Lo avevamo previsto. E questa volta non si tratta di meteo, ma dell’allarmismo che sarebbe derivato dai dati che indicano che per 4 giorni di fila la temperatura media globale ha superato la soglia dei +17°C, stabilendo un nuovo record di volta in volta. In particolare, lunedì 3 luglio la temperatura globale media ha raggiunto i +17,01°C. Il 4 e il 5 luglio, sono stati registrati +17,18°C, mentre ieri, giovedì 6 luglio, il dato era di +17,23°C.
Tanto è bastato per scatenare i soliti commenti basati sull’allarmismo climatico. Non potevano mancare i commenti di Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, ormai noto per i suoi toni allarmistici quando si parla di clima. Celebri le sue espressioni come “allarme rosso” o “siamo sull’autostrada per l’inferno climatico”, che hanno portato il gruppo Clintel a scrivergli una lettera in cui gli si chiede un approccio meno sensazionale e allarmistico e più scientifico, data l’importanza del tema di cui si parla. Ma Guterres continua sulla sua strada. Dopo queste quattro giornate in cui la temperatura media globale ha toccato nuovi record, ha commentato: “il cambiamento climatico è fuori controllo”. “Se continuiamo a ritardare le misure essenziali che sono necessarie, penso che ci stiamo dirigendo verso una situazione catastrofica, come dimostrano gli ultimi due record di temperatura”.
Il Commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, ha invece scritto su Twitter: “secondo gli scienziati, gli ultimi 3 giorni sono stati molto probabilmente i più caldi della storia della Terra. È un record che continueremo a battere ancora e ancora. Una parte della soluzione? Dobbiamo ripristinare la natura, migliorare la salute del suolo, delle foreste e degli oceani“. Sinkevičius ha definito quanto sta accadendo in questo inizio di estate “un’emergenza che non possiamo ignorare”.
Ma è assolutamente anti-scientifico parlare di “emergenza” o “giorni più caldi della storia della Terra” o “cambiamento climatico fuori controllo” sulla base dei dati degli ultimi 4 giorni. In primo luogo, è bene spiegare che i dati sono stati diffusi dal Climate Reanalyzer dell’Università del Maine sulla base dei dati NCEP/CFSV2. I record di questi giorni rappresentano la prima volta in cui si sono raggiunti tali valori da quando sono iniziate le rilevazioni. Ma questo set di dati parte dal 1979, quindi da appena 44 anni fa. Considerando il contesto temporale molto limitato rispetto alla storia di oltre 4 miliardi della Terra, il valore climatologico del dato è molto relativo. Per questo non si possono trarre conclusioni sull’andamento delle temperature o sul cambiamento climatico: per fare questo, servono osservazioni e rilevazioni a lungo termine in grado di delineare una tendenza, ma qui parliamo di appena 4 giorni.
E ieri la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ha emesso una nota di cautela su tali risultati, affermando di non poter confermare i dati che derivano in parte da modelli computerizzati. “Sebbene la NOAA non possa convalidare la metodologia o le conclusioni dell’analisi dell’Università del Maine, riconosciamo che ci troviamo in un periodo caldo dovuto al cambiamento climatico”, è stato spiegato.
E sostenere che “gli ultimi 3 giorni sono stati i più caldi della storia della Terra” è quanto di più anti-scientifico ci possa essere. Ci sono stati periodi in cui la Terra è stata molto più calda di adesso nei suoi oltre 4 miliardi di anni e in ogni caso, non ha senso fare un confronto su dati così limitati. Diffidate dai soliti allarmismi: non è possibile trarre conclusioni sulla base di dei dati di questi ultimi giorni.