Lucia Paciucci a MeteoWeb: “non ci sono sfide impossibili, Virtute-1 è stata una missione pionieristica e già pensiamo al futuro”

Prima missione suborbitale scientifica italiana Virtute-1: intervista a Lucia Paciucci, membro backup, Responsabile Operazioni e Training per il CNR
MeteoWeb

Mi piace pensare in grande e spingermi sempre un po’ oltre il limite. Raggiunto un obiettivo, cerco di guardare sempre un po’ più in là. E’ un passo piccolissimo quello che è stato fatto. Il prossimo sarà sicuramente ancora più ambizioso“: pensa già al futuro la ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche Lucia Paciuccimembro backupResponsabile Operazioni e Training per il CNR per la prima missione suborbitale scientifica italiana Virtute-1lanciata lo scorso 29 giugno e suggellata da un successo storico. La missione, chiamata ‘Galactic 01‘ da Virgin Galactic, è frutto di uno sforzo di ricerca congiunto dell’Aeronautica Militare italiana e del CNR. L’equipaggio italiano, composto da Pantaleone Carlucci, ingegnere del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Walter Villadei e Angelo Landolfi, Ufficiali dell’Aeronautica Militare, ha partecipato ad un volo della durata totale di circa 90 minuti, durante il quale sono stati eseguiti 13 esperimenti innovativi relativi alla medicina, ai materiali avanzati, alla fisica dei fluidi, alla fisiologia.

La ricercatrice del CNR ha rivestito diversi ruoli fondamentali durante tutte le fasi della missione Virtute-1: non solo seguendo tutto il training come membro backup, ma svolgendo anche attività di supporto, coordinamento, senza dimenticare la veste di responsabile scientifico: “Sono entrata a far parte della missione da subito,” ha raccontato Paciucci ai microfoni di MeteoWeb. “L’ing. Pantaleone Carlucci mi chiamò, nel 2019, e mi disse che l’aeronautica Militare stava esplorando la di acquisire un volo suborbitale. In quell’occasione gli era stato chiesto di verificare se ci fosse la possibilità di portare a bordo degli sperimenti e lui coinvolse immediatamente me: quindi da subito noi ci siamo messi a lavorare per far sì che tutto ciò fosse possibile“.

paciucci masucci
Lucia Paciucci durante il training con il pilota Michael Masucci di Virgin Galactic

Virgin Galactic ha firmato un contratto con l’Aeronautica Militare Italiana per la missione Virtute-1 nell’ottobre 2019, con l’intenzione di decollare alla fine del 2020 o all’inizio del 2021. Dopo il volo inaugurale a cui ha partecipato anche il fondatore Richard Branson, Virgin Galactic ha pianificato di condurre il volo nell’autunno del 2021 prima iniziando un periodo di manutenzione sia per SpaceShipTwo che per il suo aereo madre, VMS Eve. Tuttavia, la compagnia ha rinviato il volo nell’ottobre 2021, scegliendo di eseguire prima la manutenzione.

Virgin ha ripreso i voli del suo veicolo SpaceShipTwo, VSS Unity, all’inizio di quest’anno. Ciò ha incluso un volo di prova suborbitale del 25 maggio, il cui successo ha rappresentato il via libera per la missione Virtute-1.

“Una visione d’insieme, un’esperienza a 360 gradi”

