Per chi inizia una dieta chetogenica, lo stress principale è anche e soprattutto identitario, ci si sente meno italiani. La notizia arriva da uno studio del professor Matteo Corciolani del dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, pubblicato sul Journal of Business Research. La ricerca ha analizzato le emozioni e i comportamenti dei consumatori, che per motivi di salute che vanno dall’emicrania al sovrappeso, adottano – sotto controllo medico – questo regime alimentare basato soprattutto sui grassi. L’effetto è di spaesamento, anche rispetto al contesto sociale e famigliare: sembra impossibile poter mangiare abbandonando la dieta mediterranea e rinunciare a cibi come pasta, pane e pizza.
“Nelle diete chetogeniche il grosso cambiamento è nel consumo dei carboidrati, che occupano una percentuale bassissima, solitamente meno di 50 grammi al giorno – spiega Matteo Corciolani- Questo implica una rivoluzione nel modo di mangiare, soprattutto per noi italiani, visto che in altri paesi, meno abituati ad esempio ai nostri primi piatti, il cambiamento è avvertito e vissuto in modo molto meno traumatico”. La ricerca del professor Corciolani si è basata su una impressionante mole di dati proveniente dall’attività degli utenti del gruppo Facebook Chetogenesi, in totale circa 900 pagine di contenuti monitorati – con l’autorizzazione dei moderatori della community – per sette anni, a cui si sono aggiunte interviste più approfondite a dieci componenti del gruppo e una analisi di contesto sui media attraverso la banca data LexisNexis, che comprende i principali giornali e periodici italiani anche on line. In particolare, le interazioni su Facebook hanno rivelato il ruolo fondamentale della componente emotiva con l’affiorare di tre sentimenti: la tristezza nel dover abbandonare cibi amati, l’ansia legata alla paura che la dieta chetogenica in realtà non sia sana per la quantità di grassi da assumere, e per ultimo anche la rabbia, magari perché qualche volta i risultati sperati tardano ad arrivare. Partendo da questi presupposti il focus dell’indagine si è quindi concentrato su come il successo e il proseguimento della dieta passi attraverso la trasformazione di questi sentimenti da negativi a positivi.
“E’ il sostegno degli altri, in questo caso della comunità virtuale di Facebook, la chiave di questo cambiamento – sottolinea Corciolani – perché soprattutto aiuta il processo psicologico di reframing, cioè l’inquadrare in modo diverso e maggiormente positivo ciò che ci accade”. “E per tornare alla questione dell’italianità – continua Corciolani – ecco allora che intervengono altri modi di vedersi e, per esempio, c’è chi scrive che di fronte a un ritrovato benessere fisico, pizza e pasta non sono poi così importanti, sino a mettere in dubbio lo status di superiorità della dieta mediterranea. Grazie a questo cambiamento di prospettiva, le emozioni positive, quali la gioia di controllare più efficacemente i propri sintomi, l’affetto per le molte altre persone con cui si condivide lo stesso percorso, o la sorpresa dovuta alla scoperta di nuovi accostamenti alimentari, diventano sempre più frequenti, fino a sostituire progressivamente quelle negative avvertite all’inizio del percorso”.