Lo avevamo intervistato nel 2021, quando la storica missione Virtute-1 veniva annunciata e il fermento nella comunità scientifica era alle stelle. In quei giorni l’ingegnere del CNR Pantaleone Carlucci ci raccontava: “All’inizio di questa avventura stentavo quasi a crederci, l’emozione di partecipare ad una missione così importante è enorme, soprattutto l’orgoglio di rappresentare il più grande ente di ricerca italiano“. A fine giugno, finalmente, il primo volo suborbitale italiano ha spiccato il volo, ed è stato un successo senza precedenti, che aprirà la strada a nuove missioni con nuovi obiettivi. Il cammino è stato certamente lungo, tra grandi e complesse operazioni preparatorie e gli stop imposti da Virgin Galactic, ma la lunga attesa è finita: lo scorso 29 giugno Carlucci, Walter Villadei e Angelo Landolfi (entrambi ufficiali dell’Aeronautica Militare), hanno messo a segno un traguardo scientifico davvero epico.
Virtute-1, missione compiuta
“E’ stata un’esperienza fantastica, che ci ha portato a compiere la missione e renderla un successo,” ha raccontato Pantaleone Carlucci a MeteoWeb dopo il rientro in Italia. “L’annuncio è stato ufficiale dopo l’ultimo test che hanno fatto, alla fine di maggio, ‘Unity 25’, quindi noi già sapevamo e già ci avevano preannunciato che qualora fosse andato bene quel volo allora avrebbero iniziato con le attività ufficiali, e nello specifico con ‘Galactic 01‘, che era il nostro volo. Noi abbiamo inaugurato tutte le attività della Virgin Galactic“.
La missione, chiamata “Galactic 01” dall’azienda di Richard Branson ma ufficialmente “Virtute-1” (acronimo di “Volo italiano per la ricerca e la tecnologia suborbitale”), è frutto di uno sforzo di ricerca congiunto dell’Aeronautica Militare italiana e del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il velivolo aveva in precedenza volato 5 volte nello Spazio suborbitale, l’ultima volta il 25 maggio. Prima di quel viaggio, aveva volato l’ultima volta nel luglio 2021 prima che Virgin Galactic mettesse a terra Unity ed Eve per lavori di manutenzione e aggiornamento allo scopo di consentire ai veicoli di volare più spesso per il servizio commerciale. Si ricordi che il sistema di volo spaziale suborbitale di Virgin Galactic è costituito da 2 elementi: un aereo da trasporto noto come VMS Eve e un aereo spaziale SpaceShipTwo con 6 passeggeri e 2 piloti chiamato VSS Unity. Eve decolla da una pista con Unity agganciato tra le due fusoliere, poi lascia cadere il velivolo a un’altitudine di circa 15mila metri. Unity a questo punto accende il suo motore per raggiungere lo Spazio suborbitale. I passeggeri a bordo del velivolo rimangono per alcuni minuti in microgravità e possono vedere il nostro pianeta contro l’oscurità dello Spazio. Unity poi torna sulla Terra con volo planato per un atterraggio su pista.
“Aspettavamo con ansia l’ultimo test: è stata necessaria qualche settimana il post-processing dei dati, dopo 2 settimane sapevamo che era andato tutto bene e quindi ufficialmente la data è stata fissata, prima il 27 e poi il 29 giugno. Eravamo pronti, lo eravamo da 2 anni e quindi eravamo tutti eccitati anche perché avevamo definito anche la parte dei payload, che era stato un po’ quella più ostica, però eravamo tutti sostanzialmente pronti per la partenza e super eccitati per l’avventura,” ha proseguito Carlucci, ingegnere, tecnico e pilota, che per anni al CNR ha gestito i velivoli da ricerca e curato gli aspetti di ingegnerizzazione e certificazione di strumentazione scientifica su piattaforme aeree.