Ovviamente era prevista la partecipazione di una sola persona a bordo: dato che al CNR i ricercatori sono responsabili e presenti in prima persona nelle progettualità che seguono e che portano nell’ente, Carlucci è stato ipotizzato fin da subito come partecipante a bordo della missione (anche in virtù della sua esperienza nella gestione dei velivoli di ricerca del CNR e delle relative attività di integrazione e certificazione dei payload a bordo)e abbiamo ipotizzato la mia partecipazione come backup,” ha proseguito la ricercatrice del CNR. “Abbiamo subito percepito l’opportunità di avere una persona all’interno del CNR che fosse, oltre un partecipante vero, anche un soggetto in grado di acquisire competenze nel settore del training per poter prevedere magari nel futuro dei protocolli da utilizzare per poter permettere ai ricercatori di effettuare attività di questo tipo. Quindi da allora abbiamo iniziato subito a lavorare, a definire, a scegliere gli esperimenti a fare tutto il percorso di verifica dell’idoneità psicofisica al volo: attraverso l’Aeronautica Militare, anche io ho iniziato a fare tutti i controlli psicoattitudinali, i controlli fisici, le visite mediche, svolte presso l’istituto di medicina aerospaziale dell’Aeronautica Militare di Roma. Superate tutte le prove, superate tutte le idoneità, è stato confermato il mio nome, quale backup per questa missione. Le attività poi sono state interrotte, nel settembre-ottobre del 2021: c’è stata un’interruzione per uno stop da parte della FAA, al volo di Virgin. Nonostante ciò siamo andati avanti con le attività progettuali preparatorie. Nel luglio 2022 abbiamo trascorso una settimana presso Spaceport America, finalizzata al training: in quell’occasione anche io sono riuscita a partecipare direttamente, in qualità di backup, a tutto il training, quindi ho effettuato tutte le attività relative allo studio delle operazioni a bordo, allo studio della timeline per l’espletamento degli esperimenti; ho partecipato inoltre al training a bordo dei velivoli ad alte prestazioni in dotazione a Virgin Galactic, che consentono di provare la sensazione delle accelerazioni di forza G paragonabili a quelle che avremmo subito sulla VSS, ripercorrendo in maniera abbastanza fedele il profilo di missione previsto per Virtute-1. Anche lì tutto è stato superato, abbiamo fatto diverse prove, e poi siamo stati addestrati sul comportamento da assumere nel caso di emergenza, ad esempio durante il rientro della SpaceShip. E’ stata un’esperienza a 360 gradi. Dopo questo training effettuato nel 2022, sono ritornata con il Team Advanced 10 giorni prima del volo a Spaceport America: anche qui ho seguito la crew durante il training da osservatore nei primi giorni, dopo di che è stata creata una sorta di bolla per i 3 spaceflight participant, quindi ho seguito il training in maniera praticamente completa fino a 3 giorni prima del volo“.

Questa è stata la mia esperienza, fondamentale, perché da un lato sono riuscita a seguire tutta la parte progettuale degli esperimenti, dall’altro tutta la parte formativa di training. Il mio contributo è stato utile anche per ottimizzare alcune operazioni relative al funzionamento degli esperimenti. Quando si sa che cosa succede a bordo, come si può sentire l’operatore a bordo dopo avere subito delle accelerazioni estreme, in condizioni particolari, si riesce anche a capire meglio come massimizzare la probabilità di riuscita dell’esperimento, e si riesce a prevedere in che modo si possa rendere più semplice, più confortevole l’utilizzo delle attrezzature scientifiche. Questo secondo me può aver dato assolutamente un valore aggiunto a tutta la missione ed è stata fondamentale quindi la mia partecipazione, quale backup,” ha affermato la ricercatrice.

Da sinistra Lucia Paciucci, Pantaleone Carlucci, Angelo Landolfi e Walter Villadei

L’addestramento seguito da Paciucci “è stato praticamente identico” a quello dei flight participant, “salvo alcuni casi, in cui però – ha evidenziato – ho comunque avuto un ruolo di osservatore esterno, con partecipazione attiva: avendo una visione d’insieme sui dettagli tecnico/scientifici degli esperimenti, sono stata in grado, in alcuni casi, di consigliare di inserire o modificare delle procedure all’interno della timeline durante il volo“.

Il sistema di volo spaziale suborbitale di Virgin Galactic è costituito da un aereo da trasporto a doppia fusoliera noto come VMS Eve e un aereo spaziale SpaceShipTwo con 6 passeggeri e 2 piloti chiamato VSS Unity. Eve decolla da una pista con Unity agganciata tra le due fusoliere, poi lascia cadere il velivolo a un’altitudine di circa 15mila metri. Unity a questo punto accende il suo motore per raggiungere lo Spazio suborbitale. I passeggeri a bordo del velivolo rimangono per circa 3 minuti in microgravità. Unity poi torna sulla Terra con volo planato per un atterraggio su pista.

