Per l’osservatore terrestre le stelle brillano a causa della distorsione indotta dall’atmosfera terrestre, ma hanno anche un loro scintillio innato, troppo lieve per essere rilevato perfino dai più avanzati telescopi spaziali: è quanto ha scoperto un gruppo di ricerca guidato da Evan Anders, della Northwestern University, che ha per la prima volta ha anche tradotto in musica questo scintillio, dovuto alle increspature dei gas superficiali. Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy. La melodia è il risultato di simulazioni in 3D che trasformano gli astri in “musicisti” in una sorta di studio di registrazione.
Tutte le stelle sono caratterizzate da movimenti disordinati e turbolenti di gas, che si propagano dall’interno fino alla superficie come onde producendo impercettibili variazioni. Basandosi su studi precedenti che hanno analizzato questo fenomeno, i ricercatori hanno realizzato simulazioni per cercare di prevedere con precisione come cambia la luminosità di una stella in seguito a questi movimenti interni.
Gli scienziati hanno poi trasformato le simulazioni in suono, aumentando la frequenza delle onde che altrimenti non sarebbero udibili per l’orecchio umano. La musica è risultata diversa a seconda della dimensione della stella: si va dal ronzio in un paesaggio spazzato dal vento a qualcosa di simile all’allarme di una sirena.