“Appena abbiamo avuto la conferma della data della finestra di lancio, abbiamo definito gli ultimi aspetti relativi all’integrazione del payload sulla SpaceShip e abbiamo iniziato a preparare la logistica. Poi siamo partiti giorno 20 con tutta la squadra del CNR, la crew, i principal investigator e anche tutto il team dell’Aeronautica Militare“. Riguardo il payload, ricordiamo che il volo di 90 minuti ha visto la cabina di VSS Unity trasformarsi in un laboratorio scientifico suborbitale: sono stati eseguiti 13 esperimenti (sia autonomi che gestiti dall’equipaggio) relativi alla medicina, ai materiali avanzati, alla fisica dei fluidi, alla fisiologia.
Rispetto ai programmi iniziali, Carlucci ha spiegato che “in riferimento al profilo di volo non è cambiato nulla, anzi abbiamo confermato quello che volevamo fare a bordo, tutti i test, i payload. Sono cambiate le persone: nella conferenza stampa del settembre 2021 c’erano come assistente di bordo cabin leader, Beth Moses e come pilota C.J. Sturckow. Per ‘Galactic 01’ nell’equipaggio di Virgin Galactic sono cambiate 2 persone: è subentrato quale pilota Nicola Pecile, affiancato da Mike Massucci, e come cabin leader è subentrato Colin Bennett a Beth Moses. Tutto il resto invece è stato confermato, sia il profilo di missione che il payload“.
Virtute-1, gli esperimenti
Carlucci a bordo ha avuto il compito di condurre test che prevedono l’uso di sensori multipli che esaminano la frequenza cardiaca, le funzioni cerebrali e altri parametri vitali durante il volo spaziale e in un ambiente di microgravità: “Operativamente ho attivato l’esperimento di miscelazione di materiale TESIS, dell’Università di Tor Vergata, l’esperimento di Lucia Paciucci (il rilevatore di radiazioni), ho eseguito ho eseguito un test cognitivo utilizzando un tablet su cui era installato il software dell’Università La Sapienza di Roma, per sondare la soglia di attenzione, per sondare a livello neurale la differenza nello svolgere determinate attività sulla Terra e in microgravità. Poi avevo altre strumentazioni addosso, in modo passivo, quali ECG, EEG e una serie di fiale contenenti cellule dentro tutte le mie tasche“.
Gli esperimenti sono stati i grandi protagonisti della missione Virtute-1: “Ne abbiamo avuto cura dall’inizio, dalla metà 2019, quando abbiamo iniziato a selezionarli. Sono stati tutti sondati con attenzione, ce ne siamo presi cura. Essendo co-principal investigator di Doosy-CNR-VG e Liulin-CNR-VG, per questi ho forse ho avuto un’attenzione maggiore, ma sostanzialmente abbiamo trattato tutti gli esperimenti come nostri, anche quelli dei partner universitari“. Per quanto riguarda il post-missione ora, ha proseguito l’esperto del CNR, “dobbiamo fare tutto il post processing dei dati, avremo altre attività connesse alla missione, non essendo un volo turistico che finisce lì. E’ una missione scientifica e continua con tutto quello che poi ne consegue relativamente al post processing dei dati alla verifica di quello che è stato fatto“.
La microgravità e il panorama “emozionante” dal finestrino
Durante i 3 minuti di microgravità, in cui ogni attività era programmata con estrema precisione, i passeggeri a bordo del velivolo hanno sperimentato in prima persona gli effetti della microgravità e hanno potuto vedere il nostro pianeta contro l’oscurità dello Spazio. L’accelerazione, ha raccontato, “è stata piuttosto forte, si percepiva la forza G che schiaccia contro il sediolino, per qualche secondo. Poi ad un certo punto, istantaneamente, appena c’è stato lo spegnimento dei motori, si è avvertita subito la microgravità: io ero vincolato al sediolino e comunque sentivo le gambe che fluttuavano e, facendo gli esercizi sul tablet, facendo il test, sentivo gli effetti anche su mani e braccia. Sentivo il corpo che voleva fluttuare ed era tenuto fermo dalle cinture di sicurezza del sedile“.