Gli esperimenti, dalla scelta al successo

Sono stata da subito inserita nel team di coordinamento che era
composto, da me, Carlucci e da Francesco Cairo,” ha raccontato Paciucci. “Insieme abbiamo iniziato a pensare a quali esperimenti potessero essere portati sulla SpaceShip, quindi c’è stata una prima attività di selezione degli esperimenti. Da subito non c’è stata una grandissima risposta, perché si richiedeva ai ricercatori uno sforzo di autofinanziamento delle attività. E’ stato un progetto autofinanziato dal CNR, ossia non è stato messo a disposizione nessun budget, tutte le persone che hanno partecipato, lo hanno fatto in maniera volontaria e lo hanno fatto utilizzando i fondi delle proprie ricerche. Il progetto era molto ambizioso, ma noi non abbiamo mai avuto alcun dubbio, perché tutto quello che noi facciamo lo facciamo perché sappiamo che sarà un successo. Questo noi lo sappiamo dentro di noi, a volte è difficile riuscire a farlo trasparire al di fuori“.

Credit Virgin Galactic

Abbiamo selezionato i colleghi che potevamo essere interessati a partecipare, e poi abbiamo iniziato a cercare nell’ambito delle nostre collaborazioni, o a chiedere anche all’Aeronautica Militare, se ci fossero delle entità esterne, interessate a proporre altre sperimentazioni. Abbiamo fatto questo perché noi volevamo massimizzare i risultati di questa missione, quindi mettere a bordo quanti più esperimenti possibile. Devo dire ci siamo riusciti, tant’è che abbiamo anche coinvolto l’università Tor Vergata, La Sapienza, l’Università di Padova e alcune spinoff che collaborano con queste università e siamo riusciti alla fine a mettere insieme una bella squadra e a mettere insieme ben 13 esperimenti che sono stati tutti eseguiti“.

Gli esperimenti condotti con Virtute-1, 13 in tutto di cui 5 targati CNR, mirano a studiare gli effetti biologici della permanenza nella mesosfera sul corpo umano, gli effetti della microgravità su un’ampia varietà di proprietà fisiche e chimiche dei materiali (fenomeni di combustione o comportamento dei fluidi), caratterizzanti l’ambiente di volo (ad esempio dal punto di vista delle radiazioni a bordo e della qualità dell’aria). Come detto, sono stati diversi i partner scientifici degli esperimenti, molte realtà universitarie italiane e non, tra cui le università di PadovaMilanoTor Vergata e Sapienza di RomaMarche, Università Libera di Bruxelles, Istituto di ricerca e Tecnologia spaziale dell’accademia bulgara delle scienze, oltre che aziende e spinoff specializzate in tecnologia ed innovazione quali T4i e SpaceWear.

Virtute-1, il ricercatore protagonista

Virtute-1 è stato il primo volo ad ospitare esperimenti e progetti di ricerca controllati direttamente da personale di bordo, sia tramite tecnologie indossabili sia tramite strumentazione montata in rack all’interno del velivolo. Durante il volo, in seguito allo spegnimento del motore, l’equipaggio AM-CNR ha avviato le procedure per esperimenti in condizioni di microgravità, altrimenti di difficile realizzazione, relativi alla medicina, ai materiali avanzati, alla fisica dei fluidi, alla fisiologia.

Un altro ruolo che ho avuto è stato quello di responsabile di operazioni e training. Per il CNR è un’attività assolutamente nuova che aprirà la strada a mille altre attività analoghePer la prima volta si è pensato a delle missioni spaziali dove il ricercatore, il dipendente del CNR, è protagonista in prima persona delle attività,” ha sottolineato Paciucci. “Fino a ieri era abituato a preparare degli esperimenti, ad esempio per la Stazione Spaziale, poi istruire l’astronauta a bordo della ISS su come utilizzare ed eseguire il nostro esperimento e tutto veniva demandato a lui. In questo caso per la prima volta è il ricercatore il protagonista ed è lui che va ad operare il suo strumento, sopra il mezzo suborbitale o spaziale o quel che sarà. Per questo motivo sono stata nominata responsabile di operazioni e training, come referente per il CNR, ed inserita in un gruppo di lavoro congiunto Aeronautica Militare-CNR. Questo è il compito che forse mi ha dato più soddisfazione e quello che credo mi darà tanto spazio nel futuro perché dopo questa esperienza ho acquisito delle competenze assolutamente uniche e spendibili nel mondo della ricerca per la realizzazione di missioni future“.

