e le strategie per affrontarli“. L’istituzione è stata insignita del Premio Nobel per la pace nel 2007, insieme all’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore.
Ogni cinque-sette anni pubblica una serie di rapporti che, attraverso un rigoroso processo di revisione scientifica tra pari, sintetizzano il lavoro mondiale in diverse discipline sul riscaldamento globale. L’ultimo, che conclude il 6° ciclo dell’Ipcc iniziato nel 2015, è un rapporto di sintesi pubblicato nel marzo 2023, che evidenzia in modo drammatico il fatto che i rapporti precedenti avevano sottovalutato gli effetti del riscaldamento globale.
La XXVIII edizione della COP
Le conclusioni dei rapporti dell’Ipcc servono come base per i Paesi che si riuniscono ogni anno alla Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, per negoziare le future decisioni relative al clima. La 28a COP si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 a Dubai. Hoesung, economista specializzato in questioni energetiche, succede all’indiano Rajendra Pachauri, costretto a dimettersi nel febbraio 2015 in seguito alle accuse di molestie sessuali da parte di una sua collega indiana. Pachauri è morto nel 2020.