Dopo aver eseguito i task che sono durati circa 3 minuti, ossia tutto il tempo dela microgravità, ha raccontato Carlucci ai nostri microfoni, “ho avuto l’opportunità di vedere la Terra dall’alto per qualche secondo appena prima della fase di rientro. Si può descrivere in tanti modi, ma è difficile descrivere l’emozione che c’è nel vederla, ho visto la curvatura, il contrasto tra la luce della Terra e il nero del cielo, è un qualcosa di spettacolare. E’ avvenuto tutto molto velocemente: dopo il decollo, mentre eravamo attaccati alla SpaceShip la sensazione era analoga a quella che si prova su un volo di linea (si vedeva la Terra, la luce del Sole). Dopo pochi minuti, dopo il release e il boost, abbiamo iniziato a salire verticalmente e, dai finestrini dei piloti ho visto il colore del cielo mutare dall’azzurro al nero: qualcosa che è difficile anche da descrivere, spettacolare“.
Virtute-1, l’aspetto innovativo e uno sguardo al futuro
L’aspetto più innovativo della missione Virtute-1, secondo Carlucci, “è che siamo riusciti a volare con un carico piuttosto importante di strumentazione scientifica, una quantità enorme di payload per 3 minuti di microgravità su un velivolo suborbitale, un qualcosa che non era ancora avvenuto, e anche con persone, con operatori. Abbiamo anche interagito con il payload: c’è stato ad esempio un intervento da parte di Walter Villadei, direttamente sul rack che ha consentito l’avvio dell’esperimento visto che uno degli accelerometri non si era attivato automaticamente. Virtute-1 è stata la prima missione suborbitale con strumentazione scientifica, con scienziati e operatori di bordo, un qualcosa che può aprire la strada ad attività similari, dove non c’è la necessità di addestrare qualcuno di particolare per attivare uno strumento: è il tecnico stesso, lo scienziato, che attiva lo strumento, e interagisce direttamente con questo, quindi opera direttamente il suo strumento, senza la necessità di training a qualcun altro“. Per la prima volta, “personale e payload hanno volato insieme in un volo suborbitale, un qualcosa che si può ripetere per la scienza, anche perché 3 minuti per alcuni esperimenti possono sembrare poco, ma in realtà è molto tempo: noi facciamo diverse attività di questo tipo, e uno dei nostri esperimenti, ad esempio, è stato testato più volte su voli parabolici, che però garantiscono una microgravità di 20-30 secondi. Questa possibilità di avere una piattaforma, un laboratorio del genere, è un aspetto enormemente innovativo“.
Virtute-1 è stato un successo, motivo di orgoglio, e trampolino di lancio per attività future innovative: “E’ stata un’esperienza fantastica, che ci ha portato a compiere la missione e renderla un successo, perché ha funzionato tutto,” ha sottolineato l’ingegnere del CNR. “Dopo oltre 2 anni di sacrifici di tutti i nostri ricercatori e di quelli degli altri enti che hanno lavorato con noi, pensando alle difficoltà della prima volta di Virgin nell’integrazione di strumentazione scientifica bordo, arrivare a volare, a far funzionare tutti gli strumenti e a rientrare a terra con una missione compiuta in questo modo, per me è un orgoglio, una soddisfazione enorme. E’ la stessa cosa che intendiamo fare con gli altri programmi che stiamo seguendo, sempre di accesso allo Spazio. Punterò alla stessa soddisfazione: compiere la in tutte le prossime future attività. L’obiettivo è quello di completare le attività in corso, gli altri progetti che stiamo seguendo, ed avviarne altri e abbiamo già un’idea, anzi più idee, per continuare su questa strada e per andare sempre più su“.
“Una missione Virtute-2? Penso che ci sarà, ne sono convinto,” ha concluso Carlucci.