Con Virtute-1 esperimenti nella mesosfera, “zona inesplorata”

Quando abbiamo parlato di questa possibilità di fare sperimentazione in mesosfera – ha affermato Paciucci – ho pensato: ‘Bellissimo, possiamo fare sperimentazioni in microgravità in una zona praticamente inesplorata‘, cioè che fino ad oggi è stata attraversata ma mai studiata direttamente“. “Il pensiero è subito corso allo studio della radiazione cosmica, perché in mesosfera abbiamo pochissimi dati disponibili ad oggi, oltre a dei modelli, che consentono fare una stima di come si possa distribuire la radiazione. Ho iniziato a informarmi, ho scoperto che l’Accademia bulgara delle scienze, attraverso il suo Istituto di ricerca e Tecnologia spaziale, aveva sviluppato un sensore in grado di studiare il flusso e la dose delle particelle cariche e aveva utilizzato questo sistema per studiare la distribuzione delle radiazioni già sui palloni stratosferici, in quota, sui satelliti, e sulla Stazione Spaziale Internazionale, quindi aveva già una grossa quantità di dati. Li abbiamo contattati, abbiamo stilato un accordo con questa istituzione pubblica bulgara e abbiamo fatto customizzare uno strumento, che Carlucci indossava nel taschino per poter raccogliere dati durante la missione“.

Credit Virgin Galactic

L’emozione, la concentrazione, l’adrenalina

Dopo la lunga preparazione, organizzazione, fino all’ultimo particolare, è arrivato il giorno del volo: “Sono stata con gli spaceflight participant fino a pochi minuti prima della partenza: ho supervisionato la vestizione, ho verificato che tutti gli strumenti wearable fossero indossati nella maniera opportuna. Il tutto è stato veramente molto emozionante,” ha sottolineato Paciucci. “Dopo questa preparazione sono scesi in hangar e poi sono stati accompagnati sulla SpaceShip. Dopodiché sono stata nella zona di Spaceport America che viene chiamata Gaia, l’ambiente di accoglienza: dopo avere visto il decollo, ho seguito le attività attraverso i monitor, in streaming. E’ stata la prima trasmissione streaming di un lancio di Virgin Galactic, che ha deciso 10 secondi di delay per poter valutare cosa, come, quando inquadrare: anche questo fa capire quale potesse essere la tensione in quei momenti. Poi tutto è andato bene, alla grande, non poteva andare meglio“.

Prima del lancioc’era un’atmosfera di emozione, ma soprattutto di altissima concentrazione. Durante il volo, tanta emozione ma anche tanta attenzione. Credo che come percezione sia durato almeno 10 volte tanto. Dopo il calo della tensione, con la missione compiuta, è arrivata la felicità, il momento della festa. La prima domanda che ho fatto quando ho visto Carlucci è stata: ‘E’ andato tutto bene? Tutto a posto? Siete riusciti a fare tutto?’ perché il particolare di Virtute-1 è che tutto è stato costruito con tanto impegnodi tante personecon investimenti di gruppi di ricerca fatti a titolo volontario e personale, e quindi il focus comunque è sempre stato quello di portare a casa il risultato. Non sono mai riuscita a staccarmi da questo: al di là del bello della missione Virtute-1, dell’avventura unica di questa prima volta per l’Italia, per l’Europa, ma il focus è sempre stato quello di sapere, prima di tutto, e mettere davanti a tutto, la riuscita degli esperimenti, la riuscita dell’operazione. Poi è stato tutto in discesa“.

Virtute-1, fiore all’occhiello di cooperazione internazionale

Virtute-1 è entrata nei libri di storia in quanto prima missione suborbitale al mondo completamente orientata alla ricerca scientifica e alla sperimentazione ed innovazione tecnologica. Paciucci ha raccontato qual è stata la percezione negli Stati Uniti: “Virtute-1 negli USA è stata vissuta come un grandissimo e importantissimo evento di cooperazione internazionale. Era presente anche lo Space Attachè presso l’ambasciata Italiana a Washington, il Colonnello Aniello Violetti che, oltre tutto, ha partecipato e promosso fin dall’inizio il progetto. Il successo è stato veramente un fiore all’occhiello di cooperazione internazionale: l’Italia è stato il primo Paese in Europa e nel mondo a compiere una missione suborbitale finalizzata alla ricerca“.

Aniello Violetti stringe la mano a Pantaleone Carlucci subito dopo il volo. Credit Virgin Galactic

Erano presenti “anche esponenti della NASA, venuti personalmente ad assistere. Virgin Galactic ci ha riferito che per la prima volta avevano espresso la volontà di essere presenti. L’interesse della comunità scientifica americana nei nostro confronti è stato altissimo,” ha evidenziato Paciucci. “La NASA è venuta a vedere che cosa stavamo facendo, hanno percepito Virtute-1 come un’esperienza straordinaria. Immagino che daremo supporto anche a realtà, come queste, magari lavoreremo insieme sulle prossime missioni, chi lo sa, l’interesse è stato altissimo”.

Quello che è stato fatto “viene sminuito quando si parla di missione commercialedi commerciale in questa missione c’è esclusivamente il vettore, ossia un operatore che ha messo a disposizione una piattaforma privata per svolgere attività di ricerca. Purtroppo è stato enfatizzato l’aspetto ‘commerciale’, che può far pensare al turismo, sul fatto che ci siano persone disposte a pagare un sacco di soldi per andare nello Spazio. Non è il nostro caso. Virtute-1 è stata la prima missione di ricerca suborbitale, veramente unica. Quindi questo dagli Stati Uniti è stato percepito, anche perché apre la strada ad una serie di altre missioni di questo tipo“.

Mentre per gli USA le missioni spaziali e suborbitali commerciali sono forse ormai diventate ordinaria amministrazione, in quanto più familiari a queste realtà private (SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic, Axiom….) che operano vettori con finalità sia turistiche che di ricerca, “per l’Italia l’operazione è stata di tipo pionieristico, un’avventura, una scommessa“.

Virtute-1, una missione innovativa dai costi contenuti

L’aspetto più innovativo della missione Virtute-1, secondo Paciucci, “è che per la prima volta operatori ed esperimenti installati a bordo possono essere contemporaneamente presenti per una missione in una zona dell’atmosfera ad oggi praticamente inesplorata, la mesosfera. Fino a ieri facevamo sperimentazioni in microgravità utilizzando le Drop Tower, dei sistemi che ci consentono di sperimentare microgravità per alcuni secondi; utilizzavamo aerei troposferici, zero G, che compiono traiettorie paraboliche per consentire sperimentazione in microgravità, con tempi che sono nell’ordine di 20-30 secondi; facevamo sperimentazioni in microgravità utilizzando i sounding rocket, dei sistemi che compiono una traiettoria molto simile a quella della SpaceShip, ma che non consentono la presenza di operatori a bordo; inoltre non permettono di recuperare payload e consentono di avere dei carichi paganti minimi, pesi dell’ordine della decina di kg, quindi con tantissime limitazioni“.

Credit Virgin Galactic

Altro aspetto fondamentale è quello dei costi: “Queste missioni vengono pubblicizzate come voli turistici per miliardari, ed effettivamente il costo per far volare un turista è molto alto, ma per fare quello che abbiamo fatto noi non lo è, anzi, ai livelli di mercato, se pensiamo quello che può costare una missione sulla ISS, o anche semplicemente su un sounding rocket, il costo non è assolutamente elevato per quello che ci consente di fare“.

Uno sguardo al futuro

Non potrà non esserci una missione Virtute-2. Magari si chiamerà in un altro modo, magari porterà delle sperimentazioni diverse. Nel mondo della ricerca nessuna missione è fine se stessa, ogni missione che noi effettuiamo ci consente di acquisire delle nuove competenze, per poter poi migliorare e ottimizzare. Quindi ci sarà una missione successivaottimizzatamigliorata: cercheremo sempre di più di migliorare e, perché no, con l’obiettivo di arrivare ad avere delle piatteforme pensate esclusivamente per la ricerca,” ha dichiarato l’esperta del CNR.

Credit Virgin Galactic

A noi piace fare le cose, realizzarle e ci crediamo da subito, non c’è una sfida impossibile. Mi auguro di essere presente in una prossima missione, ma anche di pensare obiettivi ancora più ambiziosi. La fantasia è il volano dell’innovazione, per come la vedo io. Mi piace pensare in grande e spingermi sempre un po’ oltre il limite. Raggiunto un obiettivo, cerco di guardare sempre un po’ più in là. E’ un passo piccolissimo quello che è stato fatto. Il prossimo sarà sicuramente ancora più ambizioso. Stiamo già lavorando a dei nuovi sistemi di gestione delle sperimentazioni, qualcosa che va un po’ oltre l’immaginazione e a quello che siamo abituati a vedere a sentire. In futuro – ha concluso la ricercatrice CNR – vedo altre missioni che davvero stupiranno“.

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